I pazienti sono seguiti dai medici di famiglia, ma come devono curarsi lo decidono altri dottori o infermieri. Ovvero, il medico di base sarebbe espropriato del suo lavoro e ridotto a semplice “amanuense trascrittore” di ricette e “occasionale consulente”.
La protesta arriva da Fabio Vespa, segretario della Fimmg di Bologna, la Federazione dei medici di famiglia, che attacca a testa bassa il progetto delle Case della Salute e l’Azienda sanitaria locale. “All’Ausl di Bologna in questi giorni ne hanno inventata un’altra- segnala Vespa sul sito della Fimmg- le molteplici attivita’ della nostra professione sono ipotizzate come programmate e coordinate da infermieri e da colleghi dell’organizzazione aziendale”.
In altre parole, “ci stanno chiedendo di compilare richieste per gli accertamenti previsti e con i quali i nostri assistiti dovrebbero aprire il loro percorso infermieristico nella Casa della salute”. Insomma, i medici di famiglia dovrebbero prescrivere cio’ che altri dottori o infermieri hanno deciso.
“Nulla di concordato, nessun coinvolgimento, nessun percorso condiviso”, lamenta Vespa. Oltretutto, i medici di base dovrebbero compilare la famosa ricetta rossa che, a maggior ragione dopo il decreto Lorenzin sull’appropriatezza delle prescrizioni, comporta “qualche rischio” di incorrere in sanzioni. Ma cio’ che fa arrabbiare i medici di famiglia e’ l’idea di essere scavalcati, privati del loro lavoro.
Il problema e’ che “per mezzo di molteplici percorsi infermieristici, di call center e reception si ritiene di poter definire e protocollare ogni bisogno espresso dal cittadino”.
E cosi’ finisce che “le molteplici attivita’ della nostra professione sono ipotizzate come programmate e coordinate da infermieri e da colleghi dell”organizzazione aziendale”, insiste Vespa.
In questo modo, si va a “relegare il rapporto fiduciario e di libera scelta ai margini del sistema, riducendone le funzioni e togliendo al medico progressivamente il legame con l’assistito. Cio’ che sicuramente resterebbe, per un po’, sarebbe il ruolo di amanuense trascrittore e di occasionale consulente”. Il segretario Fimmg precisa che i medici di base non hanno nulla contro “nuovi spazi, laddove necessari, dove i pazienti possano trovare punti di riferimento organizzativi relativi ai loro bisogni sociali e di salute”. Cio’ che non va bene e’ la pretesa “collaborazione nel compilar richieste”. I medici di base dunque non si tirano fuori dalla “prospettiva di una gestione integrata dell”assistenza territoriale”, ma avvertono fin d’ora che non accettano di essere esclusi dalle decisioni sui pazienti, ne’ “potremo rinunciare alla discrezionalita’ e alla responsabilita’ che la legge affida, in campo diagnostico e terapeutico, al medico e solo al medico”.
Per proteste eclatanti pero’ e” ancora presto. Per il momento, spiega Vespa, “mentre le Aziende sanitarie e la Regione rifiutano ogni confronto, non possiamo far altro che restare in attesa dei chiarimenti che sicuramente ci verranno dal tavolo per il rinnovo dell”accordo collettivo nazionale e dai tavoli di concertazione che in seguito si dovranno necessariamente aprire”.
Nel frattempo, conclude Vespa, “penso che spetti ai singoli colleghi la scelta di come e se collaborare a confusi e non concordati progetti volti alla progressiva rottamazione della medicina di famiglia”.
Fonte Agenzia DIRE
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