2 Agosto 1980
Ore 10.25
E’ una giornata afosa, sono le 10 del mattino e il sole scalda già l’aria e i binari in acciaio.
Finalmente è arrivato Agosto e si può andare al mare, molti non vedevano l’ora che arrivasse agosto perchè finalmente iniziavano le agognate vacanze.
Si sente il frinire delle cicale.
Una Signora con un vestito bellissimo è seduta e si fa aria con un ventaglio.
Ci sono dei nonni con i nipoti, dei ragazzi stranieri che sorridono.
C’è una coppia che si bacia teneramente su una guancia.
Ci sono tante persone che aspettano il treno.
Si sente già l’odore del mare e la voglia di iniziare le vacanze è nell’aria già dalla mattina.
C’è una bambina bella come una bambola, con tanti riccioli neri che ti fa voglia di darle una carezza.
Ci sono delle signore con dei sorrisi meravigliosi.
C’è un signore con una barba nerissima.
Fateci caso alla gente mentre aspettate un treno.
10.25
Un’espolosione
Un boato fortissimo
85 morti e 200 feriti
Polvere, fumo nero, lamiere contorte, polvere di cemento che si insinua nei polmoni e ti fa mancare il fiato.
85 morti e 200 feriti
Voci, qualcuno che piange….un bambino forse?….qualcuno chiede aiuto, le orecchie che fischiano dopo tutto quel fragore, voci distorte come se venissero da lontano, dolore, dolore lancinante, sangue, ferite, qualcuno che giace a terra, qualcuno che si scorge tra le lamiere e tra il cemento.
85 morti e 200 feriti
Gente che corre, gente che sposta macerie a mani nude, gente che soccorre, gente che porta in braccio i feriti, gente che chiede aiuto.
85 morti e 200 feriti
Sirene, luci blu, autobus, ambulanze, macchine della polizia, cittadini, negozianti, poliziotti, carabinieri, militari, infermieri, medici, mani che aiutano, uomini e donne che soccorrono, persone ferite, gente che urla.
85 morti e 200 feriti
L’autobus…..quell’autobus su cui vengono adagiati i corpi, lenzuoli di un bianco cangiante che si adagiano sopra quei corpi.
Lacrime, lacrime che scendono silenziose sulle guance di chi, scavando, trova man mano i corpi. Pensieri che viaggiano vorticosi alla ricerca di qualcuno che si può ancora salvare spostando tutto quel groviglio di macerie e detriti, mani che continuano a spostare blocchi di ferro e cemento.
85 morti e 200 feriti
La folla si raduna, la notizia viaggia per la città come un tamtam che percuote gli animi, la gente accorre, per vedere, per aiutare.
85 morti e 200 feriti
Le ambulanze fanno avanti e indietro, gli ospedali sono ai massimi giri per aiutare i feriti che stanno arrivando, i telefoni di quello che diverrà poi il 118 (il Cepis) sono bollenti, telefonate su telefonate, ambulanze da gestire, negli ospedali l’adrenalina è a mille, medici e infermieri lavorano incessantemente, dalla stazione continua ad arrivare gente, alla stazione si continua a scavare, a cercare la gente in mezzo a quel caos.
85 morti e 200 feriti
Il tempo non passa mai, sembra di vivere al rallentatore, con più si lavora e più c’è da fare, si crea un tacito sodalizio fra perfetti estranei che lavorano all’unisono per aiutare quanto più possibile, di corsa, perché il tempo è vita, perché sotto le macerie spuntano sempre corpi, perché fra le lamiere si vede spuntare un corpicino. E non c’è tempo di pensare, bisogna agire.
85 morti e 200 feriti
Certe ferite rimangono scolpite nella pietra, nell’anima e nel cuore di una città intera. E se vi capita di andare alla stazione andateli a vedere i nomi di chi doveva semplicemente prendere un treno. Non c’erano personaggi importanti, c’erano uomini, donne, famiglie, nonni, bambini. Aspettavano un treno che li doveva portare semplicemente in un posto diverso da un cimitero o un ospedale.
