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Scuola, lo psicologo: No a voti come medaglia per genitori

Scuola, lo psicologo: No a voti come medaglia per genitori

Scuola, lo psicologo: No a voti come medaglia per genitori
| lunedì 17 Luglio 2017

Castelbianco (Ido): E compiti non diventino problema di famiglia (DIRE – Notiziario settimanale Psicologia)

“I voti alti sono un’esperienza importante per i giovani, ma non devono rappresentare una medaglia per i genitori. È infatti sbagliato caricare di responsabilita’ e pressioni i propri figli. Andare bene a scuola non significa automaticamente avere successo nella vita”.

read-2007117_960_720Queste le parole rilasciate da Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), intervistato nel corso della trasmissione Uno Mattina in Famiglia. “Un buon voto- aggiunge lo psicorerapeuta dell’eta’ evolutiva- significa avere buona capacita’ di elaborazione, non successo. Noi pensiamo sempre che il 10 ottenuto nella versione di greco sia sinonimo di intelligenza, non e’ proprio cosi’. Esistono diverse intelligenze e ognuno di noi ha tante particolarita’, che possono essere messe in mostra o meno. È pero’ importante conservarle e non omogeneizzarle in una sola”.

Ma come conciliare le aspettative di madri e padri con l’autostima dei figli? Per Castelbianco e’ fondamentale che “a casa ci siano piu’ genitori e meno professori. L’ansia per un voto alto o un compito in classe non deve essere un peso che puo’ minare l’equilibrio del giovane.

Bisogna stare attenti- continua il direttore dell’IdO- a far vivere bene, e in serenita’, le esperienze scolastiche: spronare i figli a fare il proprio dovere, ma senza caricarli di responsabilita’ che non meritano e di cui non hanno bisogno”. Un modo per aiutare i bambini nel processo di crescita e’ quello di coinvolgerli anche in altre attivita’. “Ora che la societa’ e’ cambiata- spiega Castelbianco- e’ giusto che i genitori possano passare il pomeriggio con i propri figli senza l’assillo dei compiti, che non devono diventare il ‘problema’ di tutta la famiglia. Bisogna pensare che i ragazzi, quando escono da scuola alle 16.30, abbiano esaurito il loro dovere. Devono poter fare altre esperienze. Giochi, passeggiate, ma non studio”. girl-1345800_960_720

Una soluzione che pero’ non riguarda quei figli che rifiutano le regole scolastiche e che non vogliono fare i compiti. “In questo caso il danno e’ gia’ compiuto e per ripararlo bisogna partire dal problema del rifiuto. L’aiuto pero’ deve venire da un’esperto. I genitori invece dovranno stimare il bambino in quanto tale, non come alunno, e piano piano aiutarlo a fargli accettare quelle regole violate- conclude lo psicoterapeuta- senza pero’ farlo sentire come la vittima della situazione”. (Wel/ Dire)

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