Promuovere il diritto di tutte le persone anziane con malattie croniche e inguaribili a conoscere e a ricevere le cure palliative, attraverso una “Carta delle religioni per le cure palliative per le persone anziane”. Cure che in Italia sono previste dal 2010, grazie alla legge 38, ma purtroppo gran parte della popolazione non è al corrente di tali diritti e persino fra i medici la conoscenza è scarsa. E’ questo l’obiettivo dell’incontro organizzato dalla Fondazione Maruzza Onlus ‘Religioni Insieme per le Cure Palliative’, ospitato nella Sala Marconi di Radio Vaticana.
Un lavoro collettivo iniziato oltre 6 mesi fa e che si concluderà domani presso la Pontificia Accademia per la Vita con la stesura della Carta, un documento unico di valore universale condiviso e firmato da rappresentanti religiosi di diverse fedi, specialisti in cure palliative, geriatri, esperti di diritti umani, comunicatori, pazienti, volontari e famiglie provenienti da differenti culture, fedi ed esperienze. La ‘Carta’ contribuirà quindi a sensibilizzare le Istituzioni e l’opinione pubblica su un tema di emergenza sociale quale la cura verso una fascia di popolazione che vede nei prossimi anni un aumento esponenziale in termini di numerosità.
Gli spunti di riflessione dell’incontro sono stati ispirati dagli interventi dei partecipanti, in particolar modo dalle testimonianze di Marinella Cellai, che ha raccontato le cure palliative attraverso la sua vita da volontaria da oltre 30 anni, e Angela Pasqualotto, che ha parlato della sua esperienza di paziente e caregiver familiare.
Tra i momenti salienti della giornata, l’intervento di monsignor Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sul ruolo delle religioni come sostegno ai malati inguaribili e alle cure palliative. “C’è una dimensione che tocca con particolare profondità le religioni- ha detto Paglia- ed è la cura che loro hanno o che sono invitate ad avere per tutto l’uomo, per la sua salute spirituale, la salute del loro corpo, per comprendere che il senso della vita non è solamente un’attenzione per loro stessi, ma per tutti, in particolare quelli più deboli. Quella regola d’oro che dice: ‘Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso’, tradotta positivamente vuol dire ‘Sii attento agli altri come se fossero te stesso’”. Ecco perché “l’amore e la cura sono parte fondamentale del messaggio religioso ed è in questo prendersi cura dell’altro che la filosofia di fondo delle cure palliative trova nelle religioni una delle fonti più importanti- ha concluso- per essere allargata sostenuta e approfondita in tutte le parti del mondo”.
Presente all’incontro anche il professor Suresh Kuttierath Kumar, Direttore del Centro Collaborativo OMS dell’India, che ha discusso su come riuscire a coinvolgere molteplici comunità nell’organizzazione di cure per la popolazione. Silvia Lefebvre D’Ovidio, leader della Fondazione Maruzza, ha portato l’attenzione sul concetto di cure palliative intese come la presa in carico globale del corpo, della mente e dello spirito della persona con l’obiettivo di sostenere anche la famiglia del malato.
MONS. PAGLIA: RELIGIONI RENDANO VITA PIÙ UMANA
“Le religioni devono riscoprire la loro responsabilità di rendere più umana la vita nell’intero pianeta, devono intensificare l’incontro e il dialogo tra loro, e debbono altresì suscitare una responsabilità nei confronti di tutta la creazione, in particolare degli uomini e delle donne. In questo dinamismo debbono richiamare anche le autorità politiche, civili, economiche e della cultura a sostenere l’unità di tutti i popoli, la salubrità di tutta la creazione. Un messaggio particolarmente urgente ai nostri giorni”. Così monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a margine della presentazione del progetto ‘Carta delle Religioni per le Cure Palliative per le Persone Anziane’, organizzato dalla Fondazione Maruzza Onlus ‘Religioni Insieme per le Cure Palliative’ e ospitato presso la Sala Marconi di Radio Vaticana. Un appuntamento unico per promuovere il diritto di tutte le persone anziane con malattie croniche e inguaribili a conoscere e a ricevere le cure palliative.
“C’è una dimensione che tocca in particolare profondità le religioni ed è la cura per tutto l’uomo, per la sua salute spirituale, la salute del corpo e per comprendere che il senso della vita non è solamente un’attenzione per loro stessi, ma per tutti, in particolare quelli più deboli”, ha aggiunto. Per monsignor Paglia “l’amore e la cura sono parte fondamentale del messaggio religioso ed è in questo prendersi cura dell’altro- conclude- che la filosofia di fondo delle cure palliative trova nelle religioni una delle fonti più importanti per essere allargata sostenuta e approfondita in tutte le parti del mondo”.
GAMBASSI: NON PIÙ CONSIDERATE FINE VITA
“Purtroppo si è creata una condizione schizofrenica per cui nei Paesi sviluppati abbiamo conquistato una longevità mai raggiunta prima, ma allo stesso tempo non siamo stati più in grado di capire la finitezza della vita”. Così Giovanni Gambassi, docente di Medicina interna all’Università del Sacro Cuore di Roma.
