La percezione del proprio corpo, nei pazienti con schizofrenia, può essere modificata dalla malattia. Nello schizofrenico viene alterata la capacità di riconoscersi come agente esecutore delle proprie azioni (sense of agency), tanto che a volte i pazienti non distinguono quanto accade dall’esterno e quanto sono invece loro stessi a compiere, con le conseguenti bizzarrie comportamentali. Un nuovo studio, apparso sulla rivista Schizophrenia Bullettin, mostra definitivamente che la malattia non intacca il senso di possesso del proprio corpo (sense of ownership).
Per scoprirlo, i ricercatori dell’EPFL Ecole polytechnique fédérale di Losanna hanno reclutato 59 pazienti e 30 soggetti sani e li hanno sottoposti alla «full body illusion», una condizione nella quale i partecipanti provano la sensazione che il corpo visto attraverso la realtà virtuale e posizionato davanti a loro (in foto, The Full Body Illusion. Credit: Roy Salomon) sia il loro stesso corpo.
Questo accade attraverso una stimolazione multisensoriale, cioè quando vedono che il corpo davanti a loro è accarezzato e, contemporaneamente, sentono il tocco di una mano che li accarezza sulla stessa parte del loro proprio corpo. Solo in caso di congruenza cross-modale, cioè quando gli stimoli visivi e tattili sono sincroni, l’identificazione ha luogo.
I ricercatori, ricorrendo a questo paradigma sviluppato proprio a Losanna, hanno misurato il livello di identificazione dei soggetti e hanno visto che è lo stesso nei sani e negli schizofrenici. «Questa constatazione ci da una comprensione più realistica dei deficit del Sé nella schizofrenia e può aiutarci a trovare soluzioni a questi problemi», aggiunge Roy Salomon, dell’Università Bar-Illan e uno degli autori principali dello studio.
La questione relativa alla sensazione di possedere il proprio corpo (ownership) è cruciale perché la ownership e la sensazione di essere all’origine delle proprie azioni sono considerati i due aspetti essenziali della consapevolezza di sé, intaccata nella schizofrenia. Nella maggior parte dei casi, infatti, ci sentiamo gli autori delle nostre azioni e gli iniziatori dei nostri pensieri, abbiamo un senso di appartenenza nei confronti delle varie parti del nostro corpo, abbiamo l’impressione di essere collocati in un volume di spazio e di vedere le cose da una prospettiva spaziale posta dietro i nostri occhi.
Il senso del Sé è radicato nel nostro corpo, nelle nostre percezioni e nella loro elaborazione cerebrale: quando il funzionamento di questi meccanismi fisiologici salta, a causa di un danno neurale o anche solo temporaneamente, come nel caso dell’assunzione di sostanze psicoattive, ecco che si possono osservare le cose più strane. Anche nel caso di condizioni neurologiche patologiche, il nostro cervello cerca di compensare le varie incongruenze. Nella schizofrenia, ad esempio, la mancanza di un agente porta ad attribuire ad altri le nostre azioni.
Questi studi confermano ancora una volta come il nostro cervello/mente sia un puzzle complesso di molte funzioni cognitive fortemente interdipendenti tra loro ma che possono alterarsi in modo disgiunto.
Fonte La Stampa