La salute degli italiani è a rischio. Nel nostro Paese, complice anche l’invecchiamento della popolazione, sono in aumento le malattie croniche, che riguardano quasi 4 italiani su 10, pari a circa 23,6 milioni, e che ‘succhiano’ molte risorse al servizio sanitario nazionale. E’ quanto emerge dal Rapporto Osservasalute 2016.
Il Rapporto è frutto del lavoro dei 180 ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma.
A presentarlo Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, e Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane e presidente dell’Istituto Superiore di Sanità.
Rispetto alle condizioni di salute, le diseguaglianze territoriali sono evidenti.
Per fare alcuni esempi: nel 2015, in Italia, ogni cittadino può sperare di vivere, mediamente, 82,3 anni (uomini 80,1; donne 84,6); nella provincia autonoma di Trento la sopravvivenza sale a 83,5 anni (uomini 81,2; donne 85,8), mentre un cittadino che risiede in Campania ha un’aspettativa di vita di soli 80,5 anni (uomini 78,3; donne 82,8).
Inoltre, il Mezzogiorno resta indietro anche sul fronte della riduzione della mortalità. Infatti negli ultimi 15 anni questa è diminuita in tutto il Paese, ma tale riduzione, soprattutto per gli uomini, non ha interessato tutte le regioni: è stata del 27% al Nord, del 22% al Centro e del 20% al Sud ed Isole.
E ancora, analizzando la mortalità sotto i 70 anni, considerata dall’Organizzazione Mondiale della Salute un indicatore dell’efficacia dei sistemi sanitari, si osserva che i divari territoriali non solo sono persistenti, ma seguono un trend in crescita.
Infatti, dal 1995 al 2013, rispetto alla media nazionale nel Nord la mortalità sotto i 70 anni è in diminuzione in quasi tutte le regioni (fanno eccezione la PA di Trento e la Liguria); nelle regioni del Centro essa si mantiene sotto il valore nazionale con un trend per lo più stazionario (a eccezione del Lazio dove la mortalità è aumentata). Nelle regioni del Mezzogiorno il trend è in sensibile aumento, facendo perdere ai cittadini di questa area del Paese i guadagni maturati nell’immediato dopoguerra. Le evidenti disparità di salute potrebbero anche essere una conseguenza delle politiche e delle scelte allocative delle regioni: per esempio, gli screening oncologici coprono la quasi totalità della popolazione in Lombardia, ma appena il 30% dei residenti in Calabria.
La carenza di risorse, comunque, non basta a spiegare le differenze tra Nord-Sud ed Isole del nostro Paese. Infatti, osservando l’indicatore sulle risorse disponibili in termini di finanziamento pro capite emerge che molte regioni del Nord migliorano la loro performance senza aumentare la spesa. Per contro, alcune regioni del Mezzogiorno, alle quali si aggiunge il Lazio, peggiorano la performance pur aumentando le risorse disponibili rispetto al dato nazionale.
Gli altri elementi evidenziati nel Rapporto Osservasalute riferiscono di una realtà italiana alle prese con una popolazione sempre più vecchia, con diminuzione di nascite sotto il tasso di sostituzione.
Gli stili di vita non migliorano, mentre peggiora la prevenzione.
Alcune evidenze di Osservasalute 2016 relative alla popolazione italiana:
- Diminuisce il numero degli abitanti del nostro Paese, oltre un italiano su cinque ha più di 65 anni. Per la prima volta negli ultimi decenni si assiste alla diminuzione della popolazione residente. – Si assiste a una lieve diminuzione della popolazione ultracentenaria, probabilmente imputabile all’eccesso di mortalità che ha caratterizzato il 2015. Al 1 gennaio 2016, più di tre residenti su 10.000 hanno 100 anni ed oltre.
- A livello generale, i trend di mortalità nel periodo analizzato sono decisamente in diminuzione per entrambi i generi. Si parte da un tasso di 141,4 per 10.000 uomini del 2003 (che si ricorda essere stato un anno di eccezionale incidenza del fenomeno a causa del caldo eccessivo) e si arriva a 107,8 per 10.000 nel 2014; analogamente per le donne, si passa da un tasso di 90,2 per 10.000 del 2003 a 69,8 per 10.000 nel 2014.
- Incrementi si registrano per i disturbi psichici e alcune malattie infettive e parassitarie, sia per gli uomini sia per le donne. Tra il 2003 e il 2014, il tasso standardizzato di mortalità per disturbi psichici passa da 1,8 a 2,4 per 10.000 per entrambi i generi. Analogamente, la mortalità per malattie infettive e parassitarie fa registrare un incremento del 50% circa che ha interessato, principalmente, fasce di popolazione più anziana.All’interno del gruppo delle malattie infettive e parassitarie la setticemia e la maggiore causa responsabile dell’incremento osservato.
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Nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta (35,3% vs 36,2% del 2014) è in sovrappeso, mentre poco più di una persona su dieci è obesa (9,8% vs 10,2% del 2014).
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Si riduce la percentuale dei non consumatori di alcol (astemi e astinenti negli ultimi 12 mesi), pari al 34,8% (nel 2014 era il 35,6%) degli individui di età >11 anni.
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Scende la mortalità riconducibile ai servizi sanitari, ma ancora troppe disparità tra Nord e Sud
Rispetto al biennio 2010-2011, negli anni 2012-2013 il tasso standardizzato di amenable mortality è passato da 75,14 a 72,93 per 100.000, pari a una diminuzione del 3,03%. Le regioni con il più forte decremento sono la Valle d’Aosta (-14,74%), la PA di Trento (-10,59%) e il Molise (-10,14%), mentre le regioni con il decremento più lieve sono il Lazio (-0,50%) e la Calabria (-0,54%). Unica eccezione in Italia è l’Umbria, il cui tasso è salito da 65,75 a 68,31 per 100.000 (+3,90%). La mortalità è inferiore al valore nazionale (72,93 per 100.000) in 8 regioni: Lombardia, PA di Bolzano, PA di Trento, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche. Valori significativamente superiori al dato nazionale si registrano, invece, in 5 regioni: Piemonte, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia. I valori più bassi è più alti si registrano, rispettivamente, nella PA di Trento (57,47 per 100.000) e in Campania (91,32 per 100.000). Questo pattern geografico ricalca fedelmente quello del biennio 2010-2011. – Spesa privata dei cittadini per la salute in aumento, specie al Sud – Nel periodo 2001-2014, la spesa sanitaria privata pro capite è cresciuta passando da 449,3€ a 553,1€ con un incremento medio annuo dell’1,61%. Il suo valore è, comunque, inferiore rispetto ai valori degli altri Paesi dell’Unione Europea con sistema sanitario pubblico.
- Tutte le regioni del Sud e le Isole incrementano la spesa sanitaria privata. I valori oscillano fra +1,74% annui in Campania e +3,53% annui in Basilicata. Le regioni del Centro-Nord, invece, presentano incrementi mediamente più contenuti.
Fonte: Agenzia Dire www.dire.it