Nuove importanti scoperte riguardo il potenziale ruolo del compartimento respiratorio nella trasmissione interumana del virus Ebola. Per la prima volta, un gruppo di scienziati internazionali ha identificato alcuni markers della replicazione del virus Ebola (EBOV) nel polmone di un paziente in fase di guarigione dall’infezione.
Lo studio e’ stato condotto dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani (Inmi) a Roma, in collaborazione con i colleghi dell’University College a Londra, del Friedrich-Loeffler-Institut Riems e dell’Universite’ Laval, Quebec. Lo studio effettuato da Biava et al. e pubblicato sulla rivista scientifica Plos Pathogens indaga riguardo la presenza del materiale genetico del virus Ebola nei polmoni e nel sangue, durante il trattamento e la guarigione di un operatore sanitario, evacuato dall’Africa Occidentale e trattato a Roma, in Italia. Il paziente ha mostrato una persistenza dei markers di replicazione virale all’interno del tratto respiratorio. I ricercatori hanno monitorato i livelli degli RNA viralidi Ebola (Rna a polarita’ positiva e RNA a polarita’ negativa), gia’ precedentemente associati con la replicazione virale, e li hanno comparati con i livelli presenti nel sangue. Hanno scoperto che l’Rna virale e i markers di replicazione virale permangono nel polmone fino a 5 giorni dopo la loro eliminazione dal sangue. Questi risultati suggeriscono la possibilita’ che Ebola replichi nell’apparato respiratorio. E’ possibile che i polmoni forniscano semplicemente un ambiente protetto all’interno del quale l’Rna virale puo’ resistere piu’ a lungo rispetto a quanto osservato nel sangue, anche se gli scienziati scartano fortemente questa ipotesi in quanto hanno evidenziato la presenza dell’Rna virale totale e di entrambi i markers di replicazione, sostenendo l’ipotesi di una replicazione virale attiva.
L’autore Giuseppe Ippolito, dell’Inmi ha detto: “Questi risultati suggeriscono un ruolo importante del tratto respiratorio nella patogenesi della malattia da virus Ebola e potrebbero avere nuove implicazioni nelle procedure di prevenzione e nelle misure di controllo, specialmente per gli operatori sanitari e le famiglie, i quali sono i primi a fornire cure dirette e indirette ai pazienti affetti dal virus. Inoltre, aumentano anche le preoccupazioni riguardo al rischio della trasmissione interumana e al bisogno di ridisegnare le misure di prevenzione”.
Il coautore, professore Alimuddin Zumla dell’University College di Londra ha invece dichiarato che “queste scoperte sono significative e potrebbero spiegare la rapida diffusione del virus durante l”epidemia, come anche quei cluster che sono stati notificati e per i quali non e” stata identificata nessuna catena di trasmissione”. Ha inoltre aggiunto che “ulteriori studi saranno necessari per comprendere al meglio il ruolo di EBOV nella patologia del polmone, e il ruolo specifico della trasmissione tramite aerosol. Le mancate opportunita’ di ricerca durante l”epidemia del virus evidenziano il bisogno critico di finanziatori e di governi che siano in grado di costruire e implementare le capacita’ degli operatori sanitari e dei ricercatori al fine di condurre ricerca di base, ricerca sulla patogenesi e trial clinici durante le epidemie”.
“Siamo orgogliosi- e’ invece il commento di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio- dei risultati ottenuti dall”INMI, il punto di riferimento regionale per tutte le attivita’ nel campo delle malattie infettive”. “Sono molto contenta- ha aggiunto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin- di questi brillanti risultati dell’Istituto Nazionale per le Malattia Infettive, che in modo efficiente e con determinazione ha lavorato durante l’epidemia in tutti i paesi coinvolti e in Italia.
Le attivita’ dell’Istituto sono confermate da circa 50 articoli pubblicati nelle piu’ importanti riviste scientifiche, permettendo all’Italia di contribuire significativamente alle conoscenze sul virus Ebola. L’Italia durante l’epidemia di Ebola era Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea e si e’ trovata a coordinare gli interventi di prevenzione e risposta. A livello nazionale ha messo in atto sistemi avanzati di controllo e protezione della comunita’ riuscendo a gestire al meglio gli allarmi ed i casi sospetti. Inoltre, si e’ trovata ed si e” trovata a farsi carico di due casi di Ebola in operatori sanitari che prestavano la loro attivita’ in Sierra Leone. Entrambi i casi sono stati presso curati al meglio presso l’Istituto Spallanzani e sono guariti. Ebola e’ stato un importante stress test per il servizio sanitario italiano ed e’ stato brillantemente superato. Questi risultati, che ci hanno resi famosi nel mondo, vanno a vanto del Pese che dimostra di essere in grado di rispondere in maniera eccezionale alle emergenze e dell’Istituto Spallanzani che rappresenta un eccellenza nel settore delle malattie infettive e si conferma assoluto punto di riferimento per tutta l”area del mediterraneo”.
Giuseppe Ippolito ha concluso che “queste ricerche non possono essere effettuate su modelli animali e richiedono una stretta cooperazione fra ricercatori, sia laboratoristi che clinici, e fra le infrastrutture che possono facilitare queste interazioni. La condizione dell’INMI e’ unica e puo’ essere aperta ad ulteriori collaborazioni con istituti internazionali”. (Uct/ Dire)