(La Stampa.it) Per il terzo anno consecutivo (dal 21 al 29 giugno) si sono svolte a Milano le giornate di consapevolezza sulla malattia di Huntington, promosse da Huntington Onlus La rete italiana della Malattia di Huntington e da AICH Associazione Italiana Corea di Huntington Milano Onlus, per sensibilizzare e informare sulla realtà della grave patologia neurologica causata da un gene scoperto nel 1993.
L’Huntington è una patologia ereditaria degenerativa del Sistema Nervoso Centrale che tende a insorgere fra i 30 e i 50 anni modificando completamente le abitudini quotidiane, le capacità cognitive e l’autonomia di chi ne soffre, poiché si caratterizza per i movimenti involontari patologici, gravi alterazioni del comportamento e un progressivo deterioramento cognitivo
Secondo nome: Huntington. Design for all, Design for Huntington
Fra le molte iniziative che hanno caratterizzato l’edizione degli Huntington’s Days di quest’anno è di sicuro interesse l’inaugurazione della mostra «Secondo nome: Huntington» presso La Triennale di Milano, un evento caratterizzato dalla messa a disposizione del design nei confronti della malattia.
Il design al servizio dei malati e non solo
Come il design può essere funzionale al malato di Huntigton? «Nella mostra la casa è stata assunta a paradigma progettuale perché per molti malati, soprattutto nelle fasi più avanzate, rappresenta purtroppo l’intero mondo, occupa e riempie il tempo e definisce tutto l’orizzonte dei malati e di chi li assiste. È quindi nella casa che si gioca la partita contro la solitudine, lo stigma, la rassegnazione, l’umiliazione e i compromessi. I 10 designers invitati e i 3 giovani designers vincitori del concorso under35 “…ma così è la vita! Junior design contest” hanno ragionato in questa prospettiva, ognuno assecondando una propria sensibilità specifica, a volte più funzionale a volte per così dire più sentimentale» spiega il dottor Davide Crippa, curatore della mostra. I designer che si sono impegnati nella realizzazione dei progetti hanno lavorato sui diversi aspetti della malattia, come testimoniano chiaramente le immagini seguenti.
«Open & comfort» di Lorenzo Damiani: è stato immaginato un poetico oggetto per facilitare l’apertura delle fialette di vetro dei medicinali.
Da uno dei primi sintomi sperimentati da un malato è originato il progetto «Handy» di Brian Sironi che ha riprogettato il tappo di una penna biro per rendere più semplice coordinare i movimenti per chiudere la penna a sfera.
Sempre collegate a storie di vita è nato il progetto del lenzuolo «Duo» di Ghigos che mischiando due diversi filati ha creato un lenzuolo molto più resistente (dalla parte del malato che continua a muoversi in maniera involontaria) e più delicato (dalla parte del coniuge sano).
Dal racconto della soluzione immaginata dalla moglie di un malato per rendere la casa più sicura per muoversi, ma non simile a una casa di un malato, è partito il progetto «Handle» di Larcher ovvero riempire il corridoio e il soggiorno di maniglie per potersi aggrappare quando ci si sposta. Le maniglie, però, sono diventate il tema estetico di una collezione di mobili e oggetti per la casa.
Mai più nascosta
Torna inevitabilmente in mente Hddennomore, Hidden No More in inglese, Oculta Nunca Mas in spagnolo e «Mai Più Nascosta» in italiano, l’iniziativa che ha visto incontrarsi nel mese di maggio una vera e propria comunità mondiale composta non solo da malati e familiari, ma anche da ricercatori, medici, operatori della cura, enti del terzo settore, coinvolti dall’Huntington.
Hddennomore non è semplicemente uno slogan, ma una vera e propria presa di impegno perché la malattia non sia mai più nascosta, per superare stigma, tabù e l’emarginazione che, da sempre, la accompagnano.
Questa mostra è davvero un tassello importante ed ha un elevato valore sociale e simbolico come conclude il dottor Crippa: «Con la mostra nasce un variegato microcosmo di possibilità volte all’aumento della qualità della vita dei malati di Huntington e dei loro familiari (spesso i principali se non unici caregiver), una collezione di prodotti funzionali accessibili a tutti, potenzialmente utili e desiderabili da tutti, indipendentemente dalla condizione di sofferenza».
Fonte www.lastampa.it