Il robot-chirurgo e’ veloce, preciso, affidabile. Efficacissimo nel trattamento del cancro alla prostata, e anche nel preservare l’attivita’ sessuale del paziente, almeno nei casi meno gravi e piu’ giovani, e’ ormai diffuso in tutto il mondo e sono 3745 i robot Da Vinci sparsi ovunque: la maggioranza, ben 2474, si trova negli Stati Uniti ma ce ne sono 462 in Asia e 632 in Europa, di cui 81 nel nostro Paese.
Dove pero’ sono concentrati quasi tutti al Nord: ben 21 si trovano in Lombardia, mentre non ne e’ stato installato nessuno in Molise, in Sicilia ce n’e’ uno soltanto e la Calabria attende il suo primo a breve. Una differenza di distribuzione sul territorio che costringe centinaia di pazienti (una stima e’ ancora impossibile) a spostarsi dalla propria Regione per sottoporsi all’intervento, con un considerevole aggravio di costi sanitari: lo rivelano gli esperti riuniti in occasione dell’89° Congresso Nazionale della Societa’ Italiana di Urologia, a Venezia dal 15 al 18 ottobre, sottolineando gli ottimi risultati raggiunti con l”utilizzo dei robot-chirurghi nel trattamento del tumore alla prostata e non solo.
“I robot-chirurghi installati in Italia complessivamente sono sufficienti alle esigenze dei pazienti italiani- sottolinea Vincenzo Mirone, segretario generale Siu- Il problema e’ la distribuzione a macchia di leopardo e la notevole differenza fra Sud e Nord del Paese. Al Nord i robot sono ben 43, al centro 25 di cui 11 in Toscana, al Sud e nelle isole appena 15, di cui 9 dislocati fra Campania e Puglia. In una situazione simile e’ chiaro che si favorisce la migrazione sanitaria dei malati per i quali l’intervento robotico e’ piu’ indicato, con un aggravio considerevole di costi sanitari. Va anche detto che non e’ pensabile installare un robot-chirurgo Da Vinci in tutti i reparti di urologia: la macchina costa da 1,5 a 2,7 milioni di euro e per ogni intervento, soltanto per i materiali d’uso, si spendono circa 4-5000 euro a cui aggiungere i costi ospedalieri. È ragionevole utilizzarlo se si possono sostenere oltre 350 interventi all”anno”. Cosi” in un comunicato la Siu.
Servirebbe percio’ una “redistribuzione” dei robot, perche’ ormai e’ chiaro che sono efficaci e in alcune situazioni cliniche preferibili alla mano dell’uomo: grazie a una telecamera 3D ad alto ingrandimento inserita nell’addome attraverso una micro-incisione, il chirurgo puo” infatti vedere il campo operatorio con estrema chiarezza e muoversi con precisione e in tutte le direzioni, anche quelle che sarebbero precluse alla mano umana, grazie a tre bracci robotici con gli strumenti operatori, guidati dal chirurgo in carne e ossa grazie a una console esterna. Non c’e’ percio’ un”unica, grossa incisione ma tre piccoli fori: un doppio sistema di sicurezza, inoltre, assicura la continua funzionalita’ del robot, senza interruzioni e senza margine di errore. A 16 anni dal primo intervento di rimozione della prostata assistita da robot, condotto nel 2000, oggi negli Stati Uniti l”80% degli interventi viene eseguito dal Da Vinci e in Europa, benche’ le percentuali siano molto inferiori, l”utilizzo e’ in costante crescita. Merito degli ottimi risultati possibili, sottolineati anche di recente nel primo studio randomizzato controllato che ha messo a confronto gli esiti della chirurgia robotica e della chirurgia aperta in pazienti operati per cancro alla prostata: i dati, pubblicati su The Lancet, mostrano che i risultati in termini oncologici sono molto simili, continua la Siu.
“L’intervento robotico pero’ e” piu’ rapido e cosi’ preciso da azzerare di fatto il rischio di recidive, perche’ grazie a una visione amplificata del campo operatorio ci si assicura che venga asportato tutto il tessuto malato. Le incisioni piu’ piccole non solo causano meno sanguinamento e meno dolore post operatorio, ma restano molto meno visibili; tutto cio’ consente anche una degenza piu’ breve e un ritorno piu’ rapido alle normali attivita’. La chirurgia robotica da’ ottimi risultati in termini di sopravvivenza libera da malattia e di esiti funzionali, come la continenza. La tecnica robotica rispetta infatti lo sfintere urinario e ricostruisce l’uretra, evitando l’incontinenza che invece e’ un problema per il 5% dei pazienti operati a cielo aperto.
Inoltre, grazie a una maggior capacita’ di risparmiare i fasci nervosi che regolano l’erezione, la chirurgia robotica offre i migliori risultati nei pazienti con tumore alla prostata che hanno ancora un”erezione efficiente e vogliono conservarla per una vita sessuale soddisfacente anche dopo l”intervento, per esempio gli uomini piu’ giovani; con la chirurgia a cielo aperto la probabilita’ di deficit erettivi arriva al 60% nel primo anno dall’intervento. Il tumore alla prostata, che ogni anno conta ben 36.000 nuovi casi ogni anno nel nostro Paese, con 7 mila decessi, non e’ peraltro l’unica situazione in cui il robot-chirurgo si sta rivelando efficace: e’ utilizzato sempre piu’ spesso anche per il cancro al rene, se le dimensioni del tumore sono comprese fra i 3 e i 7 centimetri ed e’ possibile una resezione parziale del rene. Non e’ indicato invece in caso di iperplasia prostatica benigna per i costi molto elevati dell’intervento robotico, tuttora riservato ai pazienti con neoplasie dove l’estrema precisione e”un grosso valore aggiunto: soltanto nei grandi centri statunitensi con un enorme volume di pazienti il robot-chirurgo viene utilizzato anche per rimuovere la prostata in assenza di un tumore”, conclude Mirone, segretario generale Siu. (Comunicati/Dire)