Attore, cantante, musicista, prestigiatore, compositore. E dal 7 maggio scorso, anche scrittore. Ha 37 anni e vive a Frosinone con la mamma. Ma Daniele Di Ruzza ha anche la sclerosi multipla e vive su una sedia a rotelle costretto a passare la maggior parte del suo tempo in camera da letto, perché non può neanche entrare in ascensore.
Ogni giornata la trascorre davanti al pc che è diventato la sua finestra sul mondo, a cui si affaccia dalla “casa prigione”, come la chiama lui.
Solo raramente “respiro quella libertà che, purtroppo, sento che mi è stata negata”. Il suo angelo custode si chiama Tullia. Anzi, è uno dei tanti che si alternano al suo fianco. E’ una operatrice Osa che ormai da un anno e mezzo lo assiste a domicilio, da quando Daniele non riesce più a prendersi cura di sé autonomamente. Tra loro la sintonia si avverte subito.
“È una delle mie preferite- racconta Daniele mentre si accende una sigaretta con la mano che lo tradisce con un tremolio- All’inizio per menon è stato facile accettare che degli estranei si occupassero di me, che valicassero la mia intimità. Tullia, insieme alle altre operatrici Osa, è entrata in punta di piedi nella mia vita, rispettando le mie abitudini e sopportando i miei sbalzi d’umore”.
Ma “ora sono contento della loro quotidiana presenza perché si prendono cura di me, della mia igiene personale, un’ora e mezza dal lunedì al sabato. Mi aiutano a lenire non solo le ferite del corpo maanche quelle dell’anima grazie alla loro allegria, ascoltando le mie storie, i miei sogni e le mie paure. Per me sono delle amiche: insieme scherziamo, ridiamo, chiacchieriamo molto ma capiscono anche quando sto male e non ho voglia di parlare. Ho spiegato loro cosa devono fare per non affaticarsi e non farmi male quando mi spostano”.
La vita di Daniele procede su una strada già tracciata. Lui ne è consapevole e non vuole essere “un peso”. Con grande forza d’animo, sul periodico ‘Osa news’ della cooperativa, ammette: “So che la mia malattia stanca le persone che mi sono intorno. Ed è per questo motivo che ho già pensato a tutto quello che mi accadrà e a quello che dovrà essere fatto quando purtroppo non sarò più autonomo”.
Si è preparato al peggio nel migliore dei modi, sistemando la casa, abituandosi all’idea di dover usare ogni tipo di ausilio, anche per tutte le sue funzioni fisiologiche. Ma oggi Daniele è soprattutto un artista completo, il ragazzo che passa la maggior parte del tempo tra la camera da letto e la sala di incisione che ha allestito nella stanza a fianco.
Compone la musica, aggiorna il suo sito web www.danielediruzza.it, legge, guarda film e spesso vive di ricordi e di sogni. Proprio quei sogni che hanno ispirato il primo libro in cui racconta la sua vita, la sua quotidianità dal primo giorno in cui ha scoperto la malattia, alla reazione dei genitori, all’allontanamento di molte persone ‘amiche’, al lavoro, alla sua vita tra palcoscenico e magia, all’amore, agli impedimenti fisici, agli effetti collaterali delle terapie, ai tentativi di trovare la via della guarigione, alle rinunce e ai traguardi raggiunti, nonostante tutto.
Si chiama ‘E allora io mi vesto di sogni’, ed è stato scritto interamente con l’aiuto di un assistente vocale, perché da tempo anche le mani hanno iniziato a perdere la sensibilità. “Ho scritto questo libro con le rotelle ai piedi e i sogni in testa. Faccio il comico della mia vita dalla mattina alla sera. Ma di una cosa sono certo: non spero più che la mia vita possa migliorare”.
Sono 112 pagine di verità nude e crude, con cui racconta la sua esistenza, quella reale e quella sognata a occhi aperti. Ma il finale è uno solo. “Pur convivendo, forzatamente, con questa malattia non penso che l’accetterò mai. Anche perché, per me, accettarla o meno non fa nessuna differenza, visto che alla fine non cambia nulla. Come non smetterò mai di cercare, sulla rete, notizie riguardanti possibili cure, schivando come Spiderman i numerosi millantatori, che purtroppo spuntano in ogni dove, come i funghi”.
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