85 morti e 200 feriti
Più uno…..tutta Bologna
Una valigia abbandonata venne posizionata su un tavolino.
La sua esplosione causò il crollo dell’ala Ovest della Stazione di Bologna.
La valigia conteneva:
23 kg di esplosivo: miscela di 5 kg di tritolo e T4 denominata Compound B
18 kg di gelatinato, ovvero nitroglicerina ad uso civile che serviva come potenziamento per la miscela esplosiva.
La sua esplosione causò la morte di 85 persone (http://www.stragi.it/vittime) e ne ferì 200.
Personalmente devo ringraziare il fatto che nel 1980 il 2 agosto cadde di sabato per essere qua a scrivere questo articolo.
Nel 1980 mia mamma lavorava alle poste di Mirandola, un paesino in provincia di Modena, la settimana di fine luglio-inizio agosto aveva il turno di pomeriggio, andava a lavorare in treno prendendolo proprio alla Stazione Centrale di Bologna.
Si trovava con una sua collega in stazione, prendevano il caffè e il giornale, poi si dirigevano a prendere il “brennero” (un treno che portava verso modena) scendendo nel sottopasso per andare al binario 13.
Vi dicevo che devo ringraziare il fatto che quel giorno era un Sabato, perchè, grazie al cielo, il sabato in posta si lavorava la mattina; quindi mia mamma prese la macchina e decise di andare a lavorare con la sua Fiat 500.
Arrivò al lavoro.
Verso metà mattina la chiamò mio padre, iniziò il discorso prendendolo un pò alla lontana, chiedendole dove avesse parcheggiato la macchina e lei rispose che la macchina era parcheggiata vicino all’ufficio, lui le disse “meno male perchè alla stazione dev’essere scoppiata una tubatura”.
Poco dopo la richiamò dicendole che parlavano di una bomba.
Mia mamma andò dal suo direttore, che aveva un fratello che faceva il direttore alle poste a Bologna, chiedendogli se si poteva informare se fosse successo qualcosa alla stazione. Lui chiamò, ma disse che suo fratello non sapeva nulla.
Poco dopo iniziarono a chiamare tutti i parenti degli altri colleghi e il Direttore capì che era davvero successo “qualcosa”.
Anni dopo mia mamma iniziò a lavorare in Tribunale a Bologna nella sezione penale e si ritrovò a lavorare con il Magistrato che seguì il processo sulla strage del 2 Agosto. Vide le foto delle vittime (che furono pubblicate dopo 20 anni), vide i corpi straziati dall’esplosione.
Una delle cose che la colpì ancora di più fu vedere i corpi disposti nella vecchia medicina legale di via Irnerio, non riuscendoli ad identificare le vittime furono adagiate in terra, vennero messi dei numeri sui corpi e trascritti sulle mattonelle verdi della medicina legale, mattonelle usate a mò di lavagna.
Quei numeri rimasero sulle mattonelle della medicina legale per diversi anni, in memoria delle vittime della Stazione di Bologna.
Ci sono ferite incise nella carne. Ci sono dolori che si portano dentro. Ci sono tragedie che ci ricordano in eterno la fragilità di persone e famiglie in attesa di partire.
Il due agosto per Bologna è una ferita che non si rimargina.
Il due agosto è dolore, è memoria.
Uno squarcio in mezzo al petto e al cemento con lamiere contorte e le lacrime lungo le guance. Piangere un figlio, un marito, una moglie, piangere gli zii, gli amici o gli amori.
Ritrovarsi sepolti da macerie e dolore, respirare la polvere avvolti nel buio, le orecchie ovattate da una esplosione.
Svegliarsi dal nulla e affrontare un dolore, svegliarsi ogni giorno con la rabbia nel cuore guardando una foto che ci ricorda qualcuno. La gente che corre, che aiuta, che cura e lavora. Le mani che scavano, i mille lenzuoli, la gente che piange e le persone da tirare fuori.
