Sulle terapie di nuova generazione contro l’epatite C, chiamate pangenotipiche perché sono indicate per tutti i ceppi (genotipi) virali, risiedono le grandi speranze della comunità degli specialisti e dei pazienti. Eplclusa, la prima di queste terapie, sta mantenendo anche nella pratica clinica (il «mondo reale», real life) le promesse delle sperimentazioni. I dati sono stati presentati al congresso EASL (European association for the study of Liver) in corso ad Amsterdam.
I trattamenti antivirali ad azione diretta hanno trasformato la nostra capacità di trattare l’epatite C. Prima della terapia con antivirali diretti, la strategia terapeutica prevedeva l’impiego di interferone pegilato e la ribavirina, con pesanti effetti collaterali e pazienti che non tolleravano la cura e costretti quindi all’abbandono.
Secondo i dati AIFA, dal gennaio 2015 ad oggi, in Italia sono stati trattati 73262 mila pazienti, i casi più gravi. «Ora restano da trattare tutti gli altri, dai 200-300mila persone. Eradicare il virus oggi non è un obiettivo irraggiungibile e i regimi a base di sofosbuvir hanno contribuito tantissimo a politiche di eradicazione del virus» spiega Stefano Fagiuoli, direttore dell’Unità complessa di gastroenterologia, epatologia e trapiantologia ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Il primo farmaco pangenotipico è la combinazione di due molecole, velpatasvir e sofosbuvir, una singola compressa da assumere una volta al giorno per 12 settimane: «questo farmaco agisce indipendentemente dal ceppo virale e dalla severità del caso e ci consente di trattare anche quel 5% di pazienti che non rispondono agli altri trattamenti con inibitori diretti del virus – spiega Fagiuoli – Non esistono pazienti che non possono fare queste terapie, nessuno viene controindicato al trattamento, che ha percentuali di successo del 99%. È uno sguardo clamoroso che si apre sul cielo».
I dati di vita reale sono fondamentali perché permettono anche di identificare i pazienti che non raggiungono la risposta virologica sostenuta e nel dare informazioni sul lungo termine. Le due coorti principali che hanno fatto da supporto, le più estese, sono state seguite negli USA e sono costituite da 200 pazienti con genotipo 2 e 300 con genotipo 3 (studio TRIO) e altri 188 pazienti (studio TARGET). I dati degli ultimi 12 mesi confermano una riduzione della durata della terapia e un ridotto ricorso alla ribavirina (il 20% dei pazienti in una popolazione con oltre il 30% di cirrotici).
«Questo farmaco pangenotipico è estremamente semplice nell’utilizzo e consente una durata di trattamento dimezzata nel genotipo 2, oltre che un ridotto ricorso alla ribavirina (solo nei pazienti con cirrosi scompensata), anche nel genotipo 3» ha spiegato Alessandra Mangia, responsabile dell’Unità di Epatologia dell’IRCCS “Casa del Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo.
«Nessuno di coloro che ha completato la terapia ha avuto recidiva, non ci sono stati eventi avversi che hanno portato allo scompenso. Buoni anche i dati di una terza corte, europea, la corte GECCO, composta solo da pazienti con genotipo 3 ma senza cirrosi ha visto un uso della ribavirina non superiore al 10%».
Infine, conclude la dottoressa Mangia, «un dato interessante nei bambini. I primi dati sul trattamento con sofosbuvir e ledipasvir, da noi già largamente usato negli adulti con genotipo 1 e 4, presentati al meeting confermano anche nella popolazione pediatrica efficacia elevata ma soprattutto elevata sicurezza».
In generale, poter disporre di un farmaco efficace e sicuro per tutti i genotipi del virus dell’epatite C cronica, per la dottoressa, «costituisce una semplificazione della cura. Schemi terapeutici semplici e omogenei facilitano, infatti, la gestione dell’enorme numero di pazienti da trattare».
«Il farmaco sarà a breve rimborsabile, è una questione di pochi giorni» assicura la Mangia. «Abbiamo fin qui trattato circa un terzo dei pazienti, quelli con cirrosi e fibrosi avanzata, ma adesso ci resta il grosso della popolazione e ciò verrà fatto in linea con il piano nazionale che prevede l’eradicazione della malattia nel corso dei tre anni» consentendo il trattamento progressivo di tutti i soggetti affetti da epatite C. È in corso presso l’AIFA la negoziazione per la rimborsabilità e la fissazione del prezzo del farmaco.
FONTE LA STAMPA