Ad oggi assistiamo giorno dopo giorno ad un costante aumento dei casi. Bologna registra dei dati assai preoccupanti molti dei quali anche tra gli stessi studenti. Ogni aumento porta con sè inevitabilmente una crescita dei ricoveri in ambito ospedaliero e soprattutto in quello intensivologico rendendo la gestione dell’emergenza assai più complicata.
I riflessi di una nuova ondata si ripercuotono anche sulla gestione del tracciamento dei contatti e sulla gestione del piano vaccinale. Si tratta di fronti che richiedono attenzione, energie e notevole investimento in termini di professionisti da mettere in campo. Gli stessi professionisti che da oltre un anno, ormai, sono impegnati senza sosta e che soffrono, come tutti gli altri cittadini, della chiusura dell’attività scolastica e la conseguente difficoltà nella gestione dei propri figli.
Una concatenazione di cause-effetto difficile da gestire e controllare.
Ma se la chiusura delle scuole ha rappresentato la scelta migliore per arginare le criticità legate all’emergenza nella prima ondata, a distanza di un anno non può essere l’unica soluzione percorribile.
I giovani e la formazione sono il nostro futuro, e proprio per questo dobbiamo trasmettere loro l’importanza di aver cura della propria salute così come di quella della comunità.
Da diversi mesi sosteniamo la proposta della Federazione Nazionale degli Infermieri per sviluppare la figura dell’infermiere scolastico: si tratta di dotare ogni istituzione scolastica di un infermiere dedicato con un ruolo proattivo rispetto alla salute degli alunni. Un infermiere che di fatto c’è già è l’infermiere di famiglia e comunità, previsto nel Patto per la Salute e dalla legge 77/2020 (Decreto Rilancio) ma ad oggi non è ancora sviluppato come anche l’emergenza sanitaria richiede.
Pietro Giurdanella, presidente Ordine delle professioni infermieristiche di Bologna e del Coordinamento dell’Emilia-Romagna