Prevista per oggi, Sabato 12 marzo, a Casalecchio di Reno (Bo) l’attesa inaugurazione della nuova Casa della Salute. L’intervista a Chiara Gibertoni, direttore generale Azienda USL di Bologna
Chiara Gibertoni dirige l’Azienda USL di Bologna dal marzo 2015. Sin dall’avvio del suo mandato, ha indicato nelle Case della salute e nella necessità di far crescere il loro tratto identitario e il loro ruolo uno dei suoi obiettivi prioritari. Le abbiamo rivolto alcune domande sulla nuova Casa della salute di Casalecchio, con un occhio al territorio ed uno alla progettualità più generale.
D. Cosa significa per la sanità dell’area metropolitana di Bologna la nuova Casa della salute di Casalecchio?
R. E’ un tassello importante del nuovo assetto della assistenza territoriale, perché interpreta perfettamente il modello che sarà implementato anche nel resto dell’area metropolitana, e cioè la Casa della salute non solo, e non tanto, come un edificio – in questo caso il nuovo edificio c’è tutto, ed è anche nuovo – ma come rete professionale che prende in carico il cittadino. Quindi già questa Casa rappresenta un luogo ideale nel quale provare a innovare, concentrando maggiormente l’attenzione sul rapporto tra i professionisti per la presa in carico del paziente, compresa la parte sociale, piuttosto che guardare alla semplice identificazione del luogo con alcuni servizi non coordinati tra di loro.
Quindi da parte nostra c’è certamente una attenzione particolare, legata alle peculiarità di questa nuova Casa, ma guardiamo al tempo stesso ad una strategia più generale. Siamo molto attenti alle funzioni che una Casa della salute può svolgere, perché questo ci mette in condizione di disporre di un modello anche in situazioni non ideali come quella di Casalecchio, dove è stato realizzato un edificio in grado di ospitare tutti i servizi.
D. Guardando all’insieme delle Case della salute della Azienda, con un occhio alla progettualità generale e uno al contesto del territorio nel quale si trova, qual è il ruolo che svolgerà specificamente questa Casa della Salute? Sarà più legato alla dinamiche dell’area metropolitana o a quelle del suo territorio?
R. Sarà il riferimento per la popolazione del suo territorio. Consideriamo un bacino di utenza tra i 60 e i 70 mila abitanti come ideale per identificare la domanda sanitaria che una Casa della salute deve essere in grado di leggere e soddisfare, non solo per il primo livello della specialistica di base, ma anche per la presa in carico della popolazione fragile del contesto territoriale nel quale è collocata. Poi vogliamo che sia un luogo nel quale si sviluppi la medicina di iniziativa e una attività finalizzata sul paziente cronico, per esempio sullo scompenso cardiaco, o sulla BPCO (Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva), solo per fare un paio di esempi, cioè condizioni che richiedono una vera e propria presa in carico, proattiva e in grado di prevenire il peggioramento.
D. Quindi un cambio di approccio, che riprende una serie di elementi dei quali si è detto molto in questi anni e che finalmente trovano un corrispettivo concreto. Si tratta di un lavoro che richiederà, ragionevolmente, un investimento di medio-lungo periodo. Nell’immediato, però, cosa cambierà per i cittadini, al di là del gradimento per un edificio nuovo, e molto ben strutturato?
R. La nuova Casa della salute di Casalecchio dovrà essere, da subito, un luogo nel quale, anche se inizialmente in modo estemporaneo, si valutino i bisogni e le difficoltà del paziente, tanto in ambito sanitario che sociale, riconoscendo continuità a questi ambiti. Dovrà essere evidente, da subito, che la nuova Casa della salute è un luogo fisico nel quale ci sono persone che si occupano di risolvere questo genere di bisogni. Successivamente tutto questo andrà portato a sistema, dall’estemporaneità bisognerà passare alla costruzione di veri e propri percorsi in grado di assicurare risposte alle diverse tipologie di domanda, strutturando le relazioni e i rapporti tra i professionisti e le diverse articolazioni della Azienda coinvolti.
