“Il testimone di un’epoca” titolava il Corriere della Sera in un articolo del 2010. Con le sue fotografie ha mostrato al mondo le stragi di Bologna. “Per fotografare le tragedie, dentro di me dicevo che era solo un film dell’orrore“.
Quando si parla di fotogiornalismo a Bologna è impossibile prescindere dalla figura di Paolo Ferrari.
Decano dei fotoreporter bolognesi in attività, dai primi anni ’70, con oltre quattro decenni di scatti alle spalle ha documentato ininterrottamente con cura e passione i vari aspetti della vita quotidiana.
Paolo Ferrari, classe 1934, bolognese di nascita, ha sempre lavorato a Bologna. Dopo un periodo di studio alla Columbia University. La sua prima macchina fotografica è stata una 6×6 Rolleicord comperata a rate negli anni ’60. Fotografo professionista per diverse testate: « Qui Bologna », « Carlino Sera », « II Resto del Carlino » Il suo occhio attento inquadra il mondo e ne fissa le emozioni negli scatti quotidiani. Ha fotografato per Il Resto del Carlino, il periodico Famiglia Cristiana; è stato corrispondente da Bologna dell’agenzia di stampa statunitense A.P. (Associated Press) e dell’Agenzia Italia e ha pubblicato su numerose testate nazionali e internazionali.
Alla memoria di ognuno di noi, Paolo Ferrari ha consegnato, tra i suoi tanti lavori, la testimonianza fotografica degli anni 70 e primi anni ’80. Un periodo nel quale la storia bolognese si è intrecciata con uno dei periodi più brutti della storia del terrorismo italiano, come l’attacco al treno Italicus presso San Benedetto val di Sambro e lo scoppio della bomba alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Tanti, troppi i morti e i feriti.
Le foto di Paolo Ferrari scattate la mattina del 2 agosto 1980 fanno parte della mostra “la memoria del soccorso” (mostra itinerante) sostenuta e organizzata dal Collegio IPASVI di Bologna. Queste foto, contenute in dei pannelli, saranno sorrette da infermieri, medici e volontari, la mattina di mercoledì 2 Agosto 2017, alle ore 9,30, nel tratto di via Indipendenza compreso tra via Irnerio e la scalinata del Pincio, accogliendo al contempo il corteo con i familiari delle vittime (link).
Abbiamo raggiunto il fotografo bolognese, oggi in pensione, ma ancora oggi attivo nel sostenere il ricordo attraverso i suoi di oltre 40 anni di cronaca fotografica.
“Un giorno che non potrò mai dimenticare, la mattina del 2 agosto 1980, e che ho potuto raccontare con i miei scatti, solo grazie ad un evento quasi fortuito”. Esordisce così Paolo Ferrari, alla nostra richiesta di sapere di più di quel tragico giorno. “Dovevo essere già in stazione di Bologna, quella sfortunata mattina, per fare un servizio sull’esodo per le vacanze estive. Con il giornalista Lamberto Sapori dovevamo documentare, con un articolo, corredato di foto, la giornata. Ma alla fine optammo per utilizzare foto di repertorio, decidendo di non recarci fisicamente alla stazione. Questa decisione mi ha salvato la vita!”
Ha una voce forte, Paolo Ferrari. Il ricordo della giornata è impresso nella sua memoria. Indelebile.
“Pochi minuti dopo lo scoppio della bomba alla stazione, fui avvertito e mi sono recato immediatamente sul posto. Mi dissero che era scoppiata una caldaia. Ma all’arrivo in stazione ho compreso che si trattava di ben altro. Lo scenario era agghiacciante. Per un attimo la mente mi ha riportato ai bombardamenti del ’44”. Stesse identiche scene di distruzione e di morte”.
Come ha fatto a mantenere la calma, a non essere sopraffatto dall’emozione, dall’angoscia?
