La prima cosa che si perde è la capacità visiva: tutto diventa sfocato, ombrato e non chiaramente distinguibile. Ma il glaucoma ruba a chi ne soffre anche altro, a partire dall’autonomia. Chi ne soffre ha infatti un rischio maggiore sia di cadere quando si muove dentro casa sia di fare incidenti stradali quando guida.
Come vede chi soffre di glaucoma
In chi soffre di glaucoma, si ha una perdita graduale del campo visivo fino alla visione tubulare. Risultato? Come guardare attraverso un foglio di carta arrotolato. Il paziente vede bene, soltanto attraverso una piccola porzione, per cui è incapace di orientarsi, per esempio di attraversare la strada.
«Il glaucoma è una malattia che interessa il tre per cento della popolazione con più di quarant’anni – dichiara Giorgio Marchini, direttore della clinica Oculistica dell’azienda ospedaliero-universitaria di Verona. Viene chiamato il ladro silenzioso della vista, poiché non dà sintomi e può portare alla cecità se non scoperto e non curato. La causa è principalmente legata all’aumento della pressione intraoculare, che danneggia progressivamente il nervo ottico e il campo visivo. Nella sua genesi tuttavia giocano un ruolo anche fattori neurodegenerativi e vascolari».
L’impatto sulla qualità della vita
Finora si è sempre pensato che il glaucoma creasse meno limitazioni nella vita quotidiana poiché preserva la capacità visiva centrale peggiorando solo quella periferica. Ma in realtà, non è così. «All’inizio il campo visivo viene danneggiato nella sua porzione periferica, per cui il paziente percepisce di meno il problema perché riesce a vedere bene ciò che ha di fronte – puntualizza Carlo Nucci, direttore dell’unità operativa complessa di oculistica al Universitario di Roma Tor Vergata -. Man mano che il glaucoma progredisce la percezione dello spazio intorno a sé diminuisce e nascono delle difficoltà in alcune delle attività quotidiane».
Uno studio condotto nel 2007 in Canada dimostrò che, rispetto a un gruppo di controllo in condizioni mediche generali simili, i pazienti affetti da glaucoma avevano avuto una probabilità tre volte maggiore di cadere negli ultimi 12 mesi.
Stessi dati anche da uno studio condotto in Australia che ha raccolto i dati relativi alle cadute di 71 adulti con glaucoma primario ad angolo aperto. «Il maggior rischio di caduta legato alla riduzione del campo visivo – prosegue Nucci -. Specie quando la malattia interessa la porzione inferiore, la persona ha maggiori difficoltà a vedere le buche per strada, i gradini, le scale ed è più facile cadere oppure urtare contro qualcosa. Inoltre, si è visto che il problema è dovuto anche ad un’alterazione dell’equilibrio».
Gli incidenti stradali
Il glaucoma può avere un impatto anche sulla capacità di guidare. Alcuni studi, infatti, dimostrano che nei pazienti affetti da questa patologia oculare limita la visione e quindi fa aumentare il rischio di incidenti stradali. In particolare, una ricerca pubblicata nel 216 sulla rivista scientifica «Plos One» ha dimostrato che i pazienti affetti da glaucoma hanno una guida meno sicura e commettono il doppio degli errori rispetto a chi non ha questa malattia.
Gli errori di guida riguardavano il posizionamento nella corsia giusta, la capacità di avvicinamento alle altre automobili e il sorpasso. I ricercatori hanno constatato che questi errori si verificano principalmente ai semafori e agli incroci. «I pazienti con un difetto del campo visivo avanzato presentano maggiori difficoltà alla guida specie per quello che riguarda l’individuazione di ostacoli che compaiono nella periferia del campo visivo perché vedono bene quello che hanno di fronte agli occhi ma possono avere difficoltà a vedere una macchina, una persona o un altro mezzo che improvvisamente sbuca da una via laterale».
L’importanza della prevenzione
Dunque, per non dover subire tutte queste limitazioni, è fondamentale fare prevenzione senza aspettare la terza età. «Negli stadi iniziali della malattia il glaucoma può essere asintomatico, e senza la corretta prevenzione, può essere diagnosticato solo in una fase avanzata del suo decorso, quando ormai sono manifeste importanti e irreversibili perdite del campo visivo», spiega Michele Rinaldi, docente di oftalmologia all’Università Luigi Vanvitelli di Napoli (ex Sun). Ecco perché bisogna iniziare a controllare la vista precocemente: La diagnosi di questa malattia viene fatta misurando la pressione intraoculare, le fibre del nervo ottico e i difetti del campo visivo. È ormai noto che l’aumento della pressione oculare è il principale fattore di rischio per l’insorgenza del glaucoma, ma quello che molte persone ancora non sano è che la malattia si può sviluppare anche in soggetti che hanno una pressione oculare normale.
«L’equazione tra glaucoma e pressione intraoculare elevata non è sempre vera – conferma Michele Figus, oculista dell’azienda ospedaliero- universitaria di Pisa -. Se è vero che la pressione oculare è il fattore di rischio più importante per sviluppare la malattia, non è sempre presente in tutte le forme con cui la stessa malattia può presentarsi tant’è vero che esiste un tipo particolare di glaucoma che si definisce ‘glaucoma a pressione normale».
Il ruolo della neuroprotezione
Ecco perché, anche se la riduzione della pressione oculare rappresenta la prima strategia da seguire per il trattamento del glaucoma, varie ricerche stanno puntando ad altri approcci terapeutici che agiscano sulla cellula ganglionare della retina, i cui assoni formano il nervo ottico. «Il glaucoma è una malattia neurodegenerativa e come tale condivide alcune caratteristiche con altre malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson – prosegue Figus -. Caratteristiche comuni di queste malattie sono la morte per apoptosi di specifiche popolazioni neuronali, la degenerazione transinaptica e la progressività della malattia nel corso del tempo».
La neuroprotezione rappresenta un’opportunità in più per trattare più efficacemente questa malattia. «È ormai chiaro che la riduzione della pressione intraoculare non è sufficiente a prevenire l’insorgenza del glaucoma in tutti i soggetti a rischio e non riesce ad arrestarne la progressione in tutti i soggetti già malati. Sono, quindi, necessarie altre strategie terapeutiche come la neuroprotezione che, affiancate alla riduzione della pressione intraoculare e agendo direttamente sulla cellula neuronale, siano in grado di contrastare la progressiva morte cellulare».
Fonte La Stampa