Siccome il vaiolo è causato da un virus, il trattamento con antibiotici non è efficace. Non esiste un trattamento specifico e l’unico modo di prevenirlo è la vaccinazione. Data l’eradicazione della malattia, la vaccinazione obbligatoria è stata sospesa a partire dagli anni ’70 e ’80 in tutti i Paesi. In Italia, la vaccinazione è stata sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981.
Riserve del virus, per motivi di studio, sono mantenute ufficialmente solo in due laboratori in condizioni di stretta sicurezza: uno negli Stati Uniti e uno in Russia. Non si può però escludere che esistano altri depositi di virus, in violazione a quanto prescritto dall’Organizzazione mondiale della sanità. Soprattutto dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, negli Stati Uniti e in altri Paesi del mondo è tornata la paura di una possibile epidemia di vaiolo generata da un deliberato rilascio di virus nell’ambiente.
Allo stato attuale, non c’è nessun motivo perché la vaccinazione antivaiolosa venga reintrodotta. In ogni caso, le riserve di vaccino antivaioloso sono disponibili tramite l’Organizzazione mondiale della sanità per l’uso immediato, sotto la direzione delle autorità sanitarie nazionali e internazionali.
Trasmissione e sviluppo della malattia
Ci sono due forme cliniche di vaiolo. La più comune è quella causata dal virus Variola major che si manifesta con febbri elevate e con la comparsa di pustole ulceranti su tutto il corpo. Esistono quattro tipi di vaiolo di questo genere: quello ordinario (più del 90% dei casi), una forma lieve che a volte si sviluppa su persone preventivamente vaccinate, quello piatto (detto anche maligno) e quello emorragico, raro ma molto grave. Meno pericoloso, con una mortalità sotto l’1%, è la forma di vaiolo causata dal virus Variola minor.
Il virus del vaiolo è stato a contatto con le popolazioni umane da migliaia di anni, ma in natura non esiste più. Le epidemie di vaiolo hanno sempre generato terrore tra le popolazioni, non solo per l’elevata mortalità ma anche perché i sopravvissuti rimanevano sfigurati a vita, ricoperti di cicatrici. Il contagio avveniva per contatto diretto tra le persone oppure tramite i liquidi corporali infetti o gli oggetti personali contaminati come abiti o lenzuola. Un comune veicolo di contagio erano la saliva o le escrezioni nasofaringee delle persone malate che mettevano a rischio chiunque fosse vicino.
Il periodo di incubazione della malattia, durante il quale non si manifestano sintomi, dura da 7 a 17 giorni. In questo periodo raramente avviene contagio, che invece comincia alla comparsa dei primi sintomi (febbre, malessere, emicrania, dolori muscolari e talvolta vomito). Questa fase può durare da 2 a 4 giorni ed è caratterizzata da alte temperature. Successivamente compare una eruzione cutanea molto caratteristica, consistente in piccole macchie rosse, ed è questo il periodo in cui i malati sono più contagiosi. La comparsa delle macchie può durare circa 4 giorni e comincia dalla lingua e dalla bocca. Quando le macchie della bocca si infettano diventando vere e proprie ulcere, nuove eruzioni cutanee interessano tutta la pelle, a partire dalla faccia fino alle braccia, le gambe e poi le mani e i piedi. Solitamente l’intero corpo viene ricoperto di macchie nel giro di 24 ore. Quando compare l’eruzione cutanea le febbre scende e la persona comincia a sentirsi meglio. Nel giro di 3 giorni, però, le macchie si trasformano in vescicole purulente. Contemporaneamente la temperatura sale di nuovo e rimane alta finché le pustole non cicatrizzano, diventando crosticine che cominciano a squamarsi e si staccano.
Nel giro di 3 o 4 settimane dalla comparsa dei sintomi, la maggior parte delle pustole si è seccata e comincia a staccarsi dalla pelle, lasciando su di essa una cicatrice profonda, nota come butteratura. La fase di contagio cessa con la caduta di tutte le crosticine.
