Una bambola che, da semplice giocattolo, puo’ trasformarsi in uno strumento terapeutico.Arriva da una casa per anziani del Canton Ticino l’esperienza di un approccio innovativo per ridurre i disturbi del comportamento degli over 65 con demenza grave. Si tratta della “Doll Therapy” (in italiano “Terapia della bambola”) una terapia non farmacologica rivolta a pazienti con demenza che presentino i sintomi comportamentali e psicologici tipici della loro patologia.
E’ un trattamento di tipo non cognitivo, ovvero finalizzato alla riduzione di reazioni e comportamenti impropri attraverso tecniche che prevedono la sollecitazione sensoriale ed affettiva e che si e’ rivelato particolarmente utile a ridurre, tramite apposite strategie, il ricorso continuo a crescenti sedazioni. A raccontare questo approccio e’ Rita Pezzati, ricercatrice della Supsi (Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana) che per la Rivista del Lavoro Sociale ha portato alla luce una sperimentazione, della durata di 3 anni, in corso in una casa per anziani del Canton Ticino, che punta a verificare con criteri scientifici l’efficacia della Doll Therapy.
Il protocollo di ricerca si inserisce in un progetto piu’ ampio di diffusione della terapia per la presa in carico dei disturbi del comportamento, supportato dall’Ufficio degli Anziani e delle Cure a Domicilio del Canton Ticino. Sono 128 le persone coinvolte.Ma in cosa consiste quest’esperienza? La Doll Therapy prevede l’utilizzo di bambole specifiche ideate ad hoc per enfatizzare alcune caratteristiche sensoriali (ad esempio peso, direzione dello sguardo, morbidezza del tessuto) fruibili anche per una persona gravemente compromessa dal punto di vista cognitivo. Saranno i caregiver poi, sulla base di una valutazione clinica preliminare, di griglie di osservazione e della conoscenza della biografia dei soggetti interessati, a scegliere i momenti piu’ appropriati nell’arco della giornata per consegnare la bambola terapeutica, che viene riconosciuta come un bambino vero e quindi accudita. Tra i processi al centro dell’indagine vi e’ quello sulla relazione di riconoscimento e cura che si instaura tra la persona con demenza e la bambola. “Questo approccio – scrive Rita Pezzati – promuove il riconoscimento e l’integrazione delle caratteristiche individuali e di esperienze di vita che influenzano la risposta alla malattia e il suo decorso nel processo di cura. Per le persone con demenza i benefici attesi riguardano la diminuzione dei disturbi del comportamento e dei parametri fisiologici di stress”. Vantaggi nell’utilizzo della Doll Therapy dovrebbero scaturire anche per il personale curante in termini di una diminuzione di stress emotivo e psicologico.
Molte persone con demenza presentano infatti una serie di comportamenti disturbanti, fra i quali agitazione, ansia, vagabondaggio e aggressivita’, che generano malessere alle persone stesse e indirettamente ai loro caregiver familiari e professionali. Vantaggi significativi, infine, scaturiscono anche dai costi e benefici: e’ infatti emerso che la terapia della bambola non richiede necessariamente la presenza di un terapista specializzato, come ad esempio avviene con altre terapie non farmacologiche, ma puo’ essere effettuata da diverse figure professionali adeguatamente formate e supervisionate nel tempo. (www.redattoresociale.it)
FONTE DIRE
Foto www.camberratimes.com.au