Essere genitori regala la consapevolezza di aver dato la vita a un esserino che pur crescendo sarà per sempre il nostro bambino, a prescindere da quanti anni abbia.
Amerete quel figlio più di qualsiasi cosa al mondo.
Perdere qualcuno fa male, un dolore pesante, il cuore sembra esplodere per il male. Ci manca persino il fiato.
Ci si addormenta piangendo, fra singhiozzi e lacrime che anche nel silenzio della notte continuano a scivolare via dai nostri occhi.
Si arriva a un punto in cui si perde il conto delle lacrime versate, non ci si capacita di quanto dolore possa tracimare dai nostri occhi, abbracciati a un cuscino o abbracciati a chi ci ama e condivide con noi quel dolore.
I miei nonni dicevano sempre che un genitore non dovrebbe mai sopravvivere a un figlio, perché è uno di quei dolori che ti porterai avanti finché vivrai.
Per esperienza posso dire che anche gli altri dolori ci accompagneranno sempre, restando accovacciati in una nicchia del nostro cuore.
Oggi ho letto un post su un social, un amico salutava la figlia, poche semplici parole, concise, concluse con: “questa è un’ingiustizia”.
In quelle poche parole traspariva la compostezza e al tempo stesso il dolore inmenso di un papà.
Ed è vero.
Innegabile.
Perdere un figlio a qualsiasi età è un’ingiustizia.
Perdere qualcuno che si ama è un’ingiustizia.
Tenere un figlio fra le braccia, vederlo crescere e perderlo è un’ingiustizia.
Ed è per questo forse che i reparti pediatrici sono colorati, hanno arcobaleni disegnati, sono pieni di giochi, hanno momenti in cui trovate anche i clown a strappare un sorriso.
Perché anche nella malattia i bambini e i ragazzi sanno trovare un momento dove mostrarci i loro sorrisi.
Io non lo so come si torna a casa da quei reparti.
Da sanitari.
Da genitori.
Da pazienti.
Non lo so quanto possa far male perdere nella lotta quando ci si impegna con tutta l’anima a farli guarire, a curarli o ad accompagnarli nel migliore dei modi.
Non lo so quante notti insonni hanno vissuto i genitori.
Quanti abbracci nascosti hanno visto i corridoi.
Quante preghiere sono state fatte in questi reparti più che nelle chiese.
Quello che so è che quando perdiamo qualcuno non passa il dolore, impariamo semplicemente a conviverci, impariamo ad avere cura di quella cicatrice che in alcuni momenti si farà sentire di più.
Perché ci sono persone che sono entrate nei nostri cuori come uragani e in punta di piedi, con la delicatezza delle farfalle ne sono uscite lasciandoci senza respiro.
E allora credo che ci sia un posto bellissimo dove vivono queste anime belle che hanno lasciato la mamma e il papà, ed è un posto dove le caramelle non fanno venire le carie, dove l’arcobaleno c’è sempre col sole, dove si ride e si corre, dove si possono lanciare le palle di neve anche ad agosto, dove si fa colazione con la cioccolata in tazza e i wafer, dove le stelle servono per vedere meglio la sera leggendo le favole, dove le nuvole sono di panna montata e zucchero filato
In questo posto vivranno per sempre le anime belle.
Sopravvivere.
Questo è quello che i miei nonni mi dicevano parlando di chi perde un figlio: si sopravvive ma il cuore è come se perdesse un battito perché quel battito andrà sempre al pensiero di chi abbiamo perso.
“Quando muore qualcuno agli altri spetta vivere anche per lui” (Alessandro Baricco)
“Nessuno muore senza lasciare traccia. La vita di ognuno tocca qualcuno nel bene o nel male” (Tami Hoag)
- di Laura Berti