Il cancro ovarico e’ una malattia ginecologica fra le piu’ difficili da risolvere. È piu’ spesso diagnosticata in stadi avanzati e, nonostante la terapia, entro due anni il 70% delle donne sviluppa ricadute non sempre curabili.
È noto da tempo che gli ormoni sessuali (estrogeni e progestinici) sono implicati nel cancro all’ovaio, guidando la proliferazione delle cellule tumorali. A oggi, tuttavia, sono stati condotti solo piccoli studi clinici di terapia ormonale con risultati insufficienti che non hanno permesso di chiarirne l’eventuale beneficio clinico, nonostante le promettenti evidenze ottenute in laboratorio. Un recente studio canadese condotto con 3mila pazienti, intanto, ha dimostrato che la presenza dei recettori per gli estrogeni e i progestinici e’ associato alla prognosi del cancro all’ovaio, soprattutto negli istotipi endometroide, sieroso a basso, ma anche nei tumori di alto grado. Partendo da queste considerazioni l’equipe del professor Andrea De Censi dell’ospedale Galliera di Genova, in collaborazione con ricercatrici dello Ieo, ha cercato di fare luce sulla questione attraverso l’analisi sistematica della letteratura, in uno studio sostenuto da Airc.
I risultati sono pubblicati su ‘Gynecological Oncology’, una delle principali riviste internazionali nel campo della ginecologia oncologica. Insieme alla ricercatrice Airc Laura Paleari, De Censi e colleghi hanno dunque deciso di mettere mano a oltre 40 anni di letteratura e di analizzare i risultati di 53 studi compiuti in molti Paesi. Le principali terapie studiate sono il tamoxifene, un antiestrogeno, gli inibitori delle aromatasi e alcuni preparati estro-progestinici.
“Il lavoro ha evidenziato una risposta clinica nel 41% delle donne in trattamento con terapie ormonali- fanno sapere- che si eleva al 46% nelle pazienti con accertata positivita’ per i recettori estrogenici e/o progestinici e al 55% in quelle sensibili alla chemioterapia a base di platino. L’analisi in un gruppo piu’ ristretto di donne (700) ha inoltre evidenziato una capacita’ delle terapie ormonali di ridurre la mortalita’ del 31%. Questo dato appare di grande importanza- proseguono i ricercatori- perche’, nonostante i recenti progressi, le nuove terapie per il tumore ovarico non hanno dimostrato la capacita’ di ridurre significativamente la percentuale dei decessi.
Gli autori concludono che la terapia ormonale nei tumori con accertata positivita’ per i recettori ormonali e’ una opzione promettente che andrebbe considerata in studi clinici randomizzati. “Queste terapie hanno anche costi molto bassi. Grazie ad Airc abbiamo la possibilita’ di portare avanti ricerche in un settore poco attraente dal punto di vista del profitto ma di indubbia rilevanza per la salute delle donne- conclude De Censi- con benefici clinici e tossicita’ minima”