Il virus del vaiolo
Gli esseri umani sono gli unici ospiti del virus del vaiolo che non si trasmette per mezzo di animali o insetti. Il virus del vaiolo appartiene alla famiglia Orthopoxviridae, è relativamente stabile a temperatura ambiente e ha dimensioni contenute per cui è facilmente trasmissibile tramite aerosol. Della stessa famiglia fanno però parte virus che sono in grado di infettare sia uomo che animali come il virus del vaiolo bovino (Cowpox virus), il virus del vaiolo della scimmia e il virus vaccinico (Vaccinia virus). Proprio quest’ultimo fu utilizzato per la prima volta dal medico inglese Edward Jenner, nel 1796, per la formulazione del primo vaccino propriamente detto, antivaioloso. Jenner si accorse che le donne addette alla mungitura, che frequentemente contraevano il vaiolo bovino, difficilmente venivano colpite da quello umano. Per dimostrare la sua teoria, Jenner provò a vaccinare il figlio di otto anni con siero proveniente da pustole di vaiolo vaccino e poi lo infettò con il vaiolo umano, verificandone l’immunità. Questo rappresenta il primo caso documentato di prevenzione attiva di una malattia, anche se erano già stati fatti altri tentativi di immunizzazione.
Nel tardo ’600 infatti Lady Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, aveva promosso anche in Inghilterra la pratica della vaiolizzazione, secondo un’usanza già diffusa in oriente. La stessa pratica era stata introdotta anche in Italia dai medici greci e sostenuta da papa Benedetto XIV che cercò di diffonderla nello Stato Pontificio. La vaiolizzazione consisteva nell’iniettare un po’ di pus prelevato da un malato in via di guarigione, in un soggetto sano provocando il vaiolo. Spesso però questa pratica era letale. La scoperta di Jenner risolse il problema, anche se fu avversata dagli ambienti ecclesiastici e conservatori perché considerata un insulto al creatore, data la commistione tra animale e uomo. Con il prevalere delle idee libertarie, negli anni successivi alla rivoluzione francese, la vaccinazione divenne una pratica generalizzata. In Italia, fu Luigi Sacco a diffondere, dal 1799, la vaccinazione nella Repubblica Cisalpina, riducendo drasticamente la mortalità da vaiolo.
Il vaccino
Il vaccino antivaioloso è tuttora composto da un virus simile a quello del vaiolo, il virus Vaccinia di origine bovina. Il vaccino contiene il virus vivo e per questo la vaccinazione dev’essere effettuata con molta cautela per evitare una diffusione del virus a zone del corpo lontane dal punto di inoculo. Inoltre, il vaccino ha molti effetti collaterali.
La vaccinazione antivaiolosa garantisce una elevata immunità contro il vaiolo per 3-5 anni, dopodiché il livello di protezione decresce. Se una persona è nuovamente vaccinata, l’immunità dura più a lungo. Storicamente, il vaccino si è provato efficace nel prevenire l’infezione da vaiolo nel 95% delle persone vaccinate. Si è dimostrato efficiente anche a contatto già avvenuto, purché somministrato entro pochi giorni dall’esposizione al virus.
La vaccinazione viene effettuata con un ago particolare, che inocula sotto la pelle diverse dosi di virus, causando una piccola escoriazione. Se la vaccinazione ha successo nel giro di 3 o 4 giorni si forma una piccola ferita rossa e irritata che diventerà una vescica, si riempirà di pus, e comincerà a seccarsi. Nella terza settimana dopo la vaccinazione, la crosticina si secca e cade, lasciando una cicatrice.
