“Gli ultimi dati Istat indicano 48mila nuovi casi ogni anno di cancro della mammella, di cui purtroppo circa 14mila moriranno. Ma dobbiamo dire la verita’: mentre sta aumentando l’incidenza dei nuovi casi, la mortalità’ fortunatamente sta diminuendo grazie alla prevenzione e alla diagnosi precoce, che sono le cose piu’ importanti in questo settore”.
Cosi’ il professor Giuseppe Petrella, direttore Uoc Chirurgia Generale, Oncologica e Senologia presso il Policlinico universitario di Tor Vergata, intervistato dall’agenzia Dire in occasione del forum organizzato dall’Associazione Artemisia Onlus dal titolo ”Patologia mammaria: prevenzione, diagnosi e terapia”, in corso oggi a Roma presso l’Auditorium Avr. “Non si dovrebbe morire di cancro alla mammella- prosegue Petrella- nel senso che se tutte le donne facessero prevenzione e se il tumore fosse diagnosticato in un tempo precoce, c’e’ oggi la possibilita’ di guarigione al cento per cento. Ed e’ questo il messaggio che noi dobbiamo inviare alle donne, di non avere paura, perche’ molto spesso non si fanno controllare per il timore di quello che succede dopo. Le donne devono invece sapere che se si sottopongono a screening con cancro alla mammella in prima fase, come gia’ ho detto prima, questo guarisce al cento per cento”.
Ma come si fa a coinvolgere anche le piu’ giovani in un percorso di prevenzione? “A mio giudizio- risponde l’esperto- si dovrebbe cominciare a fare informazione dalle scuole superiori. Due sono i tumori che colpiscono maggiormente le donne: quello della mammella e quello dell’utero. Fortunatamente- sottolinea- quello dell’utero e’ diminuito moltissimo da quando si fa il pap test. Se noi allora iniziamo un’educazione sanitaria in un’eta’ giovanile indubbiamente le nuove generazioni saranno pronte a fare programmi di screening e prevenzione”. La situazione, pero’, pare stia oggi migliorando… “È da 40 anni che mi interesso di senologia- racconta ancora Petrella alla Dire- e sto notando che le giovani donne vengono fortunatamente di piu’ a farsi controllare. Sta quindi migliorando moltissimo l’approccio: mentre un tempo le ragazze non si facevano visitare, cosi’ come quelle piu’ adulte per una questione di pudore, oggi invece soprattutto le piu’ giovani sono propense a farsi visitare perche’ giustamente vogliono stare bene. Per stare bene, dico io, ci vogliono cinque minuti: basta fare una visita dai 20 anni in su e poi, se si avverte qualcosa- conclude- si fanno accertamenti”. (Cds/Dire)