D. Questo significa che ci sarà un rapporto diverso con il territorio. Tra le questioni sollevate, di frequente, da cittadini che hanno sul loro territorio una Casa della Salute c’è quella che deriva dalla constatazione che professionisti che lavorano uno accanto all’altro, non necessariamente si occupano insieme, e con continuità, del caso di un singolo cittadino. Mi sembra di capire che si stia lavorando ad una progettualità in grado di superare questa condizione.
R. Sì, è così.
D. E per gli operatori che cosa cambierà?
R. Si cercherà di costruire una comunità professionale che ha un livello di conoscenza e di relazioni molto più simile a ciò che accade abitualmente nel modello ospedaliero piuttosto che nel modello di offerta territoriale, dove prevalgono specialisti che erogano singole prestazioni. Pensiamo, quindi, a momenti di confronto e modalità di relazione molto più strette, sui singoli casi e, in generale, sulla gestione della casistica del paziente fragile, che ha bisogno di molti specialisti e di continuità. Tutto questo forzerà, necessariamente, la relazione tra gli operatori, che dovrà diventare meno individuale e più di équipe. In altre parole, l’integrazione dovrebbe diventare una cosa vera, e non un auspicio o una petizione di principio.
D. Questo significa che le Case della salute avranno un target privilegiato nella popolazione fragile, ma anche che, probabilmente, tutto ciò rimette in gioco, e ridefinisce, il rapporto tra la Casa della salute e le altre strutture territoriali.
R. Sì, e sarà così anche con gli ospedali. La risorsa ospedale dovrà rappresentare, in prospettiva, il luogo nel quale si cura lo stato acuto del paziente in maniera rapida e il più possibile efficiente ed efficace. Trattandosi di una popolazione che ha necessità che possono essere singole, ma possono anche far riferimento ad un percorso di cronicità, l’ospedale deve rappresentare un momento, o semplicemente una fase. In altre parole non deve essere più posto al centro. In questo senso la relazione con la Casa della salute permette anche all’ospedale di gestire il percorso al proprio interno in maniera più rapida, perché può garantire la presa in carico del paziente e assumere per sé un ruolo più definito, limitato ad una fase specifica della storia clinica del paziente. Ciò significa che non solo la Casa della salute deve abituarsi a relazionarsi con l’ospedale, ma anche che l’ospedale deve abituarsi a relazionarsi con la Casa della salute.
D. C’è una parola che, insieme ad “integrazione”, della quale abbiamo già detto, viene evocata tradizionalmente in associazione con la Casa della salute, ed è “prevenzione”. A quale idea di prevenzione state lavorando per la Casa della Salute di Casalecchio, soprattutto in relazione alla possibilità di garantire una attenzione sistematica al tema, al di là di singole iniziative, anche di successo, realizzate qua e là anche in Emilia-Romagna?
R. Bisognerà avere una attenzione costante alla analisi dei bisogni di salute del territorio, e qui i profili epidemiologici del bacino di utenza della Casa ci aiutano molto. Ci aspettiamo di sviluppare una parte del lavoro con le organizzazioni di volontariato impegnate sul territorio.
D. Una struttura così bella e spaziosa può consentirsi di sviluppare anche un programma di iniziative di ampio respiro, prevedendo con continuità attività a sostegno di sani stili di vita.
R. Certamente, la risposta non può che essere affermativa. Pensiamo, per esempio, alle attività di promozione di sani stili di vita, come quelle dei gruppi di cammino, che promuovono l’attività fisica. Mi risulta che ce ne sia uno già attivo a Casalecchio, e ci auguriamo che la nuova Casa della salute diventi il punto di riferimento di questo genere di iniziative. Ovviamente tutto ciò rinvia al ruolo di una figura centrale per garantire alla Casa della salute di esercitare pienamente, e con successo, le proprie funzioni, e cioè il medico di medicina generale.
D. La Casa della salute di Casalecchio è molto grande, e anche fisicamente si coglie la sua complessità. Viene da domandarsi chi terrà le fila di una macchina così grande?
