ROMA – Per 6 bambini autistici su 10 le aree sensoriali che risultano maggiormente e più frequentemente compromesse riguardano l’ipersensibilità tattile e uditiva, l’iporeattività con ricerca di sensorialità e la scarsa energia.
“Queste caratteristiche sensoriali si traducono in comportamenti frequentemente osservati nei soggetti con disturbi dello spettro autistico (Asd), basti pensare all’evitamento del contatto fisico, alle difficoltà nei momenti di cura personale (come tagliare i capelli e le unghie), all’intolleranza rispetto a certi tessuti o materiali, all’evitamento o alle reazioni eccessive a rumori improvvisi o di fondo (ad esempio il coprirsi le orecchie per proteggersi dai suoni di sirene, aspirapolveri, asciugacapelli ecc.)”, spiega Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) che ha recentemente pubblicato, insieme a Magda di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO, ed altri, sulla rivista scientifica ‘Journal of Child & Adolescent Behavior’ uno studio sulla sensorialità e le stereotipie nell’autismo dal titolo ‘Il profilo sensoriale e i comportamenti ripetitivi nella valutazione clinica dei bambini di età prescolare con disturbo dello spettro autistico’ (qui; per leggere la traduzione clicca qui).
L’INFOGRAFICA
Si tratta di modalità atipiche di processazione ed elaborazione sensoriale, in assenza di danni neurologici come la sordità. Rispetto all’iperreattività’, sono “tipiche la scarsa o assente reazione al richiamo verbale in assenza di problemi uditivi, la predilezione per attività rumorose (soprattutto nei primi anni)- precisa la neuropsichiatra- e la ridotta percezione del pericolo”.
L’IdO ha inoltre riscontrato che tutte le aree dello Short Sensory Profile elaborato da Winifred (Winnie) Dunn (nota studiosa americana) “correlano positivamente con i comportamenti ripetitivi misurati attraverso l’RBS (Repetitive Behavior Scale), a cui è stata associata una correlazione con il punteggio registrato all’Ados-2 (Autism Diagnostic Observation Schedule).
I risultati confermano che comportamenti monotoni e comportamenti ristretti sono associati a punteggi gravi nella maggior parte delle aree sensoriali e sono anche quelli con punteggi Ados più gravi, spiega ancora Vanadia.
I bambini “con punteggi peggiori nei comportamenti rituali sono anche quelli con maggiore disfunzionalità nelle sensorialità tattile e olfattiva/gustativa; i bambini con punteggi peggiori nei comportamenti compulsivi sono quelli con disfunzionalità maggiore nelle sensorialità tattile, Iperreattività, Filtro Uditivo e Visiva/Uditiva”.
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Le alterazioni dell’elaborazione degli stimoli e “dunque le difficoltà d’integrazione percettiva correlate a uno stile di processazione sensoriale atipico sono frequenti nei bambini e adulti Asd”.
Le “interferenze sulla modalità di percepire e rappresentare se stessi e il mondo determinano una distorsione delle esperienze e dei comportamenti che assumono funzione di difesa o di opposizione, che molto spesso fanno parte del profilo di sviluppo dei bambini autistici, ma che possono anche essere presenti in disturbi differenti quali i disturbi della processazione e integrazione sensoriale”.
La conoscenza dell’esistenza “di soglie diverse di sensorialità (dato neurobiologico) e di differenti modalità del bambino di farvi fronte (dato individuale)- precisa la neuropsichiatra- dovrebbe sostenere il clinico in una lettura più accurata di comportamenti (relativi al sistema motorio, comunicativo e relazionale) che spesso vengono erroneamente ascritti alla diagnosi e trattati come un ‘comportamento problema’ prima ancora che se ne sia data la corretta lettura: in determinate fasi dello sviluppo un comportamento messo in atto dal bambino può avere un significato pro-adattivo prima ancora che disadattivo. Ciò non significa che non vadano descritti come atipici, ma implica che il livello di intervento è differente”.
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Se la disfunzione alla base è “a livello della processazione e integrazione sensoriale- prosegue l’esponente dell’IdO- è su quell’aspetto che bisognerà centrare non soltanto la terapia ma anche le strategie pedagogiche e le modalità di intervento. Certi bambini hanno una spiccata sensibilità tattile e qualunque stimolo, specialmente se superficiale, è per loro fastidioso e finanche doloroso”.
Ad esempio, “nell’organizzazione delle attività didattiche potrà accadere in uno o più bambini autistici che la sensazione del braccio che striscia sul foglio o il tipo di penna/matita/colore non siano tollerabili, bisognerà quindi pensare che possano non essere adatti per quel determinato bambino in quella determinata fase evolutiva. E non bisognerà aver paura di sperimentare: un abbraccio, che stimola i recettori tattili profondi inibendo il ‘fastidio superficiale’, potrebbe risultare più utile di un premio o di una punizione- fa sapere il medico- e agisce sicuramente anche meglio in termini di ‘rinforzo’, perché oltre che veicolare un supporto emotivo diviene un elemento motivazionale”.
I circuiti che sottendono le aree emozione-motivazione-cognizione “sono tra loro interagenti a livello prefrontale. Tanto che la gestione delle interferenze, una delle funzioni del dominio esecutivo già spesso compromesso nei bambini con Asd, risulta ancor più complicata se coesistono disfunzioni senso-percettive”.
Inoltre, “le aree cerebrali inizialmente riconosciute quale sede delle emozioni, in particolare all’interno del sistema limbico, svolgono anche un ruolo fondamentale nei processi cognitivi e nell’integrazione degli stimoli e delle esperienze da cui originano le rappresentazioni mentali”.
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Questi dati osservazionali e di ricerca “supportano la tesi che individualizzare la diagnosi e la terapia sia – come specificato nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) – indispensabile. Bisognerebbe agire specialmente nella prima e seconda infanzia, alle origini dello sviluppo e alla radice dei comportamenti per creare quella base sicura e stabile su cui dovranno poggiare gli apprendimenti che il bambino potrà acquisire e generalizzare (il significato di ‘abilità’) solo se avrà una sufficiente percezione del proprio corpo e una tolleranza degli stimoli- conclude Vanadia-. Da dove ripartire dunque se non dal corpo?”.
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