Un team di ricercatori tutto italiano ha sferrato un «doppio» attacco ad un tumore doppiamente aggressivo e spera così di arrivare presto ad un trattamento efficace per i linfomi a cellule B detti, appunto, «double-hit», una delle forme di linfoma più aggressive e potenzialmente letali.
La sinergia fra due farmaci già approvati separatamente per diverse patologie, sono l’antibiotico Tigecycline e l’inibitore della proteina BCL2, Venetoclax, è stata analizzata in uno studio appena apparso sulla rivista Science Translational Medicine, e ne emerge una notevole efficacia antitumorale: negli animali, cavie di laboratorio, trapiantati con cellule di linfomi «double-hit» umano, si è osservato un arresto della progressione tumorale e, in alcuni casi, la piena eliminazione della malattia.
«L’idea di associare i due farmaci per trovare una cura per i linfomi double-hit nasce dai nostri studi decennali sulle diverse funzioni del gene MYC, fondamentale nell’origine e nello sviluppo di diversi tipi di tumore» spiega il responsabile dello studio, Bruno Amati, Direttore di Divisione al Dipartimento di Oncologia Sperimentale dello IEO e titolare di un Investigator Grant AIRC.
«Il termine “double-hit” deriva dal fatto che in questa grave forma di linfoma sono attivati ben due oncogeni, MYC e BCL2. In un precedente lavoro abbiamo scoperto che l’attivazione di MYC sensibilizza le cellule tumorali al trattamento con antibiotici, che in queste condizioni favorisce l’apoptosi, cioè il suicidio delle cellule cancerose. Ma se anche BCL2 è attivo, per via della sua capacità di bloccare l’apoptosi, protegge le cellule da questo effetto e quindi frena la morte delle cellule tumorali neutralizzando l’azione dell’antibiotico».
I ricercatori hanno quindi ipotizzato che, inibendo BCL2 mentre MYC è attivato, l’antibiotico dovrebbe essere in grado di fare la sua parte: «Ecco dunque l’idea di combinare l’azione di Tigecycline e Venetoclax, e i risultati che ci hanno dato ragione: l’apoptosi si è riattivata nelle cellule tumorali e il tumore è regredito».
Quanto alla traducibilità in clinica di questi risultati, gli autori non credono ci vorrà molto tempo, trattandosi di farmaci già in uso. «Stiamo già collaborando con il nostro Programma di Emato-oncologia» puntualizza Amati «allo scopo di iniziare entro l’anno una sperimentazione clinica di fase uno in pazienti con linfoma di sottotipo double-hit».
Fonte La Stampa