Il diabete è una malattia sempre più diffusa: 400 milioni di individui affetti in tutto il mondo (di cui almeno 190 senza diagnosi) e oltre 4 milioni di cittadini italiani, dei quali il 90% è di tipo 2. Negli Stati Uniti, è la terza causa di morte negli Usa, dopo le cardiovascolari e il cancro e nel mondo, secondo il Mortality and Causes of Death Collaborators 2015, la mortalità totale per diabete risulta aumentata dal 2005 al 2015 del 32.1% con 1.5 milioni di morti in più.
Secondo il Diabetes Atlas entro il 2040 si arriverà a 642milioni di pazienti. E in Italia si prevedono 5 milioni di persone affette da diabete tipo 2 entro il 2020. Se ne parlerà al 2nd AME Diabetes Update 2017, che riunirà nei prossimi giorni a Bologna numerosi esperti nazionali.
«L’incontro è focalizzato sulla complicanza cardiovascolare – ha spiegato Giorgio Borretta, Responsabile Gruppo Diabete e Metabolismo dell’AME, Associazione Medici Endocrinologi – che rappresenta la principale causa di morte del paziente diabetico, ma anche la causa di rilevanti cronicità, che impegnano pesantemente le strutture assistenziali ed è proprio su questo aspetto che la ricerca sta facendo passi avanti con lo sviluppo di nuovi farmaci».
Dal cerotto che sostituisce le iniezioni, all’insulina intelligente, al monitoraggio h24 tramite nuovi dispositivi indossabili fino ai più recenti studi sul pancreas bionico: gli avanzamenti sono molti e non riguardano solo i farmaci. Tuttavia, il diabete comporta costi che ricadono soprattutto sul paziente e sulla sua famiglia, con giorni di assenza dal lavoro, necessità di esami in ospedale, ricoveri e accessi in pronto soccorso ma anche rinunce a tradizionali momenti di convivialità per curare, rallentare o prevenire la patologia.
Il messaggio in arrivo dagli esperti è chiaro: bisogna puntare sulla prevenzione per mantenere le persone sane e per riportare chi non presenta un diabete conclamato, ma è a rischio, a contrastare ed allontanare la malattia. Per chi ha già una diagnosi, è fondamentale instaurare terapie adeguate per ritardare o addirittura impedire l’insorgenza delle cronicità, causa di riduzione della qualità della vita, ma anche incremento esponenziale dei costi diretti e indiretti del diabete.
Fonte: NICLA PANCIERA La Stampa