E’ stato effettuato un nuovo protocollo sperimentale, della durata di quasi due anni e condotto su quasi 800 pazienti, che consente di diminuire le visite del 39% garantendo a ciascun paziente una assistenza più eccellente. Effettuando un “triage” del cuore durante il ricovero del paziente sottoposto ad angioplastica si arriva a diminuire le visite inappropriate e ridurre le liste di attesa per garantire ai pazienti cure sempre più appropriate e innovative e un miglioramento della qualità di vita. Secondo il nuovo protocollo basterebbe inserire i vari pazienti in una delle tre categorie che individuano il rischio crescente, facendo sì che ci si attenga successivamente ai controlli raccomandati che possono essere più o meno brevi in termini di tempi in base alla complessità della terapia necessaria per il paziente.
La GISE (Società Italiana di Cardiologia Interventistica), la ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri), il GICR-IAPCR (Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva), la SIMG ( Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) e l’ARCA (Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali) hanno promosso il nuovo protocollo per i pazienti sottoposti ad angioplastica. Tali Società scientifiche si sono riunite in un congresso svoltosi a Milano, con il contributo di Menarini, con l’obiettivo di fare in modo che le Regioni implementino questi semplici protocolli, rivelatisi molto efficaci, per implementare l’appropriatezza delle prestazioni erogate e la qualità di vita di questi pazienti.
Basterebbe una valutazione di pochi minuti per assegnare una delle tre classi di rischio ai circa 150 mila pazienti che vengono sottoposti annualmente a un intervento di angioplastica con applicazione di stent. L’assegnazione di una relativa classe di rischio crescente richiede poi un percorso diverso negli anni seguenti.
Attualmente non è ancora in essere un percorso dedicato con visite ed esami per i pazienti che vengono sottoposti ad angioplastica. Risulta infatti che solo 1 paziente su 5 nel giro di due anni necessiti di almeno 5 visite ed esami strumentali di controllo perché risulta ad alto rischio, ma attualmente anche i pazienti considerati a basso rischio (circa il 15% del totale), viene visto dal cardiologo più di quattro volte.
Fonte: http://www.ansa.it
Articolo di: Laura Berti