L’ epatite C colpisce circa il 3% della popolazione mondiale.
Ogni anno si aggiungono tra i 3 e i 4 milioni di nuovi casi ai 170 milioni di individui già infetti. In Italia le diagnosi di epatite C potrebbero essere circa 300mila, di cui 160-180.000 pazienti eleggibili a un trattamento antivirale, mentre non è possibile quantificare il sommerso; ogni anno si verificano circa 1.000 nuovi casi.Oggi l’epatite C si può curare. Per capire come tornare a vivere senza la C o evitarla, sei associazioni di pazienti per la prima volta si sono unite con l’obiettivo comune di informare e di sensibilizzare la propria popolazione di riferimento e l’opinione pubblica.
La campagna nazionale “Senza la C” e’ stata lanciata da: Aned – Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto, EPAC-pazienti con epatite e malattie del fegato, Fedemo – Federazione delle Associazioni emofilici, L’isola di Arran – Associazione contro il disagio e l’emarginazione sociale legati al mondo della droga, Nadir onlus – Associazione di pazienti con HIV, Plus onlus – Associazione di persone LGBT sieropositive.
L’iniziativa ha il patrocinio di Ministero della Salute, Fofi-Federazione ordini farmacisti italiani, Dipartimento di comunicazione e ricerca dell’Università La Sapienza di Roma, Simg-Società Italiana di medicina generale e Società italiana di malattie infettive e tropicali.
Conosciamola
Il virus dell’epatite C (HCV = Hepatitis C Virus) è un agente infettivo che attacca principalmente il fegato determinando un’infiammazione epatica (epatite).
Un volta nell’organismo, il virus inizia a replicarsi in grande quantità generando un numero elevato di varianti (sottotipi o genotipi) classificati da 1 a 6. In Italia il genotipo 1 è quello più diffuso.
Conoscere con precisione la tipologia di virus presente nel corpo è importante per la definizione della terapia più appropriata. L’infezione colpisce principalmente il fegato, ma spesso è asintomatica (solo il 20-30% delle persone manifestano sintomi); l’organismo elimina spontaneamente l’infezione senza necessità di alcun trattamento.
La sua cronicizzazione (nel 75-85% dei casi) può condurre alla progressiva trasformazione fibrosa del fegato (una specie di cicatrizzazione detta fibrosi) e, infine, alla cirrosi (fibrosi estesa con noduli), che rappresenta il quadro terminale della compromissione del fegato. Un’ulteriore complicanza è rappresentata dal tumore del fegato, che può comparire in alcuni casi, sovrapposto alla cirrosi epatica. Se non trattata con farmaci specifici, la malattia può avere, talvolta, esito fatale.
L’infezione da HCV non colpisce soltanto il fegato. In alcuni casi, può determinare squilibri anche ad altre parti del corpo (danno “extraepatico”) come ad esempio i piccoli vasi sanguigni, la pelle, i reni, le ghiandole salivari, gli occhi e la tiroide.
La letteratura scientifica, inoltre, evidenzia che in taluni soggetti il virus possa essere alla base dell’insorgenza di danno renale, diabete e tumori del fegato. L’epatite C può, inoltre, aggravarsi in presenza di alcuni co-fattori quali uno stile di vita inadeguato (elevato consumo di alcolici, una alimentazione non appropriata), la co-infezione con il virus dell’HBV e/o dell’HIV, l’essere in sovrappeso e l’utilizzo di particolari farmaci.
Nell’ambito della nefrologia si è rilevato che le alterazioni glomerulari correlate all’infezione da HCV possono manifestarsi tanto nel rene nativo quanto nel rene trapiantato Negli adulti la forma più frequente di coinvolgimento renale in corso di infezione HCV è la nefropatia crioglobulinemica.
Evitiamola
Data la mancanza di un vaccino anti-HCV, la prevenzione dell’epatite C poggia essenzialmente sull’interruzione della catena del contagio, che si fonda su misure preventive generiche e aspecifiche che sono volte a eliminare o ridurre la trasmissione dell’infezione trasmessa solo quando un soggetto sano entra in contatto con sangue infetto).
Esse sono indirizzate agli individui a rischio e ai familiari delle persone con HCV:
- Usare siringhe monouso.
- Pretendere sempre che siano utilizzati strumenti monouso e/o adeguatamente sterilizzati in ambito estetico o sanitario. In alternativa, usare materiale proprio (es. estetista).