In reazione alla vaccinazione possono comparire febbre, mal di testa e irritazioni su tutto il corpo. In qualche caso però si manifestano complicazioni gravi che possono arrivare fino alla morte. In passato, circa 1000 persone ogni milione di vaccinati per la prima volta presentavano qualche tipo di reazione al vaccino, come allergie o sintomi di tossicità, o, in qualche caso, una diffusione del virus in tutto l’organismo. Nella maggioranza dei casi non si trattava di condizioni a rischio elevato. Le persone con maggiori probabilità di effetti avversi sono quelle che hanno diverse malattie della pelle (eczemi, dermatiti) o quelle con sistemi immunitari indeboliti (chi ha ricevuto un trapianto, chi sta subendo un trattamento per il cancro, i sieropositivi, i malati di cuore). In tempi più recenti si stanno studiando le correlazioni, verificate in qualche caso, tra la somministrazione del vaccino e l’emergenza di problemi cardiaci (attacchi di cuore e angina). Negli anni ’60 e ’70, quando la vaccinazione era in uso, furono riportati rari casi di infiammazione cardiaca.
Con la nuova ondata di vaccinazioni negli Stati Uniti, in seguito al programma speciale del governo Bush attuato a partire dall’autunno 2002, è stato possibile evidenziare con maggiore precisione l’esistenza di complicazioni cardiache conseguenti la somministrazione del virus. Degli oltre 25 mila civili statunitensi, quasi tutti operatori sanitari, vaccinati negli ultimi mesi, poco meno di una decina ha riportato problemi di cuore e in due casi (a fine marzo 2003) le persone sono morte. Tra il dicembre 2002 e la fine di marzo 2003 sono stati vaccinati oltre 325 mila militari americani. Circa 1 su 20 mila ha manifestato problemi di infiammazione cardiaca. I problemi si sono verificati solo in persone che ricevevano il vaccino per la prima volta.
La storia dell’eradicazione
Dal 1967, anno in cui l’Oms ha lanciato il programma per l’eradicazione globale del vaiolo, al 1977, anno dell’ultimo caso registrato in Somalia, un decennio che ha cambiato il modo di affrontare le emergenze epidemiologiche. Leggi la storia dell’eradicazione del vaiolo.
Nuove campagne di vaccinazione
La vaccinazione di routine contro il vaiolo è stata sospesa nel corso degli anni ’70 in tutti i Paesi occidentali. Negli Stati Uniti l’ultimo caso di vaiolo si è avuto nel 1949 e la vaccinazione è stata interrotta nel 1972. In Italia, ufficialmente, è stata abrogata nel 1981. In anni recenti solo scienziati, medici e professionisti che lavoravano a contatto con virus simili a quelli del vaiolo in ambienti di ricerca hanno ricevuto il vaccino.
Dopo l’11 settembre 2001 il governo statunitense si è allertato contro il rischio di un attacco bioterroristico. Ha quindi cominciato a produrre nuove dosi di vaccino per essere in grado di immunizzare la popolazione americana nel caso di una nuova epidemia di vaiolo e all’inizio di dicembre 2002 il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha offerto la possibilità ai cittadini americani che lo desiderano di vaccinarsi contro il virus del vaiolo. A fine marzo 2003 sono stati vaccinati oltre 350 mila americani, tra civili appartenenti alle istituzioni sanitarie e militari impegnati in azioni di guerra in Iraq. Dopo che si sono verificati alcuni casi di reazione alla vaccinazione, le istituzioni sanitarie americane hanno pubblicato delle Linee Guida per dare indicazioni ai medici sull’opportunità di sospendere la vaccinazione in persone che presentano condizioni cardiache e che, quindi, possono correre rischi finché gli effetti collaterali della vaccinazione non saranno esplorati più a fondo.
L’Italia possiede oggi 5 milioni di dosi di vaccino antivaioloso che attraverso le diluizioni possono arrivare a 25 milioni di dosi. Tuttavia, date le complicanze possibili, il ministero della Salute sconsiglia una vaccinazione estesa alla popolazione in assenza di pericolo imminente.
Fonte: http://www.epicentro.iss.it/problemi/vaiolo/vaiolo.asp