L’epilessia colpisce 500mila italiani, tra uomini e donne, adulti e bambini. Una malattia caratterizzata da crisi improvvise e con effetti devastanti quando le terapie farmacologiche non sono efficaci. Ma adesso per i malati resistenti ai farmaci tradizionali arrivano nuove speranze di cura.
Alcune sostanze contenute nella cannabis sarebbero in grado di controllare le crisi nei bambini, con risultati promettenti per tutti i pazienti farmacoresistenti: “Il cannabidiolo, come emerge da alcuni studi più recenti, si sta dimostrando efficace in pazienti farmacoresistenti per alcune forme più gravi di epilessia, con una riduzione della frequenza delle crisi di quasi la metà. In futuro, in Italia, potrebbe diventare un’alternativa di cura per decine di migliaia di persone”, spiega Marilena Vecchi, neuroepilettologa del Dipartimento della Salute della donna e del bambino dell’azienda ospedialiera di Padova, responsabile del Centro di riferimento Nazionale Lice per la Diagnosi e Cura dell’Epilessia infantile.
“La terapia farmacologica classica funziona nel 70% dei casi, nel restante 30% i malati vanno indirizzati verso soluzioni alternative, come la chirurgia resettiva e la dieta chetogenica – spiega l’esperta – e risultati promettenti sono stati dimostrati, più recentemente, per il cannabidiolo. Gli studi clinici randomizzati e controllati, condotti negli Stati Uniti e in Europa, hanno iniziato a mostrare e confermare l’azione antiepilettica di questa sostanza, contenuta nella cannabis sativa e già autorizzata in Italia per gravi patologie. I risultati, pubblicati nel 2017 e 2018, hanno evidenziato la sua efficacia nei pazienti con epilessie farmacoresistenti come la sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox Gastaut, due forme di epilessia molto grave associata a disabilità, mostrando oltre che un profilo di sicurezza buono, la riduzione della frequenza delle crisi del 35-40% nel periodo di trattamento rispetto al periodo basale”.
“Gli studi hanno visto per la prima volta l’azione di un farmaco a base di cannabidiolo testato su ampie popolazioni, con pazienti maggiormente rappresentati di età compresa tra i 2 e i 18 anni. Sia nello studio condotto per la sindrome di Dravet che in quello per la sindrome di Lennox Gastaut è stata analizzata la riduzione della frequenza delle crisi nei soggetti trattati con cannabidiolo e in quelli trattati con placebo, e per entrambi gli studi – sottolinea Vecchi – è stata dimostrata una riduzione statisticamente significativa delle crisi più invalidanti, crisi convulsive per i Dravet e crisi di caduta per i Lennox-Gastaut”. Una terapia promettente che non molto tardi potrebbe essere disponibile anche in Italia. “Il farmaco dovrebbe entrare in commercio negli Usa durante l’estate prossima; a quel punto in Italia si potranno avviare le procedure per ottenerne la disponibilità come farmaco orfano. Per la commercializzazione in Europa e in Italia si dovrà attendere, ma – osserva l’esperta – si potrebbe ipotizzare l’immissione nel mercato per il 2019. Ad oggi, inoltre, la sua efficacia è confermata solo per categorie ristrette, pazienti più gravi, con disabilità intellettiva; per estenderne l’utilizzo dovremo aspettare nuovi studi. Non bisogna comunque dimenticare che per ogni paziente farmacoresistente si deve sempre pensare ad un’alternativa che preveda il trattamento chirurgico o la dieta chetogenica”.