Fibrosi polmonare idiopatica. Nessuno vorrebbe sentir pronunciare queste parole in una diagnosi. Purtroppo la realta’ e’ che, nel mondo, circa 3 milioni di persone vivono con questa malattia, che e’ rara, gravissima e con un’aspettativa di vita dalla diagnosi di 2-3 anni.
Come per ogni altra patologia in cui il paziente rischia la vita, il momento in cui viene comunicata la diagnosi e’ molto difficile e, sia il paziente, sia i suoi familiari rimangono molto turbati. La notizia lascia sconcertati e puo’ succedere di non comprendere esattamente e non ricordare le informazioni che vengono date dal medico in questa circostanza. I risultati di una nuova indagine condotta su 150 pazienti con fibrosi polmonare idiopatica a livello internazionale- annunciati oggi da Boehringer Ingelheim (azienda farmaceutica tedesca)- portano una nota positiva: 9 pazienti su 10 fra gli interpellati si sono dichiarati ”soddisfatti” sul modo in cui il medico ha comunicato loro la diagnosi. Per quanto riguarda l’Italia la percentuale e’ del 95%. “Da medico e’ certamente rassicurante vedere come un numero cosi’ alto di pazienti sono soddisfatti del modo in cui e’ stata comunicata loro una diagnosi cosi’ complessa e grave- ha commentato il Professor Luca Richeldi, pneumologo, Universita’ di Southampton, Regno Unito- Dobbiamo comunque tenere presente che la buona comunicazione non finisce qui. È di cruciale importanza sapere quello che i nostri pazienti desiderano conoscere della loro malattia e tener conto del loro livello di comprensione delle informazioni, che e” spesso molto variabile. Comunque, constatare che la visione dei medici sulle priorita” dei pazienti riflette davvero quello che i pazienti stessi individuano come autentiche priorita”, e” un passo importante per una migliore gestione complessiva”.
I pazienti interpellati nell’indagine hanno, infatti, indicato che ci sarebbero state altre informazioni utili da comunicare loro in quel momento, tra queste, il supporto, le terapie, cosa significa veramente vivere con la fibrosi polmonare idiopatica (Ipf): Il 60% dei pazienti avrebbe voluto sapere quale altro supporto fosse disponibile per aiutarli con la malattia; Il 60% se la Ipf richiedesse una terapia di lungo termine e quanto efficaci fossero quelle terapie; il 50% dei pazienti avrebbe voluto avere informazioni su cosa significasse davvero convivere con la malattia nel tempo; il 50% dei pazienti avrebbe voluto avere informazioni sull’evoluzione della malattia dopo l’avvio della terapia e se avrebbe avuto bisogno di ossigeno. Questa nuova indagine condotta a livello internazionale su 121 pazienti con fibrosi polmonare idiopatica ne segue un’altra, svolta nel 2015, sempre a livello internazionale, su oltre 400 pneumologi.
Entrambe queste indagini sono state condotte per avere maggiori informazioni sulla realta’ della Ipf e su cosa significhi convivere con la malattia. I risultati di questa nuova indagine rivelano una quasi identita’ di vedute fra i pazienti e i medici, relativamente alle priorita’ dei pazienti in seguito alla diagnosi. Le prime tre priorita’ indicate dai pazienti sono state: rivolgersi a uno specialista di Ipf (26%), ottenere informazioni sulla malattia (21%) e avvio di una terapia efficace (18%). Le prime tre priorita’ indicate dai medici sono state: ottenere informazioni sulla malattia (35%), avvio di una terapia efficace (23%) e rivolgersi a uno specialista di Ipf (21%), continua Boehringer Ingelheim.
Inoltre, quando e’ stato chiesto ai pazienti che cosa fosse piu’ importante sapere sulla Ipf, la risposta che ha avuto il maggior numero di scelte dai pazienti (77%) e’ stata: ”Sapere quali opzioni terapeutiche erano disponibili per me”. Questa e’ stata la risposta piu’ scelta anche dagli specialisti (77%), nell’indagine condotta nel 2015 sugli pneumologi, a cui era stato chiesto cosa pensassero fosse piu’ importante in assoluto per i pazienti. “È confortante leggere che la comunicazione della patologia da parte dei medici e’ trasmessa in maniera adeguata, ma spesso dopo la diagnosi di una malattia rara e sconosciuta ci si affida al web per raccogliere informazioni, spesso non aggiornate e scoraggianti- ha dichiarato Rosalba Mele, Presidente di Ama Fuori dal Buio (Associazione Malati Autoimmuni Orfani Rari), tra i soci fondatori della neonata EU-Ipf Federation.
Grazie all’impegno dei ricercatori e alla grande spinta data dalle associazioni nell’accendere un riflettore su questi pazienti orfani di attenzioni, se la diagnosi avviene tempestivamente, vi sono cure che permettono una lunga e serena convivenza con la malattia”.