(DIRE – Notiziario settimanale Psicologia)
“La mia malattia non era un demone, un mostro alieno che mi lacerava dal di dentro. La mia malattia ero io. Ero io, una me spaventata, una me bambina che faceva i capricci, che aveva capito che, talvolta, e’ necessario scomparire per esser visti“.
Questa e’ l’anoressia che rimane nello sguardo di chi l’ha vissuta, ancora impigliata tra le lunghe ciglia di C., la cui battaglia contro la prigione dell’inappetenza e’ durata tre anni. Ora C. e’ libera di assaggiare la propria adolescenza, di sentirsi bambina ma non troppo, di ricordare con involontario sorriso le monetine nascoste nelle tasche, che tentavano d’ingannare la bilancia del nutrizionista. Accanto al sapore di un sorriso rimane quello salato e spaventoso delle lacrime, testimoni del volo di un’amica che farfalla lo e’ diventata davvero: perche’ “non ci prendiamo in giro”, di fame d’affetto si muore.
Ma che cos’e’ l’anoressia? Uno scudo che, per quanto sottile, tiene il mondo lontano. Un’esistenza ossessivamente cadenzata, scandita da numeri. Ed ecco che l’anoressica alle sette e quindici di ogni mattina, nel suo quotidiano pesarsi, diviene la cifra che la rimprovera imperturbabile sul quadrante. Perche’, state certi, che il numero che sull’amica bilancia compare sara’ sempre un rimprovero: trentacinque chili e tre etti per una ragazza di sedici anni sono troppi, insomma, si puo’ fare di meglio.
Quanta sicurezza infondono i numeri: freddi, inanimati,controllabili; anche se spesso fanno piangere, in quanto di estrema magrezza non si e’ mai sazi. Le persone, invece, sono un problema. L’altro rappresenta quella variabile imprevedibile, quel potenziale rifiuto che tanto spaventa la ragazza con disturbo dell’alimentazione, che preferisce crogiolarsi nel guscio della sua inappetenza, in cui forse solo la mamma puo’ entrare. Quella ragazza troppo magra, sovente la prima della classe e la piu’ volenterosa in palestra, ha un’unica seducente amica, che e’ al contempo ragione di solitudine e tristezza lancinante: la sua patologia.
IL DILAGANTE PROBLEMA DELL’ANORESSIA NERVOSA: UN ESORDIO SEMPRE PIU’ PRECOCE
Colpiti dall’anoressia nervosa non sono solo adulti o adolescenti: la malattia dell’inappetenza non risparmia i bambini. Si constata, infatti, un 50% di pazienti affetti dalla malattia tra i 12 e i 25 anni, il 30% sui 25 anni e il 20% dagli 8 ai 12 anni. Come si evince dalle indagini statistiche effettuate da Repubblica, l’eta’ media delle persone affette da tale disturbo dell’alimentazione e’ andata di recente diminuendo rispetto ai dati raccolti nel 2008.
Tra i malati, il 50% acconsente a trattamenti curativi e guarisce, il 20-30% non riesce a migliorare la propria condizione, con conseguente cronicizzazione della malattia e il restante 20-25% (principalmente maggiorenne) rifiuta le cure.
Nel canonico percorso di guarigione terapie quali l’assunzione giornaliera di un determinato quantitativo calorico e specifici ormoni, necessarie alla reintegrazione fisica, si coadiuvano a sessioni psicoterapeutiche familiari atte ad appianare i problemi interni alla famiglia, favorendo il reinserimento nella societa’.
L’astensione dalle cure mediche, sancita dal rifiuto dell’aiuto esterno, implica un’esposizione prolungata alla malattia. Il protrarsi del disturbo ha un significativo riverbero fisiologico: le difese immunitarie si abbassano vertiginosamente rischiando, nei casi piu’ gravi, malnutrizione, inedia, amenorrea (nelle donne) ed emaciazione.
Malnutrizione ed inedia, se trascurati, possono condurre alla morte, l’amenorrea prolungata (ossia la mancanza di ciclo mestruale) puo’ portare all’infertilita’, mentre l’emaciazione e’ una condizione estetica di magrezza accentuata, scheletrica, lambente il cadaverico.