Per l’associazione che tutela il diritto alla mobilita’ delle persone disabili, la sentenza della Corte di Cassazione “e’ positiva. Ora le istituzioni investano nell’educazione al rispetto delle norme in materia” (RED.SOC.)
ROMA – Commette “violenza privata” chi parcheggia nel posto riservato a una persona disabile: lo ha deciso una recente sentenza della Corte di Cassazione, che oggi riceve il plauso di Anglat, l’associazione che tutela il diritto delle persone disabili alla mobilita’ e all’accessibilita’ dei trasporti. “Accogliamo con soddisfazione la recente sentenza della V Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione – commenta l’associazione – che crea un precedente importantissimo per quanto riguarda la tutela dei diritti delle persone con disabilita’ o con ridotta mobilita’ titolari di uno parcheggio (stallo) di sosta riservato personalizzato.
La sentenza in questione – ricorda Anglat – si riferisce ad un parcheggio (stallo) di sosta personalizzato, dato in concessione alla titolare del contrassegno di parcheggio per disabili (Cude) dal comune di residenza, come previsto dalla normativa vigente”. Dal punto di vista strettamente giuridico, “la Sentenza poggia su un elemento fondamentale, qual e’ quello della violenza privata, prevista dal nostro codice penale all’articolo 610. Il delitto di violenza privata si configura secondo l’art. 610 c.p. quando ‘chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa’.
Qui siamo di fronte ad una fattispecie particolare – commenta l’associazione – poiche’, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, pur non essendovi stato un comportamento attivo da parte del proprietario dell’autovettura, egli e’ stato ugualmente condannato per il reato di violenza privata, in base alla presunzione che il suo disinteresse (omissione) nell’aver parcheggiato abusivamente in un posto riservato, fosse consapevole. Indubbiamente la sentenza servira’ da orientamento giurisprudenziale per tutti i casi simili che si potranno verificare e nei quali si configurano tutti gli elementi che hanno dato origine alla violazione e di conseguenza alle pronunce giurisprudenziali che ne sono susseguite”. Per quanto riguarda la vicenda specifica, Angsa definisce “assolutamente riprovevole il ritardo della polizia municipale nell’intervenire per la rimozione forzata dell’autoveicolo. Sedici ore sono veramente tantissime per rimuovere un autoveicolo. In questo – osserva Anglat – una parte di colpa e’ sicuramente di chi ha l’obbligo giuridico di intervenire e non lo fa. Infatti, e’ prassi consueta la mancanza di intervento da parte delle autorita’ preposte, nella maggior parte dei casi riferiti all’occupazione abusiva degli stalli di sosta riservati alle auto munite di Cude, siano essi stalli generici o personalizzati”.
Anglat coglie quindi l’occasione per appellarsi a “tutte le Polizie municipali, in primis, e alle forze dell’ordine, affinche’ da oggi in poi intervengano prontamente, qualora raggiunte dalla richiesta di un cittadino con disabilita’”. Un altro appello e’ rivolto a “tutti quegli automobilisti che fino ad oggi non hanno rispettato tale diritto: “il non rispetto delle norme da parte del cittadino e l’assenza delle istituzioni preposte a farle rispettare e’ il risultato anche di un’assenza di quei valori sui quali si fonda una societa’ civile, che deve partire dal rispetto dell’individuo e delle regole che sono alla base della convivenza. In tal senso – continua Anglat – riteniamo fondamentale che le istituzioni rivolgano una maggiore attenzione all’aspetto educativo, sia in ambito scolastico, sia in sede di conseguimento dellepatenti di guida. Solo in questo modo – conclude l’associazione – i giovani di oggi potranno essere quegli uomini di domani capaci di dar vita ad una societa’ realmente civile, inclusiva e rispettosa delle diverse esigenze dell’individuo”. (www.redattoresociale.it)