L’Irc ha mappato la formazione scolastica sulla Rcp in Europa. A due anni dall’approvazione da parte della World health organization della dichiarazione ‘Kids save lives’, la situazione europea sulla diffusione dell’educazione in tema di rianimazione cardiopolmonare e primo soccorso nelle scuole e’ ancora molto disomogenea.
Il documento, proposto congiuntamente da diverse associazioni europee tra le quali Irc-Italian resuscitation council, raccomanda l’inserimento nei programmi di tutte le scuole del mondo di due ore di formazione all’anno sulla rianimazione cardiopolmonare per i ragazzi a partire dai 12 anni.
Ad oggi, in soli 5 stati (Belgio, Danimarca, Francia, Italia e Portogallo) e’ presente una legislazione che regola l’insegnamento delle manovre salvavita agli studenti. Anche nei Paesi in cui e’ presente una legislazione in materia, si riscontrano diversi problemi organizzativi la cui soluzione, richiede un maggiore supporto da parte delle istituzioni.
“Siamo convinti- dichiara Federico Semeraro, presidente di Italian resuscitation council- che la formazione al primo soccorso in giovane eta’ sia di fondamentale importanza per il bene di tutti, con ripercussioni positive sulla salute pubblica. La diffusione di queste conoscenze, favorite dalla spinta legislativa e dalla campagna di sensibilizzazione a livello mondiale, potrebbe aumentare notevolmente le possibilita’ di rimanere in vita in caso si venga colpiti da arresto cardiaco”.
L’arresto cardiaco e’ ancora oggi la terza causa di morte nei Paesi industrializzati, con un totale di oltre 700.000 decessi ogni anno in Europa e di oltre 400.00 negli Stati Uniti, un numero spaventoso che potrebbe essere dimezzato se un maggior numero di soccorritori, i testimoni dell’evento, fosse in grado di intervenire tempestivamente praticando immediatamente la rianimazione cardiopolmonare. Una formazione obbligatoria dei bambini in eta’ scolare a livello nazionale avrebbe un impatto decisamente positivo sulla percentuale di applicazione della rianimazione cardiopolmonare, che ora si attesta intorno al 60-80% solo in pochi Paesi del mondo, mentre nella maggior parte degli Stati e’ ben al di sotto del 20%. (Com/Wel/ Dire)