Non so esattamente quando mi sono innamorata del mio lavoro, penso che non ci sia una data precisa, semplicemente ho capito che “da grande voglio fare l’infermiera”.
Mio nonno Filippo era infermiere nella Marina Militare Italiana, ha lavorato come infermiere durante la seconda guerra mondiale nei sommergibili, mi raccontava delle siringhe in vetro che si sterilizzavano facendole bollire nell’acqua.
Forse un po’ è stato lui ad ammaliarmi con gli aneddoti del suo lavoro.
Purtroppo se n’è andato che ero ancora piccola, ma mi piace pensare se fosse stato vivo per vedermi magari sarebbe stato orgoglioso di me perché facendo questo lavoro ho imparato tanto, ho imparato a osservare.
Nel nostro lavoro vediamo le persone attraverso gli occhi della vita.
Le vediamo nascere, venire a visite di screening, le vediamo affrontare le malattie e, purtroppo, le vediamo anche morire.
Spesso mi chiedono “come fai a fare questo lavoro?” e la risposta che do sempre è “perché mi piace”.
Ed è vero, mi piace fare l’infermiera, ma probabilmente dovrei dire che mi piace essere infermiera.
Quello che dico sempre però è che a me piace fare il mio lavoro perché lavoro in un contesto di area critica, dove riesco a gestire le mie emozioni anche nei contesti più critici; ciò non toglie che ci sono persone che mi sono rimaste nel cuore, non esula il fatto di aver pianto per alcuni pazienti e con dei parenti che mi hanno abbracciata diaperati nel momento del lutto.
Così come io provo a dare il meglio nel mio contesto lavorativo so che in altri reparti non potrei rendere altrettanto.
Ho diversi amici che lavorano in contesti dove a me si crepa il cuore solo ad andarli a trovare.
Ho un amico e collega che lavora in Hospice Pediatrico ad esempio ed è il mio eroe perché a me vengono le lacrime agli occhi solo a pensare di varcare quelle porte come professionista.
Ho una amica carissima che lavora in sala operatoria cardiochirurgica dove io non saprei nemmeno dove girarmi.
Ho amici che lavorano in ambulanza, estate e inverno, freddo e caldo torrido, fanno interventi in autostrada, in strade buie, su per i cucuzzoli dei monti, altri che fanno i trasporti fra ospedali.
Ho amici che lavorano negli ambulatori, nelle case della salute, nei poliambulatori, nelle case della salute, etc.
Questo perché la nostra professione abbraccia a 360º la vita.
Ed è questo che, a mio avviso, rende bello questo lavoro: la varietá.
Spesso mi capita di sentir dire che ci sono colleghi che non sono adatti a lavorare in un determinato reparto, ed è vero, ma dico anche per fortuna. Perché bisognerebbe trovare sempre il proprio “angolo di paradiso”. Bisognerebbe trovare il proprio punto di equilibrio.
Perché come ci sono professionisti straordinari nelle aree critiche (PS, MEU, TIN, S.O., UTIC, RIA, TERIN, 118, etc) ci sono altrettanti professionisti straordinari in tutti gli altri settori (MEDICINE, CHIRURGIE, AMBULATORI, CSM, etc) che amano appassionatamente il proprio lavoro, che danno il meglio di se proprio in quei contesti lavorativi.
Abbiamo dimostrato di saper lavorare anche quando tutti avevano paura di ammalarsi.
Abbiamo dimostrato di riuscire ad essere professionisti che si prendono cura delle persone con la paura di ammalarci e far ammalare i nostri cari.
Lavoriamo in campi di guerra.
Lavoriamo in mezzo al mare, su piattaforme petrolifere o appesi al verricello di un elicottero su un monte.
Lavoriamo tenendo le mani di chi è spaventato, di chi muore, di chi cerca la nostra mano da tenere mentre attende un referto.
Diamo medicine e medichiamo ferite ma elargiamo sorrisi, regaliamo abbracci, strappiamo sorrisi, ascoltiamo le paure, consoliamo o gioiamo con voi.
Oggi 12 maggio è la giornata internazionale dell’infermiere e io vorrei dire grazie a tutti i colleghi che amano questo lavoro.
Essere Infermiere dà la capacità di ammirare la vita e rispettare la morte; ma regala anche tante letture ed esperienze grazie alle persone a cui lasceremo il tocco della nostra presenza.
Laura Berti