Nonni e nipoti possono ritrovarsi a condividere un problema: quello della deglutizione. Alla base c’è una condizione nota come disfagia, che nei bambini ha una prevalenza che oscilla tra il 25 e il 45 per cento, con conseguenze che possono rivelarsi anche gravi se non identificate in fretta. Per esempio il rifiuto di alimentarsi, l’intolleranza ad alcune consistenze di cibo e l’assenza di crescita.
Numeri elevati anche tra gli anziani, i più colpiti in assoluto: circa il 40 per centopresenta disturbi di deglutizione, quota che risulta crescente nelle persone che hanno subito un ictus (con punte fino all’80 per cento) o soffrono di Parkinson (52-82 per cento) o Alzheimer (84 per cento). Si tratta di un problema costellato da grandi numeri ed elevati costi sociali e sanitari.
DISFAGIA: DI COSA SI TRATTA?
«La disfagia è il termine clinico utilizzato per descrivere la difficoltà di deglutizione di cibi solidi e liquidi – spiega la presidente dei logopedisti italiani, Tiziana Rossetto -. È causata da alterazioni del controllo di nervi o muscoli, determinate da diversi quadri clinici.
Alla base vi sono debolezza e problemi strutturali nella coordinazione dei muscoli della bocca e della gola, con conseguente passaggio di cibo o liquidi nel canale respiratorio, invece che in quello alimentare. Il transito di cibo in trachea è un fenomeno potenzialmente pericoloso, che può portare, se non trattato, alla polmonite. La difficoltà di deglutizione può essere presente a diversi livelli di gravità nella persona anziana sana, nell’anziano o nell’adulto ammalato. Così anche nel bambino, soprattutto se nato pre-termine o con problemi motori».
COME RICONOSCERE LA DISFAGIA
Le cause più comuni possono essere traumi cerebrali, cervicali e vertebrali, ictus e tutte quelle malattie che colpiscono la funzionalità muscolare: come il parkinson, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, la sindrome di Down e la paralisi cerebrale.
I campanelli d’allarme sono molti e di facile individuazione: «Il passaggio di sostanze alimentari nelle vie aeree si può manifestare in modo evidente con senso di soffocamento, tosse insistente, comparsa di colorito rosso o cianotico al volto, oppure silente nei casi in cui piccole quantità di alimenti raggiungono i bronchi senza che la persona avverta sintomi. Nel bambino si possono presentare assenza di crescita, rifiuto ad alimentarsi, intolleranza ad alcune consistenze di cibo, problemi nella masticazione, alterazione della sensibilità del viso e della bocca. Più in generale i sintomi sospetti sono la tosse involontaria, la comparsa di voce velata o gorgogliante durante o dopo la deglutizione, la fuoriuscita di liquidi o di cibo dal naso, il fastidio o il dolore, la sensazione che parte del cibo resti in gola».
I CONSIGLI DELL’ESPERTA
La disfagia potrebbe essere alleviata con semplici accorgimenti. Ecco cinque regole da tenere sempre presenti, riassunte dalla dottoressa Rossetto.
1) Attenzione alla tosse durante i pasti. Se insistente rivolgersi tempestivamente agli specialisti: è un segnale importante da non sottovalutare.
2) Attenzione all’acqua. Spesso è l’elemento più difficile da gestire ed andrebbe addensata con gli appositi gelificanti.
3) Basta pastina in brodo. Tanto diffusa nei reparti ospedalieri e nelle case di riposo, è però un alimento che crea difficoltà, poiché unisce cibi di consistenza diversa. Preferire alimenti a consistenza omogenea come i purè e i passati.
4) Verificare la postura: i pasti devono essere serviti con il giusto allineamento di capo, collo e tronco. Per le persone allettate, sollevare il busto durante i pasti e cercare di mantenere la posizione per almeno un’ora dopo il pasto.
5) Controllare l’apporto calorico e l’idratazione: sono fondamentali ma spesso insufficienti nelle persone con difficoltà di deglutizione. La conseguenza sono stati di malnutrizione e quindi un peggioramento delle condizioni generali della persona, di qualunque età.
FONTE LA STAMPA