Dalle sale operatorie del Regina Elena interventi in diretta di chirurgia robotica. Oggi e domani 32 esperti chirurghi urologi e oncologi medici da tutto il mondo sono riuniti a Roma, presso il Centro Congressi Multimediale dell’Istituto nazionale tumori, per confrontarsi su preservazione di organi, funzionalità’ e standardizzazione delle procedure collaudate nei centri di riferimento.
Il meeting, dal titolo ”Cutting-Edge Robotic Urology & Medical Oncology”, coinvolge in sala operatoria Inderbir Gill, Mihir Desai e Monish Aron della University of Southern California e Mark Emberton della University College di Londra, con i quali e’ da anni attiva una collaborazione per l’introduzione di procedure chirurgiche robotiche nella pratica clinica e la loro standardizzazione. “L’incontro- spiega Michele Gallucci, direttore dell’Urologia al Regina Elena- prevede interventi di chirurgia robotica organizzati insieme al mio staff e ai colleghi Inderbir Gill, Mihir Desai e Monish Aron della University of Southern California. Un team di eccezione, questo, con cui collaboriamo ormai da anni e oggi ci ritroviamo a Roma, per la terza volta insieme, per tirare le somme di tre anni di intenso lavoro sulle procedure chirurgiche robotiche”. Dalle sale operatorie del Regina Elena, prosegue Marta Branca, commissario straordinario Ifo, si fa scuola su interventi di grande complessita’ e con approccio completamente ”intracoporeo”. L’urologia e’ stata la prima- sottolinea- ma ora tutte le specialita’ chirurgiche degli istituti utilizzano il robot. Posso quindi tranquillamente affermare che il futuro della chirurgia e’ qui”.
Ma fin dove puo’ arrivare la chirurgia robotica?
Al Regina Elena di Roma si eseguono “circa 400 interventi l’anno di chirurgia uro-oncologica- fanno sapere dall’Istituto- di cui 10 per l’asportazione totale del rene con trombectomia cavale, e cioe’ rimozione del trombo occludente la vena cava. L’intervento e’ il gold standard in caso di cancro del rene che coinvolga la vena renale causando una trombosi neoplastica”. L’operazione e’ stata standardizzata e viene eseguita di routine con tecnica robotica in soli tre centri al mondo: all”Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, alla University of Southern California e al Pla General Hospital di Pechino.
Per la definizione dell’iter terapeutico del tumore della prostata, dunque, la stretta collaborazione tra chirurghi, radioterapisti e oncologi medici e’ ormai un ”must”. “Il miglior trattamento- spiegano ancora dall’Istituto- ha portato i tassi di sopravvivenza per queste neoplasie all’80-90% a 10 anni dalla diagnosi, rendendo sempre piu’ importante l’attenzione agli aspetti relativi alla qualita’ di vita del paziente. E al ripresentarsi della malattia a livello locale la chirurgia robotica di salvataggio e’ un trattamento emergente e di avanguardia, un approccio, mini-invasivo e in alcuni casi risolutivo, che sta rapidamente guadagnando popolarita’ e consenso nella comunita’ scientifica e presso i pazienti. Allo stesso modo, quando il paziente colpito da tumore prostatico presenta una ripresa della malattia, ricorrere all’asportazione dei linfonodi pelvici (linfoadenectomia pelvica e retro peritoneale di salvataggio) offre “una maggiore possibilita’ di guarigione o comunque un piu’ duraturo controllo della malattia. La possibilita’ di eseguire questo intervento con il robot- concludono gli esperti del Regina Elena- ha notevolmente ridotto la morbidita” di questa chirurgia”. (Cds/Dire)