Ci sono tragedie che segnano tutti, la città, le famiglie e le persone migliori. Si piange, ci si indigna ma la dignità si dimostra con le lacrime e il rispetto, un dolore immenso richiede un inchino, silenzioso e lungo durante una giornata che ci ricorda una tragedia tutta bolognese.
Ci sono tragedie che vanno ascoltate fra i nomi in un muro e le vite spezzate. Famiglie interrotte e sopravvissuti segnati, un inchino lo meritano mentre si soffre per abbracci mai più dati.
Bologna è questo, un po’ zoppicante, piange dei figli a distanza di anni.
C’è chi di noi è qua perché i genitori quel giorno per pure fatalità non sono arrivati in stazione, siamo qui perché ci ricordassimo che quel giorno è un po’ più nostro.
Noi ricordiamo per la memoria dei morti e il rispetto dei feriti. Per chi quel giorno era li a salvarli. Gente comune, forze dell’ordine, pompieri, sanitari, cittadini normali, per chi in silenzio ha messo gli altri al primo posto.
Ogni anno a Bologna il 2 Agosto si svolge la cerimonia per ricordare la strage.
Ogni anno a Bologna si sente spesso la polemica per l’assenza di vari esponenti della politica che magari si “dimenticano” questa ferita che ha squarciato la città.
Personalmente credo che le persone che vogliono bene a Bologna il 2 Agosto sono lì, a ricordare.
Sono i parenti delle vittime, sono i poliziotti, i vigili del fuoco, medici, infermieri, autisti di autobus, persone normali che quel 2 agosto erano lì e hanno scavato a mani nude, hanno portato via i corpi, i feriti, hanno respirato la polvere, hanno sentito l’odore del sangue che gli è rimasto impresso da allora.
Sono persone che hanno visto l’inferno e ci si sono buttate dentro per aiutare.
I politici che stiano comodi sulle poltrone che di gente che non si rimbocca le maniche non serve a questa città.
Non ci servono persone che non rispettano il dolore e che non hanno la grazia di commemorare una ferita che ci portiamo dietro da 37 anni.
Le stragi non hanno un colore politico, non sono di destra, di sinistra.
Anni fa buttai giù due righe per la mia Bologna che mi piace rileggere ogni volta che si avvicina il 2 Agosto e che mi piace condividere anche in queste righe per onorare la mia città, per onorare chi trovò la morte in una giornata afosa in attesa di prendere un treno:
“Ditemi la verità….è così importante il “colore” di una strage? Il fatto stesso che già la parola strage inconsciamente ci porta a pensare alla morte non è abbastanza? Vogliamo proprio fare i fighi? Ve li dico io i “colori” universali delle stragi. Le stragi sono nere perché la morte stessa x antonomasia è nera, è il colore della fine e della tristezza e della rabbia; le stragi sono rosse perché il rosso è il colore del sangue a prescindere dal colore della pelle il sangue versato sarà sempre rosso, le stragi sono blu perché le ambulanze, la polizia, i carabinieri, i vigili del fuoco e tutte le forze dell’ordine corrono a sirene spiegate per salvare il salvabile; le stragi sono bianche perché quando vedi i lenzuoli a terra sotto il sole a picco il bianco è il colore che ti dice “qua giace un innocente”; le stragi sono trasparenti, perché nulla è più puro delle lacrime versate dagli occhi di tutti. Le stragi hanno tanti colori ma la realtà è che nessun colore può raffigurare il dolore che lasciano. Le stragi non hanno colore politico perché nessun ideale politico ha tanta importanza da poter essere paragonato a un dramma del genere.
Questo è il mio omaggio alla mia Bologna”
C’è una cosa per cui devo dire grazie alla Strage di Bologna, questa tragedia ha reso possibile la nascita del sistema di emergenza del 118.
Basta andare sul sito del 118 di Bologna per leggere la storia di come sia nato il 118 e di come Bologna, proprio grazie a vari eventi importanti abbia creato un sistema di emergenza extraospedaliera.
