E’ il batterio della Klebsiella pneumoniae il principale responsabile delle infezioni nelle strutture sanitarie.
Il dato emerge dal primo Report sulle batteriemie da enterobatteri resistenti ai carbapenemi coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità che ha elaborato per la prima volta in un report i risultati del sistema di sorveglianza istituito dal Ministero della Salute illustrato oggi nel convegno ‘L’antibioticoresistenza in Italia: problemi attuali e impegno per il futuro’ all’auditorium Biagio d’Alba dello stesso Ministero.
Dai dati emergono circa 2.000 casi di batteriemie l’anno, maggiormente in pazienti di età compresa tra 65 e 80 anni, ricoverati in unità di terapia intensiva ma anche in reparti medici e chirurgici.
Lavarsi le mani è il principale strumento che abbiamo per prevenire le infezioni nelle strutture sanitarie.
Tra le infezioni da batteri resistenti, le batteriemie sono sicuramente le più gravi e le più letali. Le batteriemie sono dovute nella gran parte dei casi a Klebsiella pneumoniae che produce un enzima chiamato Kpc.
L’ampiezza del fenomeno è veramente drammatica, se si considera che i casi di batteriemia sono probabilmente sottonotificati, almeno da alcune regioni ed aree geografiche, e che la mortalità associata a queste infezioni è almeno del 30%. Il batterio Klebsiella pneumoniae, è un microrganismo che oltre a batteriemie causa anche infezioni urinarie e polmoniti. La resistenza ai carbapenemi è spesso associata a resistenza ad altre classi di antibiotici, compresa la colistina, un vecchio antibiotico rispolverato come rimedio estremo contro questi batteri resistenti a quasi tutti gli antibiotici. Per questo l’Oms ha classificato questi batteri tra quelli critici ad altissima priorità per lo sviluppo di nuovi antibiotici.
L’Italia è un paese che si può considerare “iperendemico”: per incidenza di queste infezioni rispetto alle giornate di degenza l’Italia è al secondo posto in Europa, dopo la Grecia secondo i dati dello studio EuSCAPE (recentemente pubblicato su Lancet Infectious Diseases) che traccia l’epidemiologia pan-europea di queste infezioni e al quale l’Italia ha partecipato col coordinamento dell’Iss, ha fatto sapere il Ministero della Salute.
Fonte: Agenzia Dire