“I pazienti- ha aggiunto- ritengono sempre che la tecnologia e il grande sviluppo delle cure mediche siano in grado di estendere o risolvere i loro problemi. Esiste però anche un problema dei sistemi sanitari, che si sono concentrati nell’approntare grandi ospedali per il trattamento delle malattie acute, mentre non si comprende che la stragrande maggioranza delle persone con malattie in fase avanzata non ha più bisogno dell’ospedale bensì di servizi accessori sul territorio facilmente accessibili”.
A questo, ha spiegato Gambassi, si unisce “una grandissima ignoranza su ciò che rappresentano veramente le cure palliative, fondamentalmente etichettate con la parola cancro e con una terminalità misurata in pochi giorni”. Oggi, invece, “il concetto di cure palliative va allargato per comprendere una fase molto più iniziale piuttosto che la fine della vita, per comprendere che non sono esterne al gesto medico, ma è un gesto molto complementare allo sforzo di prolungare l’esistenza”. A questo proposito, “ci sono esperienze oggi scientificamente molto valide realizzato in pazienti con il cancro per i quali, al momento della diagnosi di una malattia incurabile, si può favorire la cura palliativa migliorando la scelta dell’iter diagnostico, la scelta del trattamento terapeutico e al contempo risparmiare sofferenza, ospedalizzazione e denaro pubblico, estendendo addirittura l’esistenza. Le cure palliative non sono la negazione di un eventuale prolungamento della vita- ha concluso Gambassi- certamente sono un grande privilegio in termini di qualità di esistenza residua”.
BLANCHARD: PAZIENTI HANNO BISOGNO DI DIGNITA’
“Nella tradizione occidentale noi crediamo di essere creati a immagine e somiglianza di Dio, ma tutte le religioni insegnano che c’è una coscienza e questa coscienza custodisce valori profondi”. Lo ha detto Blanchard Tsvi, rabbino e autore di ‘Guida giudaica per le cure palliative’.
“La coscienza deve essere curata, preservata e rispettata- ha continuato- e questo non dipende da quanto sei vecchio: inizia al momento della nascita e termina con l’ultimo nostro respiro. Le religioni supportano il diritto alle cure palliative perché loro supportano e proteggono l’essere umano. C’è qualcosa di particolarmente speciale nell’uomo e questo ha bisogno di essere maggiormente onorato. Ecco perché le cure palliative vanno in questa direzione. I pazienti- ha concluso Tsvi- hanno bisogno di essere trattati con dignità ed essere rispettati come merita un figlio di Dio o un figlio dell’universo”.
BHIKSHUNI: COMPRENDERE LA MORTE PER AFFRONTARLA
“Nelle cure palliative la religione può avere un grande impatto sui pazienti, aiutandoli a generare una forza interiore soprattutto quando le persone malate in maniera terminale e le persone anziane, durante l’ultima parte della loro vita, affrontano il problema della morte”. Lo ha detto Tsung Tueng Bhikshuni, direttore della ‘Taiwan association of clinical buddhist studies.
“Se i pazienti o le famiglie dei pazienti- ha aggiunto- non comprendono il processo della morte o non sanno come affrontare l’idea della morte, non avranno la preparazione giusta per affrontare l’ultima parte della vita e soffriranno terribilmente continuando a preoccuparsi sul dove andranno dopo essere morti”. Per questo, ha concluso Bhikshuni, “come esperti di pratiche buddiste comprendiamo il processo di morte e cerchiamo di insegnarlo ai pazienti e alle loro famiglie, così da alleviare sofferenze e preoccupazioni”.
PUCHALSKY: RELIGIONI DEVONO SUPPORTARE LE CURE PALLIATIVE
“Oggi stiamo affrontando una grande sfida: la maggior parte delle persone nel 2020 sarà più vecchia, avrà molte malattie croniche e tante sofferenze: per questo è importante che le cure palliative siano accessibili a tutte le persone anziane in tutto il mondo”. Così Christina Puchalsky, docente presso la scuola di Medicina dell’Università George Washington.
“Con questa Carta che andremo a firmare- ha continuato- stabiliamo principi e linee guida su come le religioni possano lavorare insieme con il sistema sanitario per poter offrire le migliori cure palliative possibili. Tutte le religioni hanno al centro la dignità di ogni essere umano e supportano questa dignità, tutte le religioni predicano la pietà e la compassione verso chi soffre. E’ per questo che più di qualunque altra cosa, la religione può supportare le cure palliative”, nonostante ci sia “una grande incomprensione su ciò che vuol dire cure palliative. Molte persone le confondono con un processo di morte accelerato o come un modo per lasciare le persone sole davanti alla morte, mentre è esattamente il contrario. Le palliative sono un modo per prendersi cura delle persone- ha concluso Puchalsky- supportandole in tutto: corpo, mente e spirito. E le nostre organizzazioni religiose possono insegnarci come fare”.
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