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Indagine: italiani più attenti a tavola, ma troppe informazioni via web

Indagine: italiani più attenti a tavola, ma troppe informazioni via web

Indagine: italiani più attenti a tavola, ma troppe informazioni via web
| martedì 18 Luglio 2017

Siamo tendenzialmente più attenti a come ci comportiamo a tavola. Ma non per questo abbiamo accresciuto tutto a un tratto il nostro bagaglio culturale, in termini nutrizionali. Possono sembrare paradossali, ma non lo sono, le conclusioni di un’indagine condotta dalla Fondazione Adi (Associazione Italiana Dietetica e Nutrizione Clinica) e dall’Osservatorio Nestlè. Chi l’ha condotta, ha osservato che sì, negli ultimi anni alcuni comportamenti che riguardano l’alimentazione hanno subito un trend positivo: come per esempio l’attenzione alle porzioni e il consumo di cinque pasti al giorno. Detto ciò, gli italiani, messi alla prova sulle conoscenze in ambito nutrizionale e scientifico, non se la sono cavata poi così tanto bene.

LE CERTEZZE SBAGLIATE
Vale a questo punto la pena fare qualche esempio. Alla domanda «Cosa studia la nutrigenomica?», soltanto un intervistato su tre ha risposto correttamente: spiegando in cosa consiste quel filone di ricerche che studia gli effetti degli alimenti all’interno delle nostre cellule.

Quanto al tema del latte materno, è emerso che sono proprio le donne a saperne meno. Sugli acidi grassi presenti al suo interno, il 95 per cento del campione femminile ha risposto in maniera scorretta o si è astenuto dal dare una risposta. Rimanendo sempre in tema gravidanza, la media è risultata un po’ più alta parlando dell’effetto che una dieta povera di carboidrati può avere sul nascituro: maggior rischio di sottopeso per il neonato e di obesità per il bambino durante l’infanzia.

Capitolo intolleranze e allergie alimentari: italiani promossi sul latte e bocciati sul lievito. Se l’85 per cento del campione coinvolto ha dimostrato di saper spiegare che l’intolleranza al lattosio dipende da una carenza dell’enzima lattasi, più confuse sono state le risposte riguardanti l’intolleranza al lievito: non scientificamente provata, eppure autodiagnosticata dal 12 per cento degli intervistati.
A questi aspetti, occorre aggiungere gli errori che compie chi segue diete di esclusione (glutine, latticini) pur non avendo sviluppato alcuna intolleranza.

I PROGRESSI
Uno dei trend positivi riscontrati riguarda invece i cinque pasti al giorno. Le persone che seguono questa buona abitudine, secondo l’indagine, sono in aumento: dal 16 al 21 per cento, comparando i dati rilevati nel 2011 e nel 2016. Per quanto riguarda le porzioni, il 26 per cento degli italiani fa sempre attenzione alle porzioni che mette nel piatto (si era fermi al 17 per cento nel 2011).

«Questi risultati sono molto incoraggianti e dimostrano come le campagne di educazione alimentare e un’informazione mirata stiano iniziando a portare i primi frutti – afferma Giuseppe Fatati, direttore della struttura di diabetologia, dietologia e nutrizione clinica dell’ospedale di Terni e presidente della Fondazione Adi -. È necessario però ricordare che il tempo dedicato ai pasti è fondamentale per l’assimilazione dei cibi, il gusto e l’equilibrio di tutta la dieta giornaliera».

IL RUOLO DEL WEB
Il sospetto è che alla base di questa regressione in termini di conoscenze ci sia uno smodato utilizzo del mezzo digitale. Sempre più italiani cercano infatti informazioni riguardanti la salute e l’alimentazione sul web. Internet ha soppiantato le figure cardine: la percentuale di italiani che tramite ricerche su internet ricorrono all’autodiagnosi è in netto aumento (dal cinque al 25 per cento, tra il 2010 e il 2016) e il medico di fiducia e il genitore come punti di riferimento per l’educazione alimentare hanno perso di credibilità di quasi dieci punti percentuale negli ultimi sette anni. Sarà per questo che ne sappiamo sempre meno?

Fonte La Stampa

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