Qui di seguito potrete leggere la storia scritta per noi nel 1999 da due colleghi:
Massimo Baietti e Fiorella Cordenons dell’Ospedale Maggiore di Bologna
118 Bologna Soccorso – La storia
Bologna Soccorso ha sostanzialmente rappresentato per molti anni il punto di riferimento per gli addetti al Soccorso di tutta Italia, garantendo efficienza, idee e disponibilità alla sperimentazione e alla formazione, ed qui che Noi abbiamo appreso ad “imparare” da chi già lavorava nel Servizio, attingendo alla loro esperienza, e a quella di altre organizzazioni di soccorso europee e americane. Occorre comunque non correre troppo, e fare un passo indietro e rivedere nel tempo, cosa e Chi, di fatto, ha determinato la nascita del servizio.
La storia del Soccorso e degli ospedali hanno sempre avuto percorsi culturali ed esigenze diversi. Le prime strutture ospedaliere nascono per offrire ospitalità ai poveri, facendo così germogliare la solidarietà verso le persone che avevano maggiori bisogni.
L’ospedale non trova poi sufficiente interesse per rivolgersi all’esterno, impegnandosi allo sviluppo della clinica e della diagnostica, e preoccupandosi del “cittadino” solo nel momento in cui diventato “paziente” varca la porta di ingresso del Pronto Soccorso.
Questo ha fatto sì che nel tempo si sia creata da una parte una cultura “Ospedaliera” della “Malattia”, per così dire intramuraria, fatta di altissima specializzazione e di risorse finanziarie elevate, mentre dall’altra parte si sia sviluppata una cultura del “Soccorso”, non basata su reali capacità organizzative ed assistenziali, ma sul senso di solidarietà tra cittadini e sulla necessità di trasportare i bisognosi velocemente all’ospedale.
Nascono congregazioni di cittadini, Confraternite di Misericordia e le Associazioni di Pubblica Assistenza e Soccorso, che ancora oggi hanno un ruolo insostituibile nel soccorso del nostro Paese.
All’inizio degli anni ’60 il livello assistenziale erogato dalle ambulanze è pressoché nullo, si provvede al trasporto e non a portare soccorso. I mezzi devono arrivare in fretta, caricare in fretta, poco importa se male, e in fretta dirigere in ospedale. In questa situazione, non vi sono mai state da parte degli utenti particolari rimostranze, il cittadino si è sempre accontentato che l’ambulanza arrivasse, a volte solo con l’autista.
Gli ospedali intanto registrano il boom della diagnostica e la nascita di centri ad altissima specializzazione, e di conseguenza si sente la necessità di avere un servizio di trasporto tra gli
ospedali efficiente, in grado di mobilitare i pazienti da un polo ospedaliero all’altro. Pertanto il CePIS, nato alla fine degli anni ’60 su iniziativa del Prof. Sabena, si occupa prevalentemente di questo tipo di trasporti, mentre il soccorso cittadino viene effettuato dalla Croce Rossa Italiana e da “Croci Private”.
I cittadini bisognosi dell’ambulanza hanno come riferimento diversi numeri telefonici, ma non esistendo un coordinamento, sul luogo dell’incidente si vengono a trovare più di un’ambulanza o nessuna.
Nel 1974 il 4 agosto, in seguito all’attacco terroristico al treno Italicus, le carrozze coinvolte si fermano a San Benedetto Val di Sambro, ma i soccorsi vengono portati quasi esclusivamente da mezzi di soccorso della Toscana. Seguono anni di polemiche e di inutili tentativi di centralizzare il coordinamento delle chiamate di soccorso nel territorio bolognese.
Il 15 Aprile 1978 un altro tragico avvenimento, il deragliamento di un treno a Murazze di Vado (48 morti e 117 feriti) vede intervenire i mezzi del CePIS, che organizza lo smistamento dei feriti all’Ospedale Maggiore. E’ la prima volta che l’organizzazione si mette in evidenza come riferimento in situazione di emergenza sanitaria.
