Cosa fare quando ad essere colpita da asma è una donna in gravidanza? Se la tendenza in passato era quella di non somministrare farmaci per paura degli effetti sul feto, oggi sta diventando prassi consolidata la prescrizione di alcuni particolari molecole in grado di tenere sotto controllo il disturbo. E’ quanto emerge da un recente convegno dell’American Academy of Allergy, Asthma and Immunology svoltosi ad Atlanta (Stati Uniti).
Come spiega la dottoressa Francesca Giovannelli, pneumologa dell’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, «l’asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree inferiori. Tosse insistente, senso di peso al torace e respiro sibilante sono i sintomi più comuni di questo disturbo».
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità ci sono tra i 100 e i 150 milioni di persone che soffrono di questa condizione in tutto il mondo. In Italia si stima che ogni anno circa nove milioni di persone si ammalano di allergie respiratorie derivanti dalla presenza di pollini nell’aria e quattro milioni di essi ricorrono a cure. Si calcola che circa il 15-20% della popolazione italiana soffra di allergie, fenomeno in crescita soprattutto tra i più giovani e le donne.
Fortunatamente ad oggi esistono numerose molecole in grado di attenuarne i sintomi. L’asma è una malattia cronica, per la quale non esiste oggi alcun trattamento risolutivo. E’ possibile, però controllarne il decorso riducendo gli attacchi d’asma e le loro conseguenze come i sibili, tosse e le difficoltà respiratorie.
Ma se queste molecole possono essere usate tranquillamente nella maggior parte della popolazione, una particolare attenzione va riservata alle donne in gravidanza. «Durante questo periodo -continua la Giovannelli- nel 90% dei casi i sintomi rimangono uguale o, in alcuni casi, la malattia addirittura migliora. Nel restante 10% però la situazione peggiora, soprattutto nel secondo e terzo trimestre della gravidanza. Intervenire è di fondamentale importanza poiché l’asma in gravidanza può avere effetti negativi sul feto: parto pretermine, minor peso alla nascita, maggiore fragilità e carenza di ossigeno sono solo alcune delle conseguenze del mancato trattamento».
Se fino a poco tempo fa la tendenza era quella di non somministrare alcun farmaco per paura degli effetti sul bambino, oggi tutti gli studi -ultimi quelli presentati al congresso di Atlanta- concordano nel sostenere che un’asma ben controllata non solo non influenza negativamente la gravidanza bensì riduce quei problemi legati sul feto legati alle difficoltà respiratorie della madre. «La strategia oggi è quella di somministrare beclometasone e fluticasone (farmaci antinfiammatori) in associazione a broncodilatatori a lungo termine. L’asma in gravidanza oggi può e deve essere curata» conclude la Giovannelli.
Fonte La Stampa