Quello che credevamo di sapere sul mal di schiena è sbagliato. Chi ne soffre sa di avere provato di tutto: massaggi, chiropratica, fisioterapia, agopuntura, balsamo di tigre, fanghi termali, solette correttive, cinture elastiche e materasso più duro, ma niente è servito. Alla fine, rassegnati, ci si arrende agli antinfiammatori, che non risolvono il problema ma almeno consentono di dimenticarlo per un po’. Questo approccio era però fuorviante: l’origine del mal di schiena non è infatti da cercare e da combattere nelle ossa e nei muscoli, ma nel cervello.
Due medici britannici che da 35 anni curano persone affette da lombalgia, David Rogers e Grahame Brown, hanno pubblicato per Vermilion «Back to life» (Ritorno alla vita), un libro che raccoglie la loro esperienza e i risultati dei più recenti studi su un malanno che affligge, principalmente, tra i 30 e i 50 anni, il 12% dell’umanità. La loro tesi è rivoluzionaria: è assolutamente inutile spendere tanti soldi in fisioterapia, manipolazioni, risonanze magnetiche o chirurgia.
Il mal di schiena non è, come si crede, dovuto a incidenti o traumi subiti dalla colonna o dai dischi vertebrali, non lo si può individuare in una radiografia o una risonanza magnetica. È invece la conseguenza di cambiamenti avvenuti nel collegamento tra il cervello e il sistema nervoso: bisogna dunque curarlo con una terapia che i due medici hanno definito «biopsicosociale», e che sembra funzionare meglio di tutte le altre.
Secondo un vecchio modo di dire, ogni problema che affligge una persona finisce nella sua schiena: anche in questo caso le credenze popolari sono le più vicine alla verità. È lo stress a scatenare l’irrigidimento di nervi e muscoli e a creare un corto circuito nella comunicazione con il cervello che si manifesta con una progressiva rigidità della zona lombare. Questa rigidità rende più difficili i movimenti e si rafforza nella sedentarietà che lei stessa determina: tendini e muscoli si accorciano, fino a generare il dolore che nel corpo umano è sempre un segnale di allarme.
Questo groviglio di nervi e muscoli, secondo Rogers e Brown, che lavorano al Royal Orthopaedic Hospital di Birmingham, può però essere sciolto con un approccio biologico, psicologico e sociale. Bisogna ripristinare i collegamenti tra cervello e corpo, riacquistare fiducia in se stessi, imparare a non dare importanza a quello che gli altri pensano della nostra misera condizione. E bisogna farlo per piccoli passi, con quella tecnica del «marginal gain solution» inventata da Sir David Brailsford, l’allenatore della squadra di ciclismo britannica che ha ottenuto enormi risultati con piccole, progressive modifiche negli allenamenti. Le sue teorie ora sono applicate nel business e nelle organizzazioni aziendali e potrebbero quindi essere efficaci pure contro il mal di schiena.
La prima cosa da fare è ridurre le occasioni di stress o almeno impedire che abbiano conseguenze sul corpo. Rogers e Brown suggeriscono di imparare a respirare. Quasi più nessuno respira a pieni polmoni e siamo in perenne debito di ossigeno. Il modo migliore per attenuare ogni tensione è inspirare a fondo e a lungo, contando almeno fino a sette, ed espirare più lentamente, contando fino a 11. Ci sono poi alcuni piccoli esercizi,che, se effettuati ogni giorno, consentono di ridurre la rigidità della zona lombare e di riattivare in modo più efficiente i collegamenti tra cervello e sistema nervoso. Bisogna però crederci e farne uno stile di vita. O tenersi le solette, la fascia elastica e il balsamo di tigre, insieme con il mal di schiena.
FONTE LA STAMPA