Il Comune di Bologna e l’Amministrazione degli Enti Ospedali rileveranno, questa volta, con soddisfazione il buon grado di efficienza della struttura pubblica.
Tra la fine dell’anno 1979 e la prima metà degli anni ’80 la direzione organizzativa del servizio CePIS viene affidata ad un Infermiere Professionale, Marco Vigna, che in collaborazione con il Dott. Lino Nardozzi della Direzione Sanitaria dell’Ospedale Maggiore darà inizio ad una vera rivoluzione culturale organizzativa.
Sono stipulate convenzioni con le realtà territoriali (Pubbliche Assistenze, Cooperative, Croce Rossa) per effettuare i trasporti, ed è in quell’ambito che vengono definite le strategie che consentono di stabilire l’effettiva messa in funzione di una centrale operativa unificata. Si inizia ad affermare in questo periodo, non senza difficoltà e resistenze, il nuovo concetto di Soccorso, inteso non unicamente come momento di trasporto, ma come l’insieme di diversi provvedimenti terapeutici e di osservazione, in grado di sostenere e mantenere in equilibrio le funzioni vitali del paziente sino all’arrivo in ospedale. Si sceglie di elevare il livello assistenziale dell’ambulanza inserendovi unicamente Infermieri Professionali, e garantendo la presenza di medici a bordo solo di alcuni mezzi, che vengono utilizzati in appoggio ai primi in caso di bisogno. Si realizza in silenzio senza paure e proteste, una naturale collaborazione tra professione infermieristica e medica, professioni diverse ma complementari.
Alle 10.25 del 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, un folle gesto terroristico provoca 85 morti e 291 feriti. L’ormai consolidata abitudine a lavorare insieme all’interno del CePIS, e l’autorevolezza che questa struttura si è conquistata nel settore, fa sì che tutte le ambulanze cittadine, Ospedali ed enti di Soccorso si rapportino con essa, e che le attività legate a quel drammatico evento (soccorsi, rapporti con gli ospedali, trasferimenti verso centri maggiormente attrezzati) vengano coordinate dal CePIS.
L’Assessorato alla Sanità del Comune di Bologna resta molto colpito dall’episodio, e l’allora Assessore Belcastro si muove concretamente per portare a compimento il progetto di Centrale Unica del Prof. Sabena. In quel 1980 muore quindi il CePIS come coordinamento di trasporti tra ospedale ed ospedale, e dalle sue ceneri con il nome di Bologna Soccorso nasce la Centrale Operativa Unica per il Soccorso ed il Trasporto, nella quale si integreranno negli anni successivi tutte le realtà bolognesi del soccorso, dalle Pubbliche Assistenze alla Croce Rossa. Il susseguirsi poi negli anni di altri tragici avvenimenti, dalla strage di Natale del treno 904 del 1984, sino al più recente del Liceo Salvemini di Casalecchio di Reno del 1990, non hanno fatto che confermare che tale strategia aveva reali fondamenta.
Nel 1986 a Bologna, nasce il primo servizio di elisoccorso regionale e negli anni a seguire sino al 1992 si assiste, nello scenario italiano, ad un particolare interesse verso l’attività di Bologna Soccorso e, più in generale, verso l’idea della centrale operativa unica. Nascono in più parti, con diverse esperienze e assetti, varie centrali, la Regione Emilia Romagna allarga l’esperienza di Bologna agli altri capoluoghi di provincia.
Sono anni frenetici, anni di spinta alla sperimentazione e all’innovazione, che portano sino al 1 giugno 1990, in occasione dei campionati mondiali di calcio, dove viene attivato a Bologna, prima città in Italia, il 118 come numero telefonico unico di soccorso sanitario. Due anni dopo, il 27 marzo 1992, l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga firma il Decreto di istituzione delle centrali operative di allarme sanitario 118, riproponendo per intero il modello organizzativo sperimentato a Bologna, dove in particolare si affermano importanti principi quali: l’integrazione del servizio pubblico con il volontariato, l’identificazione dell’Infermiere Professionale come responsabile operativo della centrale, l’attribuzione della responsabilità ad un medico responsabile e l’identificazione dei tipi e dei tempi d’intervento di soccorso.
