Scoperto un raffinato ‘meccanismo di autodifesa’ che il cervello mette in atto dopo un ictus per arginare il danno causato dall’evento e che si traduce nel cambiamento dello schema di comunicazione tra diverse aree cerebrali, in modo da isolare e circoscrivere il piu’ possibile l’attivita’ neurale patologica dovuta all’ictus stesso e salvaguardare l’attivita’ neurale fisiologica, sana.
Sulla base di questa scoperta, in futuro, studiando con un elettroencefalogramma (Eeg) le modifiche delle connessioni cerebrali nei giorni immediatamente successivi all’ictus si potrebbero avere informazioni sul grado di recupero che potra’ ottenere il paziente e quindi personalizzare le terapie riabilitative. È il risultato di una ricerca pubblicata sulla rivista ‘Neurorehabilitation and Neural Repair’, condotta dal dottor Pietro Caliandro dell’Istituto di Neurologia dell’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli diretto e coordinato dal professor Paolo Maria Rossini, ordinario di Neurologia.
“Si tratta di uno studio condotto registrando l’attivita’ elettroencefalografica in pazienti con ictus in fase acuta (entro i primi 5 giorni dall’ictus)”, spiega il dottor Caliandro. Le aree della corteccia cerebrale ‘comunicano’ tra di loro come una rete complessa, ma poco si conosce su come questa ‘comunicazione’ venga influenzata da un evento improvviso e grave come un ictus ischemico (quando un vaso sanguigno si chiude e in talune regioni del cervello viene a mancare ossigeno). L’elettroencefalogramma, una metodica tradizionale ma molto informativa, puo’ essere utilizzato per descrivere le modifiche di tale rete cerebrale analizzando il segnale elettrico prodotto dal cervello. Cosi’ in un comunicato il Policlinico Universitario A. Gemelli.
L’attivita’ Eeg puo’ essere immaginata come un’orchestra in cui i diversi strumenti suonano in maniera armonica ed ognuno emette un particolare suono che, nel caso del cervello, consiste in attivita’ elettrica caratterizzata da una certa frequenza. L’attivita’ elettrica a bassa frequenza diventa prevalente in determinate condizioni patologiche tra cui l’ictus ischemico, in altre parole e’ come se un gruppo di strumenti ‘non accordati’ disturbasse l’orchestra. L’approccio utilizzato nello studio consente di descrivere i cambiamenti di ‘connettivita’ funzionale’ (ovvero i cambiamenti nell’interazione tra un’area e l’altra del cervello) sia a livello locale (comunicazione diretta tra aree cerebrali ‘vicine’) sia a livello globale (comunicazione indiretta tra aree cerebrali ‘distanti’).
Un cervello efficiente e’ caratterizzato da forti connessioni sia locali che globali. L’equilibrio tra connettivita’ locale e globale viene modificato dall’ictus ischemico, come emerge dall’analisi degli Eeg dei pazienti. In particolare si e’ visto che si accentuano le connessioni locali e si riducono quelle a distanza per quanto riguarda l’attivita’ elettrica patologica (cosiddetta attivita’ a bassa frequenza); per quanto riguarda invece l’attivita’ elettrica ‘fisiologica’ (a maggiore frequenza) si osserva una riduzione delle connessioni locali e un aumento di quelle a distanza. In altre parole il cervello tende ad isolare l’attivita’ elettrica patologica e a promuovere le connessioni a distanza nelle frequenze piu’ fisiologiche. “Tali modifiche della connettivita’ funzionale nella fase acuta dell’ictus- conclude il dottor Caliandro- sono probabilmente il frutto di una complessa interazione tra meccanismi legati al danno ischemico e meccanismi di compenso messi in atto dal cervello. L’identificazione di specifici cambiamenti della connettivita’ funzionale, che permettano di prevedere il grado di recupero clinico dopo l’ictus, puo’ consentire la pianificazione di interventi riabilitativi personalizzati”. (Comunicati/Dire)