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Terapia intensiva. Le emozioni in un angolo di mondo

Terapia intensiva. Le emozioni in un angolo di mondo

Terapia intensiva. Le emozioni in un angolo di mondo
| domenica 24 Febbraio 2019

Lavorare in una terapia intensiva è “intenso“, vivi a mille, vivi con l’adrenalina in circolo in tantissime occasioni, fra urgenze, pazienti che arrivano dalla sala operatoria, situazioni che si aggravano da un momento all’altro.

Poi quando la situazione si calma si lavora sempre comunque con la consapevolezza che la soglia di attenzione rimarrà un po’ più alta del “normale” perchè, volenti o nolenti, il nostro è un reparto dove le urgenze sono sempre dietro l’angolo.

Ma è anche un reparto dove vedi un angolo di mondo che non a tutti è dato vedere.

Vedi una mamma di 80 anni che fa il massaggio al piede al figlio 50enne perchè lei gli vede i piedi gonfi “così, sa, sta un po’ meglio” poi quando va via ti saluta raccomandandosi che tu gli tratti bene il suo “bambino”, perchè non importa che tu abbia due giorni di vita o 80 anni, per loro resti sempre un bimbo e dopotutto la mamma è sempre la mamma.

La mamma è quella persona che ti tiene in braccio da quando nasci a quando ti lascia lei ma anche dopo resta sempre la mamma.

E’ quella persona che sa di buono, che tiene un fagottino di poche centinaia di grammi in braccio in una terapia intensiva neonatale, tenendoti come si tiene un uccellino appena uscito dal guscio, con la paura di romperti mentre noi infermieri le spieghiamo come prenderti, come sistemarti, tenendo tubi e flebo in modo che non si stacchino.

E’ quella persona che quando stai male e ti devono tenere in osservazione in PS o in un reparto di pediatria sta lì e non molla di un centimetro la tua mano; dorme su una sedia anche a costo di fare i conti con il mal di schiena o le gambe addormentate; ti tiene la mano mentre ti mettiamo una flebo o ti facciamo un prelievo osservando ogni nostra mossa perchè tu sei sempre il suo bambino e guai a farti piangere.

E’ quella persona che vediamo nei corridoi degli ospedali, nei reparti di oncologia, arrivare trafelata, asciugarsi le lacrime poco prima di entrare nella tua camera facendo finta di non aver pianto mentre ti porta la tua coperta preferita.

E’ quella persona che quando ti fai male a scuola uscirebbe anche in accappatoio da casa pur di teletrasportarsi da te a vedere che sia ancora tutto intero.

E’ quella persona che quando le dici che sei incinta urla di gioia e ti dà consigli, ti tiene la mano mentre hai le doglie e sta fuori dalla porta mentre dai alla luce il tuo fagottino tamburellando col piede sul pavimento mentre aspetta che qualcuno le dica finalmente “sei diventata nonna!!”.

E’ quella persona che ti terrà sempre la mano ogni volta che varcherai una soglia di ospedale.

Poi dall’altra parte ci sono i figli, che vengono a trovare la mamma o il papà, o i nipoti che vengono a trovare il loro parente.

Che ti fanno sorridere raccontandoti tanti aneddoti di quando eravate giovani.

Pazienti che ci raccontano di quando hanno conosciuto la moglie o il marito, di come si chiamano i figli e i nipoti, quando gli diciamo il nostro nome se per caso ci chiamiamo come il coniuge o il figlio o la figlia si illuminano.

Ma anche i vostri parenti ci raccontano un sacco di cose, dei vostri lavori, delle vostre vite fuori dalla nostra terapia intensiva, di che persone siete, dei viaggi che avete fatto.

Pochi giorni fa un signore, venendo a trovare sua moglie, fra le lacrime ci ha raccontato di quanto sia stata una gran donna “con pochi grilli nella testa”, di quelle donne nate per essere donne e mamme, ci ha fatte commuovere tutte con poche semplici parole “vedete, i giovani di adesso per qualsiasi sciocchezza si lasciano, io darei tutto l’oro del mondo per poter riportarmela a casa”, noi da donne in primis e da infermiere poi abbiamo avuto la lacrima che ha rigato la guancia, perchè come fai a non aver voglia di abbracciare un uomo che ama così tanto la tua paziente?

Vediamo un mondo di relazioni umane dentro gli ospedali, vediamo persone che ti dicono che hanno voglia di vedere i loro nipotini, nonnini che si mettono a piangere quando vengono a trovarli i figli.

Una delle cose che mi ha fatto più piacere negli ultimi tempi è stata una paziente con cui ho cercato di sdrammatizzare la paura dell’intervento a cui doveva sottoporsi, a metà pomeriggio parlando di nomi e di cantanti mi ha iniziato a cantare “dite a Laura che l’amo” come se fosse una serenata, è stato un momento di risate mentre mi chiedeva scusa per l’intonazione e io le rispondevo che non me le canta mai nessuno le canzoni quindi poteva cantare finchè voleva.

E’ strano a volte vedere quanto amore c’è in pochi metri quadri in un contesto di terapia intensiva ma è altrettanto emozionante quando vedi due persone che si danno un bacio, una mamma che ti prende sotto braccio e si raccomanda che tu gli tratti bene il suo bambino, una moglie che ti bisbiglia all’orecchio “ma se domattina vi porto le paste per fare colazione vi offendete?” quando in realtà è uno dei regali più apprezzati, quando un marito o una moglie ti chiedono “posso dargli un altro bacio prima di uscire?” come se ci fosse un limite ai baci da dare ai nostri pazienti.

E’ bello poter avere questa finestra su un mondo di emozioni che non a tutti è dato vedere e forse nemmeno voi lo notate che vediamo le vostre emozioni e ci prendiamo ancora più a cuore i nostri pazienti proprio per l’immenso valore affettivo che rappresentano per voi.

Vi accompagniamo al loro letto, vi incoraggiamo a toccarli quando avete paura, vi raccontiamo delle macchine che vedete e degli allarmi che sentite, rispondiamo a tutte le vostre domande, anche le più ovvie (che per voi in realtà non lo sono), perché siamo abituati a sentirci chiedere tante cose da chi non vive questa realtà quotidianamente come noi, vi prendiamo a braccetto e vi lasciamo sfogare, vi portiamo un bicchiere di acqua e i fazzoletti quando vi vediamo in lacrime.

C’è un mondo di emozioni dietro a qualunque letto di ospedale e le vostre emozioni sono parte del nostro mondo.

Vediamo anche la vostra rabbia, le vostre delusioni, che spesso riversate su di noi perché siamo i primi interlocutori con cui vi approcciate, siamo spesso ultimamente una valvola di sfogo per molte frustrazioni quando qualcosa non va o si ha la sensazione che doveva andare diversamene pur non conoscendo il sistema.

Ma non siamo insensibili alle vostre emozioni, anzi, le vediamo e spesso ci facciamo i conti anche quanto finiamo il turno.

Potrei raccontarvi tantissime storie di persone che mi sono rimaste nel cuore, ma non scriverei più un articolo ma un libro intero su storie di emozioni che ho visto in una terapia intensiva.

Per quanto a volte possa anche riuscire difficile perché la vita non è sempre rose e fiori, non pensiate che non vediamo i vostri dolori e le vostre gioie, perché anche noi una volta tolta la divisa torniamo ad essere madri, padri, figli che hanno qualcuno a cui voler bene proprio come voi.

di Laura Berti

©Riproduzione Riservata

 

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