La salute mentale è un impegno civile ed etico di tutti.
Non c’è salute mentale senza salute sociale.
“Una preoccupazione di base per gli altri nella nostra vita individuale e di comunità può fare la differenza nel rendere il mondo quel posto migliore che così appassionatamente sogniamo”
Nelson Mandela
Per la Giornata Mondiale della Salute Mentale del 2021, il tema è “Salute Mentale in un mondo ineguale”, in un mondo in cui diversi fattori politici, economici, sociali, culturali causano “le differenze” nell’accesso alle cure e ai trattamenti. Per le persone che vivono con disturbi mentali la condizione di “diseguaglianza” è fenomeno radicato ed ubiquitario nonostante le politiche di contrasto allo stigma e di integrazione sociale degli svantaggiati promosse a tutti i livelli nazionali ed internazionali.
La discriminazione è a sua volta la causa di comportamenti di “autodiscriminazione” per chi soffre di un disturbo psichiatrico ovvero la fuga da una situazione sociale, per l’angoscia di un possibile rifiuto o di una qualche esperienza negativa.
La patologia psichiatrica risente di una valenza “estensiva del marchio (stigma)” che si riflette anche sul milieu familiare del malato. (Tamagnini G., Nursing in Area Psichiatrica. Il paziente schizofrenico, Alpes, 2015)
La prima difficoltà per chi opera nel campo della salute mentale/psichiatria e del trattamento di coloro che soffrono per una malattia mentale formalmente classificata e riconosciuta, riguarda l’immagine che la società “umana”, ancora nel ventunesimo secolo, ha delle patologie psichiatriche. Una visione distorta basata su presunzioni, pregiudizi, stereotipi che rimandano solo all’idea di “pericolosità”, “aggressività”, “violenza”, “inguaribilità”, e che portano a discriminare i soggetti interessati con le loro famiglie e responsabilizzare esclusivamente i professionisti della salute coinvolti: medici psichiatri, psicologi, infermieri, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrici, assistenti sociali, operatori socio sanitari, che ogni giorno abbracciano e affrontano la sfida per diminuire lo stigma che circonda coloro che soffrono attraverso percorsi non solo di cura ma di inclusione sociale.
Per noi professionisti della salute, il “prendersi cura” di una persona malata non può prescindere da una visione unitaria dell’individuo, non può essere rivolto solamente all’aspetto curativo-psicofisico perché è anche un fatto sociale che può giungere a compimento se vengono considerate le problematiche sociali connesse con il processo salute-malattia. Nel nostro lavoro, l’apertura verso la Comunità Sociale è un impegno e obiettivo civile ed etico per non perdere di vista il particolare contesto di esistenza in cui l’individuo si trova a vivere e ad agire.
“ La riabilitazione è ricostruzione della piena cittadinanza del paziente psichiatrico: non è la semplice restituzione dei suoi diritti formali ma la costruzione dei suoi diritti sostanziali (perché) è dentro tale costruzione (affettiva, relazionale, materiale, abitativa, produttiva) che sta l’unica possibile Riabilitazione.”
Saraceno B., La fine dell’Intrattenimento, Manuale di Riabilitazione Psichiatrica, Etaslibri RCS Medicina.
Questi obiettivi, sono condizionati pesantemente con i processi di stigmatizzazione ed esclusione sociale nei confronti dei pazienti, processi che ancor oggi, nonostante i progressi, caratterizzano la psichiatria e il malato psichiatrico. Manca ancora l’integrazione del paziente psichiatrico come “soggetto relazionale”, una persona che può essere in ripresa, più consapevole, che accanto alle cose che non si riesce a fare ci sono quelle in cui funziona. Una persona che può avere desideri, avere soddisfazioni, avere opinioni da confrontare con quelle di altri e in primis avere una vita quotidiana e pensieri sul futuro.
A partire da questo fatto è fondamentale non smettere mai di sensibilizzare “TUTTI” ad esprimere solidarietà alle persone affette da queste malattie e ai loro familiari, ad accoglierli nel tessuto sociale, a considerarle persone e non più soltanto malati.
È possibile superare le disuguaglianze solo costruendo modelli sociali in cui far prevalere l’accesso alle cure e risposte ai bisogni sempre più connotate da quella prossimità che può permetterci come Infermieri di Salute Mentale di esserCi e stare
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