Non tutti sono alpinisti. La montagna è frequentata anche dai non esperti che amano godersi escursioni appaganti, spesso beneficiando degli impianti di risalita che consentono ai meno allenati di raggiungere quote elevate e panorami mozzafiato. Molto facilmente.
Un’accessibilità che richiede però la conoscenza delle precauzioni da prendere, anche relative alla salute. Secondo il Codacons, il mare continua a fare la parte del leone e, dei 33milioni di italiani che si concederanno una vacanza quest’estate, la montagna verrà scelta solo da uno su tre. Ma sono almeno 100 milioni i turisti che ogni anno si spingono oltre i 2500 metri nelle sole Alpi.
Con l’aumento dell’altitudine, infatti, la pressione atmosferica diminuisce mentre la percentuale di O2 nell’aria rimane costante; la pressione parziale di O2 a quota 5800 m. è la metà di quella che c’è a livello del mare. Le risposte dei sistemi cardiaco, respiratorio e anche ematopoietico sono immediate. E non occorre raggiungere i 2500 metri perché aumentino la pressione arteriosa, la frequenza del respiro, la frequenza cardiaca e la massa eritroide: tutti tentativi di compensazione per riportare un’adeguata ossigenazione ai tessuti periferici.
Il disturbo da mal di montagna (noto anche come malattia da altitudine) è una condizione caratterizzata da leggeri giramenti di testa, difficoltà nella respirazione, nausea o vomito, mal di testa e stanchezza generale. Lo sviluppo del mal di montagna acuto dipende da molti fattori, come la velocità di salita, la quota massima raggiunta e l’altitudine in cui si dorme o si ha il campo base.
Qualche escursionista può soffrirne anche a 2000 metri; ma, a 3000 metri di quota, colpisce in media il 40% degli alpinisti. Salendo ancora, si corrono altri rischi: l’edema polmonare da alta quota, che causa dispnea e ipossiemia gravi e che compare in caso di ascese molto rapide senza alcun acclimatazione, e l’edema cerebrale da alta quota. Queste condizioni possono potenzialmente mettere a rischio la vita dell’alpinista, richiedono di arrestare immediatamente la salita e scendere di quota.
Per evitare la comparsa del mal di montagna bisogna salire a velocità costante, non compiere sforzi eccessivi i primi giorni, acclimatarsi, idratarsi molto ma non bere alcolici. Chi soffre di problemi polmonari, cardiaci e neurologici o soffre di pressione alta deve consultarsi con il proprio medico prima di intraprendere un’ascesa.
Vivere o risiedere per un po’ in alta quota apporta però anche dei benefici per l’organismo. Uno studio del Dipartimento di medicina preventiva e salute pubblica dell’Università di Navarra in Spagna, mostra che chi vive più in alto di 456 metri sul livello del mare ha un rischio del 13% inferiore di sviluppare sovrappeso o obesità rispetto a risiede a quote inferiori a 124 metri. Ciò sarebbe dovuto alla diminuzione della concentrazione di ossigeno nell’aria che metterebbe in moto nell’organismo dei meccanismi compensatori come la secrezione di leptina e di altri ormoni coinvolti nel controllo dell’appetito e del metabolismo.
Fonte La Stampa