“Ho svolto molti servizi di cronaca, nella mia attività di fotoreporter. Sapevo che per arrivare in fondo a quegli scatti, dovevo necessariamente dissociare il pensiero dall’emozione. C’ero io e pochi altri a documentare. Oggi l’attività del fotoreporter è molto diversa. Allora eravamo in pochi e molto discreti. Fin dai primi scatti mi sono reso conto che non stavo fotografando un evento. Ma la storia”.
I suoi scatti, in breve tempo hanno fatto il giro delle redazioni di tutto il mondo.
“Man mano che scattavo, alcuni miei collaboratori portavano i rullini alla redazione. 36 fotogrammi alla volta. Ogni scatto doveva essere “pesato” per bene”. Oggi la tecnologia digitale ha fatto dimenticare alcuni limiti tecnici a cui ogni fotoreporter doveva stare attento. Lo scatto non si poteva vedere prima, come accade con il digitale. Le pellicole erano contate, così come i fotogrammi. Bisognava scattare e pensare di avere sempre uno scatto a disposizione per fotografare ancora.”
Nelle foto compare spesso un sacerdote che aiuta i soccorritori. Se lo ricorda?
“Me lo ricordo molto bene. Era il priore dei salesiani di bologna. Non si fermò un minuto. Aiutava in ogni modo, a mani nude”.
Tante le autorità accorse subito dopo l’esplosione
Si, tanti i politici che hanno voluto vedere di persona cosa accadeva alla stazione di bologna. Sento ancora l’applauso con cui fu accolto il Presidente Sandro Pertini al suo arrivo”.
Il Presidente Pertini, giunto sul posto disse: “Signori, non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”.
I suoi scatti hanno aiutato gli inquirenti durante le indagini?
“Si, alle 22 del 2 agosto, sono stato chiamato dal magistrato e fui precettato. Dopo il ritrovamento dei residui dell’ordigno, fu chiara la natura terroristica del vile attentato. Mi sono messo a disposizione per aiutare le indagini”.
Molti dei suoi scatti, sono stati fatti dentro l’Ospedale Maggiore di Bologna
“Il giorno dopo la tragedia mi venne in mente di chiedere di entrare nella Rianimazione del Maggiore. Non era permesso fotografare dentro gli ospedali. Ma grazie all’approvazione dell’allora primario Nanni Costa sono riuscito a fare alcuni scatti dei feriti e degli operatori in quella triste mattinata. “Caro Ferrari, io non ho mai dato il permesso ad alcun fotografo ad accedere all’interno del reparto. Ma oggi il mondo deve conoscere l’immane tragedia”. Grazie a questa decisione, oggi possiamo raccontare la storia di quei giorni”.
Di cosa si occupa oggi?
Oggi, sebbene in pensione, collaboro al progetto Genus Bononiae della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Un progetto presieduto dal Prof. Fabio Roversi Monaco, al quale collabora anche il Prof. Marco Baldassarri dell’Accademia di Brera. Sosteniamo la memoria ed il ricordo attraverso una collezione di mie foto di cronaca che racchiudono un periodo temporale che va dal 1970 ad oggi. Stiamo cercando di acquisire altri archivi fotografici per arricchire la collezione ed estenderla in altri periodi precedenti il 1970. Grazie al Progetto Genus Bononiae ed alla collaborazione dell’Ospedale Maggiore, insieme al collega Paolo Righi, abbiamo realizzato la mostra “I volti del soccorso”, che racconta il sacrificio dei pompieri e di Bologna Soccorso durante la strage della stazione del 1980, e l’attualità del servizio 118.
Salutiamo Paolo Ferrari, ringraziandolo per la sua instancabile dedizione, per la sua passione nei confronti del racconto fotografico. Grazie al suo coraggio oggi possiamo donare ai più giovani il ricordo di una tragedia che non va dimenticata.
Link del fotografo Paolo Ferrari
http://www.ferraripaolofoto.it/catalogo/bologna
http://www.paoloferrarifoto.org/
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