Al Sant’Orsola, l’equipe di Chirurgia generale e dei trapianti, diretta dal professor Matteo Cescon ha trapiantato un fegato che era stato rifiutato e ora funziona bene nel corpo del trapiantato.
Matteo Ravaioli, responsabile del progetto della perfusione di fegato e rene del Policlinico, spiega che la storia è iniziata quando un centro dell’Abruzzo ha segnalato di avere un fegato di un donatore e da un altro ospedale sono andati sul posto gli specialisti per prelevare l’organo. Ma per quei colleghi quel fegato era ritenuto a rischio e così è stato offerto di nuovo: questa volta è arrivato a Bologna ed è stato trapiantato con successo.
Il fegato è arrivato impacchettato nel ghiaccio e subito è stato sottoposto a una nuova procedura. La procedura prevede che oltre alla perfusione di liquidi, vi sia anche l’ossigenazione a bassa temperatura: si chiama, infatti, perfusione ipotermica ossigenata. Così facendo, l’organo ha anche una bassa attività metabolica. È come se si mettesse in ricarica un cellulare spento, quando si riaccende, riprende l’attività. Con questa metodica, continua Ravaioli, abbiamo già una notevole esperienza, inoltre, abbiamo anche messo a punto uno dei macchinari che utilizziamo.
Il trapiato è durato sette ore, il professor Cescon ha coordinato tutto e Ravaioli ha eseguito l’intervento. In sala operatoria vi erano altri quattro chirurghi, gli infermieri e gli specializzandi, parte attiva nella fase di preparazione. L’organo ha ripreso a lavorare subito e quindi il recupero è stato veloce. Il paziente è uscito dall’ospedale dopo due settimane senza alcun problema.
Questa tecnica della perfusione, è il futuro della trapiantologia, visto che riduce i possibili danni sugli organi nella fase che va dalla donazione al trapianto conclude Ravaioli.
Di Carlotta Pasquali
Fonte Il Resto del Carlino