Da quell’ormai lontano 1992 ai giorni nostri, il 118 come numero Unico Nazionale di chiamata sanitaria d’emergenza, a cui sono collegate strutture complesse ed articolate, trova oggi realizzazione su quasi tutto il territorio nazionale; e se oggi le necessità del cittadino sono di gran lunga, e per vari motivi, diverse da ieri, questo non può non essere preso in considerazione e non influenzare l’intero settore. Ieri l’abitante del paese di montagna o di campagna era un rassegnato utente, oggi è una persona che rivendica il proprio diritto a non essere un cittadino di serie B, esige, a ragione, servizi quantomeno equivalenti a quelli erogati agli abitanti delle aree metropolitane. Da queste esigenze parte lo sforzo, del 118, nel dare maggiore consistenza al proprio ruolo istituzionale quale fornitore di servizi, e la ricerca di una maggiore trasparenza nei rapporti con l’utenza, cercando di cogliere sistematicamente i bisogni emergenti, e richiedendo una maggiore sensibilità interna nel tradurre queste rilevazioni in momenti quali la Formazione Permanente sul Lavoro.
Oggi il Servizio 118 di Bologna richiede molto al proprio personale, sia in termini di preparazione professionale che in termini di disponibilità, a tutti viene chiesto di essere responsabili e di partecipare attivamente ai processi di sviluppo, ma allo stesso tempo molto dà in autonomia e soddisfazione professionale.
Gli infermieri della Centrale Operativa hanno una preparazione specifica riguardante le telecomunicazioni e l’informatica.
Bologna è stata la prima Centrale di Soccorso Italiana ad essere completamente informatizzata (1992), e questo oltre ad evidenti problemi organizzativi e formativi ha comportato uno sforzo notevole di adattamento, di contro si è avuto dal 1990 un incremento della produttività, in termini d’interventi gestiti, pari al 6% medio annuo senza che questo comportasse un aumento del personale.
Gli infermieri dei mezzi di soccorso e della Centrale vengono formati con corsi di base (BLS) al mantenimento delle funzioni vitali. In particolare il personale addetto al soccorso attraverso i corsi avanzati di rianimazione cardiopolmonare (ACLS), di trattamento preospedaliero del traumatizzato (PTC) e di defibrillazione precoce, viene autorizzato ad eseguire autonomamente, secondo i protocolli disposti dal Responsabile Medico, sia la defibrillazione che alla somministrazione di alcuni farmaci.
I corsi di formazione vengono tenuti sia dagli infermieri che dai medici del servizio e sono rivolti sia a personale “Sanitario” sia a “Laici” (legge 626).
Siamo alla fine del millennio, la televisione mostra e porta all’estremo ogni cosa. Abbiamo le case invase da medici in prima linea, infermieri in trincea, da eroi per caso, più o meno realistici.
Queste realizzazioni televisive sono graditi alla gente, così come piace pensare che nella realtà, come nella fiction, nei momenti drammatici della vita, esistano persone con una soluzione pronta a garantire sempre il lieto fine. Nella realtà non ci sono eroi, ma solo professionisti che cercano di soppesare conoscenza, dovere e rischio nella giusta misura.
Esiste quindi il pericolo concreto di confondere l’apparenza con la sostanza. Esiste il pericolo di credere di sapere, e di avere in tasca una risposta per ogni problema.
Noi crediamo oggi che migliorare la qualità delle nostre prestazioni sia un nostro obiettivo primario, e che per questo motivo vada ricercato con insistente costanza.
Articolo a cura di Laura Berti
Fonti:
http://www.stragi.it/strage
https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Bologna
http://www.118er.it/emiliaest/cerca.asp