ROMA – L’inquinamento e le polveri sottili non provocano solo patologie e problemi respiratori, ma pure cardiopatie, ischemie e possono agire addirittura sul cervello. Le particelle più piccole, a partire dal Pm 2,5, possono infatti passare attraverso gli alveoli e arrivare ai capillari e da lì in periferia.
Basta pensare che uno studio canadese uscito in aprile e realizzato sulla popolazione maschile ha dimostrato che esiste una relazione tra la vicinanza alle strade molto trafficate e l’incidenza della demenza. Secondo la ricerca, chi vive a 50 metri da una via molto inquinata mostra un eccesso di rischio del 7%, “una percentuale consistente”.
Un altro studio effettuato in Spagna, poi, evidenzia che in presenza di inquinamento e ondate di calore crescono le ospedalizzazioni dei pazienti con patologie neurologiche
A spiegarlo al 44esimo congresso della Pneumologia italiana a Bologna, è Giovanni Viegi, ricercatore del Cnr di Palermo che nel suo intervento ha parlato appunto di “Effetto multiorgano del Pm e delle polveri ultrasottili”. “Sono 465.000 i morti prematuri ogni anno imputabili all’inquinamento nell’Europa a 28- spiega-, mentre sono 4,5 milioni gli anni di vita persi. Ora, se a partire dagli anni ’90 gli studi pneumologici sulla pericolosità dell’inquinamento sono fioriti, quelli sugli effetti extrarespiratori sono arrivati dopo e “forse manca ancora una certa consapevolezza della questione da parte di cardiologi e neurologi”, aggiunge Viegi.
Bisognerebbe invece considerare che certe particelle incrementano la coagulazione, hanno effetto sul sistema elettrico provocando fibrillazioni e agiscono anche sul sistema nervoso centrale, passando dai polmoni al sangue al cervello.
Quanto alle agenzie ambientali prima si sono concentrate sul Pm10, poi sul Pm 2,5, ma per gli specialisti bisognerebbe indagare meglio anche sulle nanoparticelle, quelle sotto al micron che per il momento sono osservate solo per studio. In Europa ci sono tre zone particolarmente inquinate: la pianura padana, la zone della Ruhr in Germania e alcune aree industrializzate della Polonia, prosegue nel ragionamento il ricercatore.
“Il problema è che se si vuole ridurre l’inquinamento è necessario cambiare moltissimo le nostre abitudini e questo va in conflitto con l’economia”. Eppure, “anche se nessuno sembra disposto a impegnarsi di più sulla prevenzione, se si agisse nel modo giusto ci si guadagnerebbe, perché l’inquinamento ha un costo sociale, di cura, di ore non lavorate da chi si ammala che, sommato, supera quello dei vantaggi economico dell’industrializzazione”.
Lo stesso ragionamento, aggiunge il ricercatore del Cnr, vale per le sigarette, perché l’”introito che lo Stato ha non vale tanto quanto i fondi spesi per le cure di chi si ammala”. Insomma, il messaggio è che “bisogna impegnarsi di più nella prevenzione“, mentre l’invito a cardiologi e neurologi è “di approfondire sul tema degli effetti extrarespiratori dell’inquinamento”.