L’Italia e’ tra le pochissime nazioni ad essersi dotata di un impianto normativo sulla terapia del dolore, dato significativo e distintivo. La legge 38/2010, infatti, tutela chi ne soffre in maniera cronica, sancendo per tutti i cittadini il diritto all’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative.
“La legge 38/2010 pone delle basi importanti, ma e’ necessario studiarne le applicazioni: le persone debbono sapere che esiste il diritto a non soffrire e il personale sanitario deve saper trattare il dolore nel modo piu’ appropriato”, spiega Raffaella Pannuti, presidente fondazione Ant, la fondazione che da quarant’anni e’ impegnata nelle cure palliative a domicilio.
“Il dolore non e’ solo fisico- spiega Pannuti- ma e’ anche sociale e morale. L’umanizzazione delle cure, la comunicazione tra medico e paziente, trattare la ‘persona’ e non solo la malattia: tutto diventa parte della terapia per combattere il dolore in tutte le sue forme”.
La nostra fondazione si rivolge ai pazienti colpiti da patologie tumorali in fase avanzata e avanzatissima e considera una priorita’ la lotta al dolore, sia quello continuativo che quello episodico. Dal 1978 ad oggi, l’Ant ha assistito oltre 120mila pazienti di tumore in 10 regioni italiane in modo completamente gratuito.
“Da uno studio che stiamo facendo con l’universita’ di Padova- prosegue la dottoressa Pannuti- abbiamo potuto capire che il dolore puo’ essere trattato non solo dal punto di vista farmacologico, ma anche attraverso le innovazioni tecnologiche”. Il meeting Salute di Rimini (20-26 agosto 2017) ospita alcune tra le societa’ scientifiche e le realta’ e associazioni impegnate in quest’area. Ai tre grandi incontri in programma si affiancheranno appuntamenti think-tank quotidiani.
“In tema di terapia del dolore durante l’appuntamento di Rimini sono previsti tre momenti- afferma Gian Franco Gensini, presidente Cesmav centro studi Medicina avanzata- il primo approfondira’ la legge italiana sul dolore nei suoi diversi aspetti; un secondo vertera’ su come questa normativa viene accolta nel nostro sistema di innovazione e sui meccanismi che consentono ai cittadini di avere a disposizione i rimedi piu’ avanzati; nel terzo, infine, parleremo della medicina del dolore applicata alla nostra quotidianita’ e delle conoscenze in merito dei cittadini e dei pazienti”.
Ancora pochi italiani, infatti, conoscono questo settore della medicina. Il dolore e’ generalmente sintomo di qualcosa che non va bene, un effetto di una patologia in corso. Quando il dolore diventa cronico, la terapia del dolore assume rilevanza assoluta allo scopo di limitare il disagio, la sofferenza, la compromissione spesso grave della qualita’ della vita. La terapia del dolore comprende tutti quegli atti farmacologici, interventistici, chirurgici e cognitivo-comportamentali che hanno lo scopo di ridurre il dolore inutile.
In altre parole, si parla di terapia del dolore quando dobbiamo trattare sia il dolore come sintomo che come malattia. Una patologia che affligge il 20% della popolazione italiana, mentre nei Paesi dell’Europa gli interessati oscillano tra il 12 e il 25%. Il dolore colpisce dunque un italiano su cinque e rappresenta un’emergenza sociale a cui bisogna dare grande attenzione.
“Da notare che l’impiego della telemedicina, ancora poco diffusa in Italia ma in forte sviluppo in alcun regioni come la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Trentino, puo’ offrire un significativo supporto al controllo del dolore attraverso la sua valutazione e trasmissione a un centro di riferimento, attraverso la possibilita’ di consultazione del proprio medico, ma anche con la possibilita’ per il medico di medicina generale di consultare i centri specialistici per suggerimenti riguardo a dolori difficilmente controllabili o alla possibilita’ di integrazione con trattamenti di medicina complementare”, aggiunge il prof. Gensini.
Dieci milioni di persone in Italia nel 2015 si sono recate al pronto soccorso per dolore acuto; il 60% delle richieste di intervento con i medici di base avvengono per la stessa ragione. Tra i fattori di rischio per l’insorgenza del dolore acuto, i prevalenti sono incidenti stradali, infortuni sul lavoro, incidenti in ambiente domestico, patologie cardiovascolari acute e tumori.
Tra le cause del dolore acuto, in evidenza 3 macro-aree: mal di schiena (78% di accessi al pronto soccorso per dolore), cefalea (16%) e coliche renali (5%). A tutto questo va aggiunto il dolore iatrogeno, quale quello dovuto a interventi chirurgici, che in un anno in Italia sono quasi cinque milioni, e in cui il dolore puo’ essere previsto e controllato.
“La prevalenza del dolore cronico nella popolazione generale e’ elevata- dichiara Giuseppe Civardi, rappresentante Fadoi, di societa’ scientifica, che raccoglie gli specialisti ospedalieri di medicina interna impegnandosi nella lotta al dolore- tra le persone al di sopra dei 65 anni, la percentuale media delle persone con dolore supera il 50%. Inoltre, i pazienti con un numero di condizioni morbose elevato, obesi, a basso livello di scolarita’, di sesso femminile sono colpiti con frequenza ancora maggiore”. Partendo da indagini capillari tra i propri associati, Fadoi ha realizzato azioni di formazione e di aggiornamento in questo settore gia’ da diversi anni, coinvolgendo nella lotta al dolore anche altre figure professionali con un ruolo fondamentale come il personale infermieristico.
In Italia lo studio Ipse (Italian pain research, Simg 2005) attribuisce il 75% delle richieste di intervento del medico di medicina generale per dolore a cause osteoarticolari, seguite a distanza dalle cefalee e dal dolore viscerale (complessivamente 10-12%). “E’ il mal di schiena la principale causa di perdite di giornate del lavoro nel nostro Paese- spiega Gian Franco Gensini, professore di Medicina Interna, Firenze- un intervento utile e opportuno della medicina del dolore non e’ nel controllare un malessere, ma nell’evitare di compromettere il benessere quando il nostro corpo subisce un intervento chirurgico. Ogni anno in Italia vengono effettuati circa 5 milioni di interventi chirurgici, e molti inducono necessariamente, per la lesione dei tessuti, dolore postoperatorio di entita’ variabile. Questo dolore puo’ e deve essere controllato per consentire ai pazienti di mantenere il piu’ possibile le loro condizioni di benessere. Ai presidi farmacologici in uso puo’ aggiungersi il contributo delle medicine complementari o integrative che possono essere utilizzate in modo integrato con i farmaci classici offrendo in alcuni settori ulteriori vantaggi (agopuntura, fitoterapia)”. (Ekp/ Dire)