ROMA – “Se ti picchia, ti ama” è un vecchio proverbio russo che oggi ha trovato applicazione anche all’interno del codice legislativo del Paese. La Duma infatti ha deciso di declassare da ‘reato penale’ a ‘illecito amministrativo‘ le violenze domestiche, che ora saranno punite con una multa che oscilla tra gli 80 e i 470 euro e dai 10 ai 15 giorni di detenzione (oppure, dalle 60 alle 120 ore di servizi sociali). Con buona pace dei diritti delle vittime, che solo se aggredite “ripetutamente” e nell’arco dello stesso anno potranno sperare di vedere l’aggressore condannato a due anni di carcere. Anche il “teppismo” può costituire un’aggravante.
La riforma ora deve passare al Senato e infine alla firma del Presidente Putin, ma dato che l’approvazione di oggi è giunta da una larghissima maggioranza – 380 voti favorevoli contro solo tre contrari – è logico supporre che l’esito sia ormai scontato. “Le liti in famiglia non costituiscono necessariamente violenza domestica” è stata la spiegazione data dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ai giornalisti, spaccati come i politici e i cittadini su quella che è stata ribattezzata ‘la legge dello schiaffo’.
“Questa legge afferma che la violenza è una norma di comportamento” ha detto Yuri Sinelshchikov, deputato di sinistra nel corso del dibattito in aula. Secondo l’avvocato per i diritti delle donne Mari Davtyan invece questo provvedimento manda un messaggio pericoloso, secondo cui “lo stato non considera le violenze domestiche sbagliate”. I sostenitori della riforma hanno insistito infatti nel dire che lo Stato non deve entrare “nelle questioni di famiglia“, posizione con cui concorda il 19% della popolazione stando a un sondaggio condotto dall’Istituto statale VTsIOM.
DIRE