Una colonna di fumo nera visibile a decine di chilometri, un’esplosione mai sentita, una telefonata che ti mette in moto.
La scena è surreale, le foto si diffondono e i video che girano sulla rete sembrano da film. Quasi da non crederci, ma purtroppo è vero.
Tutta Bologna capisce cosa sta succedendo e si mobilita, si mette in moto per aiutare, per cooperare, ognuno a modo suo, ognuno come può; esce, a pochi giorni dalla commemorazione del 2 agosto, quella solidarietà e quella presenza civica che ha fatto della nostra città un esempio, un modello, una fortezza.
E oggi se ne vedono veramente di tutti i colori: ho visto il terrore negli occhi della gente, la disperazione di chi non trovava un suo caro, la riconoscenza verso i soccorritori. Ho visto poliziotti e carabinieri preoccupati per i propri colleghi, ho visto elettricisti fare da parcheggiatori delle ambulanze, ho visto portantini attempati accompagnare feriti zoppicanti.
Ho visto infermieri in borghese con lo zaino in spalla e un camice usa e getta come protezione, appena smontati e magari appena usciti dalla mensa, medicare le ustioni dei feriti che arrivavano; ho visto tanti feriti arrivare, ma proprio tanti, a piedi e in ambulanza, doloranti e con i vestiti spesso sbrindellati, tagliati per scoprire le ustioni; ho visto stranieri che chiedevano aiuto nella loro lingua.
Ho visto il vero significato della resilienza; ho visto infermieri e medici della sala operatoria lavorare all’unisono quasi come fossero sul letto operatorio, vestiti tutti di blu come tanti puffi; ho visto chirurghi vascolari che bendavano i feriti e davano consulenze sulle medicazioni; ho visto infermieri e oss del pronto soccorso, padroni della loro casa, accogliere gli ospiti con responsabilità e organizzazione; ho visto scatoloni di pomate per le ustioni e antidolorifico arrivare immediatamente dalla farmacia; ho visto rianimatori organizzati a trattare i codici gialli e rossi all’interno dell’area dedicata; ho visto colleghi portare con la propria macchina, dal luogo dell’evento, sconosciuti che gridavano dal dolore.
Ho visto carabinieri bendati e medicati con i colleghi a fianco che li supportavano; ho visto i direttori e i responsabili assistenziali in divisa sporcarsi le mani coordinando i soccorsi; ho visto un sacco di gente al telefono prendere accordi per far girare la macchina dei soccorsi; ho visto gente tornare da Cervia nel giorno di riposo per organizzare il rinforzo del turno in pronto soccorso; ho visto la direzione sanitaria e infermieristica organizzare il materiale e il personale per aiutare i soccorritori.
Ho visto infermieri della rianimazione pronti a interrompere un pranzo fuori porta per rientrare in ospedale; ho visto la solidarietà e la disponibilità di autisti e infermieri a casa di riposo pronti a fare qualcosa; ho visto coordinatori rientrare dalle ferie per supportare il proprio personale in un pronto soccorso periferico; ho visto una centrale operativa del 118 veramente operativa, pronta a rispondere a centinaia di telefonate e inviare una trentina tra ambulanze e auto mediche sul luogo dell’evento, senza mai andare in crisi e pronta a quest’ennesimo stress test; ho visto ogni reparto prepararsi ad accogliere il peggio.
Ho visto un vassoio di caffè portato ai colleghi del pronto soccorso a emergenza conclusa; ho visto primari chirurghi e oculisti affacciarsi in pronto soccorso a disposizione per operare; ho visto portantini e personale addetto alle pulizie numerosi e operativi nella zona calda del pronto soccorso; ho visto una grande sinergia tra servizi, come non mai; ho visto elicotteri di Parma e Ravenna venire a prendere pazienti per i centri grandi ustionati; ho visto tanto altro che tanto non mi scorderò.
Ho visto una città scossa, tanta solidarietà, tanta paura ma anche tanta voglia di reagire.
M.B.