Articolo in ricordo di Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanin (e tanti altri)
Bologna ha un clima che o lo ami o lo odi, estati caratterizzate dal caldo afoso e inverni così umidi che il freddo ti entra nelle ossa. Chi non ci nasce a Bologna il freddo lo sente.
Andrea, Mauro e Otello sono tre Carabinieri in servizio la sera del 4 gennaio del 1991, è una di quelle serate fredde di cui parlavo prima, sono a bordo della loro macchina di servizio, una “fiammeggiante” Fiat Uno che gira per le strade avvolte dalla nebbia. I tre ragazzi (tutti poco più che ventenni) stanno pattugliando le vie del quartiere Pilastro (famoso in quel periodo per la microcriminalità), devono controllare un ex edificio scolastico dove sono ospitati circa 300 extracomunitari, i militari devono sorvegliare quell’edificio poiché pochi mesi prima qualcuno aveva tentato di darvi fuoco con delle taniche di benzina.
Sono quasi le 22, i tre Carabinieri stanno facendo il loro giro di perlustrazione, incrociano anche una volante della Polizia con cui si fermano a scambiare qualche parola “tutto tranquillo, niente da segnalare” poi continuano il loro giro.
Ad un certo punto rallentano, forse insospettiti da qualcosa. Cercano di capire la situazione quando vengono raggiunti da alcuni spari provenienti dal lato sinistro, Stefanini viene colpito e cerca di allontanarsi ma l’auto viene raggiunta da altri proiettili. I militari rispondono ai colpi di arma da fuoco ma la loro auto urta contro il marciapiede e alcuni cassonetti. Dalla Uno Bianca scendono delle persone e si dirigono verso il mezzo dei Carabinieri sparando.
Andrea, Mauro e Otello sono da soli, con il cuore a mille e l’adrenalina che scorre nelle vene, si sono resi conto che la situazione non permette via di scampo probabilmente.
I tre ragazzi vengono raggiunti dai Fratelli Savi, i banditi della Uno Bianca. Vengono scaricati i caricatori delle armi dei banditi su quei tre ragazzi poco più che ventenni. Vengono raggiunti da una ventina di colpi. Andrea e Mauro riescono a scendere e tentano di rispondere ancora al fuoco. I due ragazzi vengono raggiunti da 222 colpi di proiettile. Prima di andare via uno dei Savi controlla che i tre ragazzi siano tutti morti, poi va nella loro macchina e porta via l’ordine di servizio (documento su cui vengono segnate tutte le persone identificate).
Se girate per Bologna e vi capita di andare nel quartiere Pilastro potrete trovare un monumento in memoria di questi tre ragazzi, morti troppo giovani, morti con addosso una divisa e morti in una notte avvolti dalla nebbia. La strage del Pilastro fa parte di una di quelle pagine nere della nostra città.
Una pagina scritta dalla Banda della Uno Bianca, che verrà arrestata quattro anni più tardi. Quattro anni in cui la morte di questi tre ragazzi non ha avuto una risposta. Già il 20 aprile del 1988 la Uno Bianca colpi altri due Carabinieri, Cataldo Stasi e Umberto Enriu, di pattuglia dalla Coop di Castel Maggiore. I due gendarmi notano tre persone in atteggiamento sospetto dentro una Uno Bianca, si avvicinano, non fanno in tempo a scendere per controllare che vengono raggiunti dai proiettili morendo entrambi. La Uno Bianca rappresenta una macchia indelebile nella storia di Bologna.
Le vittime colpite dai fratelli Savi furono:
- 3 ottobre 1987 Cesena: Antonio Mosca (poliziotto)
- 30 gennaio 1988 Rimini: Giampiero Picello (guardia giurata)
- 19 febbraio 1988 Casalecchio: Carlo Beccari (guardia giurata)
- 20 aprile 1988 Castelmaggiore: Umberto Erriu (carabiniere), Cataldo Stasi (carabiniere)
- 26 giugno 1989 Corticella: Adolfino Alessandri (pensionato)
- 15 gennaio 1990 Bologna: Giancarlo Armorati (pensionato)
- 6 ottobre 1990 Bologna: Primo Zecchi (pensionato)
- 23 dicembre 1990 Bologna: Rodolfo Bellinati (nomade), Patrizia Della Santina (nomade)
- 27 dicembre 1990 Castelmaggiore: Luigi Pasqui (dirigente d’azienda)
- Trebbo di Reno: Paride Pedini (artigiano)
- 4 gennaio 1991 Bologna: Mauro Mitilini, Andrea Moneta, Paride Stefanini (carabinieri)
- 20 aprile 1991 Borgo Panigale: Claudio Bonfiglioli (benzinaio)
- 2 maggio 1991 Bologna: Licia Ansaloni (comm.)Pietro Capolungo (carabiniere in pensione)
- 19 giugno 1991 Cesena: Graziano Mirri (benzinaio)
- 18 agosto 1991 San Mauro Mare: Babon Cheka, Malik Ndiay (operai extracomunitari)
- 24 febbraio 1993 Zola Predosa: Massimiliano Valenti (fattorino)
- 7 ottobre 1993 Riale: Carlo Poli (elettrauto)
- 24 maggio1994 Pesaro: Ubaldo Paci (direttore di banca)
Nel nostro quotidiano professionale ci troviamo spesso a collaborare con i rappresentanti delle Forze dell’Ordine. I colleghi che si occupano in particolare di emergenza extraterritoriale, spesso collaborano con Polizia e Carabinieri, ma anche con i Vigili, nella gestione di incidenti stradali o situazioni ove è richiesta la loro presenza.
Mi sembra quindi doveroso dedicare un articolo rivolto a tutti i rappresentanti delle Forze dell’Ordine che quotidianamente svolgono servizio sia a Bologna che in qualsiasi altra parte d’Italia. Mi sembra doveroso ricordare le vittime di crimini così profondi nella storia della mia città. Mi sembra doveroso rispettare delle persone che cooperano spesso con molti nostri colleghi e che vengono spesso citati in malo modo se ci arriva una multa o se fanno dei posti di blocco.
Perché morire a 20 anni semplicemente perchè si indossa una divisa non è giusto. Non è giusto essere ricordati solo per le colpe di qualcuno che non rappresenta tutto il resto delle persone che ogni giorno svolgono il loro lavoro al meglio delle loro possibilità e delle loro risorse.
Questo articolo vorrei che fosse un grazie per chi indossa una divisa e un inchino per chi morì per mano di un gruppo di persone che non rappresenta e mai rappresenterà la mia Bologna.
Articolo a cura di Laura Berti
© Riproduzione Riservata
Fonti:
http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/uno-bianca-pilastro-1.1617929
http://www.misteriditalia.it/unobianca/vittime/
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