- Non condividere oggetti personali taglienti o appuntiti (rasoi, lamette, forbici, siringhe) e spazzolini da denti.
- Usare il preservativo nei rapporti sessuali promiscui oppure se immunocompromessi e/o con malattie sessualmente trasmissibili e/o con lesioni ai genitali.
- Evitare di entrare in contatto con il sangue della persona contagiata.
Tutti i pazienti con epatite C possono continuare a svolgere le proprie abituali attività quotidiane, incluse quelle sportive e non devono seguire una dieta specifica (fatta eccezione per i pazienti con malattia molto avanzata che devono seguire regimi dietetici particolari).
Scoprire di averla
La diagnosi dell’infezione da HCV è possibile tramite esami di laboratorio specifici.
Tradizionalmente un prelievo di sangue consente l’individuazione degli anticorpi contro il virus (ossia si comprende se una persona è entrata in contatto o meno con il virus). Oggi anche test salivari permettono, in modo rapido ed efficace, di individuarli.
Nei casi di infezione acuta, nei primi 6 mesi si manifesta con ittero (colorazione gialla della cute e degli occhi), dolore al fianco destro, sensazione di malessere e stanchezza, febbricola. Alcuni esami di laboratorio sono alterati, come ad esempio le transaminasi (gamma-GT, GOT AST, GPT ALT, FOSFATASI); Quando la malattia si aggrava, alcune persone con epatite C possono lamentare dolori muscolari o alle articolazioni, disturbi di concentrazione che incidono sulla qualità della vita.
Esistono oggi anche test salivari che consentono di stabilire in modo rapido ed efficace se una persona è venuta a contatto con l’HCV ed ha sviluppato gli anticorpi. Tuttavia è attraverso l’analisi del sangue che si può stabilire se, oltre ad essere entrati in contatto con l’HCV e quindi aver sviluppato gli anticorpi contro il virus, è anche presente il virus nel sangue (HCV-RNA), situazione che indica infezione attiva.
In questo caso è altamente consigliato rivolgersi ad un centro specializzato (gastroenterologia, epatologia, infettivologia) per stabilire il reale danno al fegato e la necessità o meno di effettuare un trattamento antivirale. Il test, attraverso un bilancio sierologico, con l’analisi del sangue, viene fatto normalmente dal nefrologo a tutti i pazienti che sono IRC (insufficienza renale cronica) conclamata e prima di prendere in carico un paziente non solo in emodialisi, ma anche in dialisi peritoniale e per un programma di trapianto.
I pazienti con HCV ed insufficienza renale in fase terminale, in lista per trapianto di reni, devono essere sottoposti a terapia antivirale prima dell’operazione, visto il rischio aumentato di rigetto acuto dell’organo trapiantato. I pazienti in emodialisi possono essere trattati con INF-a pegilato in monoterapia. La terapia di combinazione con dosi individualizzate di ribavirina può essere presa in considerazione in pazienti selezionati. In ogni caso è indispensabile attenersi alle disposizioni del medico di riferimento.
Oggi si puo’ curare
Negli ultimi anni sono stati messi a punto farmaci molto efficaci, che sono assunti per via orale, per brevi periodi di tempo e che hanno una tossicità molto limitata, il cui meccanismo di azione consiste nell’interferire in alcuni passaggi chiave della replicazione virale, bloccando la replicazione stessa del virus.
In questo modo, attraverso terapie di combinazione (che associano, più molecole di classi differenti), è possibile eliminare il virus in sole 12 o al massimo 24 settimane e con tassi di guarigione superiori al 90%. In alcuni casi la terapia di combinazione prevede anche l’associazione con la ribavirina.
La terapia anti-HCV così definita può essere a somministrazione di una o due volte al giorno. L’abbandono progressivo dell’interferone è una conquista storica per i pazienti con HCV, poiché, consentirà di avere disponibili terapie molto più efficaci, più fruibili e meno tossiche.
La nefropatia associata a CM (crioglobulinemica) è la forma più frequente di danno renale in associazione ad infezione HCV. A lungo termine può progredire verso l’insufficienza renale cronica terminale che richiede la dialisi. Eliminare HCV evita così grossi rischi. I nuovi farmaci sono ora disponibili solo per la popolazione selezionata di pazienti, in base alla gravità dello stadio clinico della malattia.