R. Ci sarà un referente gestionale-organizzativo, che avrà il compito di gestire e rafforzare le relazioni e le integrazioni all’interno della componente professionale. Il responsabile organizzativo studia e migliora le dinamiche della comunità che ruota attorno alla Casa della salute, oltre ad avere la responsabilità igienico-organizzativa. Accanto a questa figura ci sarà un referente clinico, che avrà in carico i casi più complessi. Stiamo ancora riflettendo su quale tipo di figura professionale possa e debba svolgere questo ruolo. Ciò che sappiamo è che si tratta di un clinico, che interviene sui casi più complessi facendo da riferimento per i diversi specialisti e per i medici di medicina generale che hanno in carico i casi e che hanno bisogno di trovare risposte continuative nel tempo.
D. C’è una figura professionale chiamata a svolgere un ruolo di maggior rilievo in questa progettualità in progress che sono, al momento, le Case della salute?
E’ chiaro che tutto richiama, ancora una volta, la figura del medico di medicina generale, che in questa progettualità non potrà non avere un ruolo da protagonista. Speriamo di attirare la loro attenzione quando si dimostrerà, concretamente, che la Casa della salute diventa un luogo nel quale la complessità può essere affrontata e risolta all’interno di una comunità professionale presente e costante nel suo impegno. Probabilmente il disegno teorico di una Casa della salute come luogo nel quale si deve essere presenti e convergere, senza che ci sia dietro un progetto con una prospettiva più definita, non è abbastanza attrattivo, o almeno non in questo momento. Probabilmente non siamo riusciti a spiegare bene ai medici di medicina generale la strategicità della loro presenza all’interno delle Case delle salute.
D. E i Direttori di Distretto? Quale ruolo eserciteranno?
R. Governeranno l’offerta su tutto il Distretto, nell’ambito della loro funzione di committenza e garanzia. Avranno la loro principale sede erogativa nelle reti professionali costituite dalla Casa della salute. Quindi saranno a loro carico le rivalutazioni della congruenza tra domanda e offerta.
D. Una Casa della salute richiama il tema della accoglienza, la stessa parola Casa in qualche modo è evocatrice di questo concetto. Ci sarà una attenzione particolare su questo terreno nella Casa della salute di Casalecchio?
R. Sì, non avremo una semplice accettazione amministrativa. Dobbiamo evolvere, e passare dalla figura del semplice sportellista a quella di un operatore che sappia essere un riferimento per l’orientamento del cittadino, capace di dare le informazioni giuste e di favorire le sinergie rispetto al percorso, facendosi tramite per il cittadino, esercitando un ruolo di raccordo e di tutoraggio e garantendo una informazione qualificata.
D. C’è, infine, un elemento che sinora abbiamo sfiorato, mi riferisco alla dimensione culturale che le Case della salute possono svolgere sul territorio.
R. E’ un ruolo che considero molto legato alla dimensione partecipativa. Casalecchio ha una tradizione da questo punto di vista, che non scopriamo certamente noi e che non ha bisogno di essere raccontata. Ma se solo pensiamo alle tante Case già presenti, da quella della Conoscenza a quella della Solidarietà, della Pace, ecc., solo per citare le prime che mi vengono in mente, è evidente che questa nuova Casa si inserisce in un tessuto sociale già esistente, molto vivo, ricchissimo, e che svolgerà i propri compiti integrandosi in questo stesso tessuto. E’ come se fosse arrivata una nuova Casa per prestare attenzione in maniera ancora più adeguata ad un tema che sappiamo essere molto caro ai cittadini, la salute.
D. Per avviarci a conclusione, che cosa ci attendiamo da questa Casa della salute? Quali sono le aspettative su di essa?
R. Ci attendiamo che sia un luogo nel quale il cittadino, tanto per bisogni sanitari che sociali ritrovi i canali di accesso e di presa in carico della rete che attualmente c’è già, ma riordinati e riorganizzati in maniera da renderli più semplici e funzionali. Un luogo capace di dare un contributo alla performance del sistema, nel complesso, più aderente ai bisogni di cura, assistenza e promozione della salute ai quali dobbiamo dare risposte. Una porta di ingresso, con accesso sicuro, guidato, dove si trovano certezze rispetto alla risposta ai diversi bisogni per i cittadini, e un luogo di condivisione di esperienze, sul versante professionale, per gli operatori.
D. Che cosa auguriamo ai cittadini di Casalecchio con questa nuova Casa della salute?
R. Di sentirsi meno soli.
A cura di S.A.Inglese
Fonte: Ausl Bologna
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