Bologna, 23 luglio 2021 – La campagna vaccinale anti-Covid era agli albori quando l’infermiera Erika Pozzato, del reparto di Medicina d’urgenza del Maggiore, veniva bersagliata di insulti e minacce sui social dai no vax, per aver raccontato con gioia la sua esperienza da vaccinata. Sono passati sette mesi, il 99,9 per cento dei lavoratori della sanità bolognese ha già completato il ciclo di profilassi, buona parte dei cittadini anche. Ma i tempi dell’odio no vax sono gli stessi. La denuncia, che arriva dalla Fnopi (Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche) riguarda questa volta minacce di morte arrivate via Whatsapp ad alcuni presidenti degli ordini. A inviarli, non comuni cittadini in preda a deliri da fake news e complottismi, ma altri infermieri. Quello 0,5% del totale che non vuole vaccinarsi e che, di conseguenza, è stato sospeso.
“A Bologna, su 8mila infermieri, solo 18 non hanno voluto vaccinarsi, in regione in totale una cinquantina – spiega il presidente provinciale dell’ordine Pietro Giurdanella –. Noi non abbiamo ricevuto – per il momento – nessuna minaccia, ma ho espresso solidarietà ai colleghi finiti nel mirino. Deve essere chiaro, in merito alle sospensioni, che gli infermieri fondano il proprio lavoro sulla scienza. E la scienza oggi dice che il vaccino protegge. Io chiedo coerenza, quindi, a questi colleghi. Non vengono sospesi per un dispetto: rispettando la norma si tutela la salute collettiva”.
“Ho vissuto sulla mia pelle l’odio social no vax – racconta l’infermiera –. Allo stesso tempo, però, ho potuto apprezzare la solidarietà di chi, il giorno dopo gli attacchi, si è subito mosso a mio favore. E sono state tante, tante persone”.
Gli insulti all’infermiera trentaquattrenne erano veicolati dai social e arrivavano da cittadini no vax. “Purtroppo ci sono tanta ignoranza e disinformazione – racconta la professionista –. Ci si fa condizionare da notizie false lette sui social, da teorie del complotto che girano sul web, invece di ascoltare chi fa ricerca sul campo, la verità scientifica”. Nel suo reparto del Maggiore, però, tra i colleghi con cui lavora ogni giorno gomito a gomito e con cui, nell’ultimo anno e mezzo, ha combattuto la battaglia contro la pandemia in prima linea, “non c’è traccia di no vax. Noi siamo tutti vaccinati e coesi. E non vaccinati per paura della sospensione, ma perché siamo da subito stati favorevoli e convinti dell’importanza della profilassi. Vaccinarsi è l’unico modo per poter tornare alla normalità, alla vita di prima. Ed è fondamentale che la gente lo capisca”.
La maggior parte dei cittadini, stando all’esperienza sul campo di Erika, lo ha compreso: “A lavoro, personalmente, non ho mai parlato con pazienti contrari al vaccino. Ho trovato persone preoccupate, al contrario semmai, di non riuscire a fare la seconda dose, questo sì”.
E a giocare un ruolo in qualche modo controverso, in ambito di profilassi, al di là della falsa informazione, sono stati anche i ‘valzer’ nazionali sul vaccino Astra Zeneca: “La confusione non aiuta, spaventa. Perché ci sono due tipi di no vax: quelli iperconvinti di avere la ‘verità’ e le persone che si basano sul sentito dire, che dicono ‘aspetto a farlo, perché ancora non mi fido’. Bisogna far capire a queste persone che il vaccino è sicuro. Ed è l’unica strada verso il ritorno alla normalità”.