Alla domanda: ”Che lavoro fai?”
Risposta: “Infermiera”
Altra domanda: “ah, si… dove???”
Risposta: “In oncologia….”
Risposta: “Che brutto reparto…il tuo è una missione, non un lavoro..”
Allora mi domando: “Perché??? Perché esistono dei “bei reparti”?!?!” Assistere persone malate non è mai “bello”, indipendentemente dal problema di salute che hanno. Allora perché quando dico “lavoro in oncologia”, sul volto del mio interlocutore cominciano a comparire segni di paura, tristezza.
Penso che alla base ci sia un problema culturale, di mentalità: si vede il malato oncologico con tristezza ma anche paura, perché si crede ancora in vecchi stereotipi, ovvero, di cancro certamente si muore, con la chemioterapia si perdono i capelli, si sta sempre male. Beh, da un lato è vero, di cancro si muore, ma si vive, e per lungo tempo, anche con una buona qualità di vita – ancora – è vero ci sono farmaci che fanno cadere i capelli, ma, per fortuna, ad oggi sono una minima parte. E ancora: si sta male, si vomita. È vero, ma ad oggi ci sono anche farmaci non fanno vomitare e farmaci che aiutano a prevenire questo sintomo.
Lavoro in oncologia dal 1999, ogni giorno assisto tantissimi pazienti, chi “nuovi ingressi” chi veramente “storici” (abbiamo pazienti in cura anche da 10 anni) ed ognuno di essi, in qualche modo e a modo loro, trasmettono e lasciano sempre qualcosa, un segno.
Mi ricordo ancora…Uno dei primi giorni di reparto di oncologia chiesi ad un pz: “Signor V. come sta??” e lui rispose: “Guarda, ho vomitato tutta notte…. Ma ora sto bene…”. Tutto contornato da serenità, nel viso e nella voce.
Lavorare in oncologia non significa solo gestire delle terapie chemioterapiche, è ben oltre. Significa ascoltare i pazienti condividere con essi le loro paure ed angosce, le loro debolezze, le loro incertezze, ma anche le loro gioie… ascoltare i pazienti significa conoscerli, confortarli, supportarli lungo un percorso difficile,… spesso dietro una diagnosi di cancro ci sono anche situazioni di separazioni, lutti,… e’ un’altalena di emozioni positive e negative che si vivono percorrendo questa strada.
E’ un momento in cui il malato deve rivedere i propri obiettivi, una diagnosi di cancro ti fa cambiare modo di vedere la vita, di vivere la vita,…. Questa malattia porta anche ad un diverso rapporto con il proprio corpo e con l’immagine del corpo stesso (pensiamo alla caduta dei capelli, ad una mastectomia), di colpo tutto cambia.
A volte mi capita di portare a casa le “mie donne”, come le chiamo io… mi ritrovo nella stanza a pensare, a ricordare, a piangere, perché succede anche questo… piangere per le ragazze che ci hanno lasciato…
L’altra mattina è venuto a trovarci il marito di una “mia ragazza” che ci ha lasciato un mese fa dopo tanti anni di lotta…. Mi sono ritrovata a piangere con lui….
In questi anni, finalmente, stiamo lavorando anche rendere l’ambiente meno ospedaliero.. l’anno scorso ho avuto l’idea di costruire un albero, che all’inizio era nato con lo scopo di festeggiare il Natale, poi ho pensato… “e se lo lasciassimo per sempre…lo addobbiamo ogni volta a seconda delle ricorrenze come Pasqua, Halloween,… poi… negli altri periodi?!?!?!? Idea! abbiamo fatto dei cartoncini colorati sui quali le pazienti possono scrivere quello che si sentono ed appenderli con nastri colorati o ciappetti… e quando l’albero è pieno allora stacchiamo i cartoncini e li appendiamo in una sorta di quadro appeso al muro dove possono essere letti…
Ecco questo è solo un’idea di che cosa significa lavorare in un Day Hospital oncologico.. significa lavorare lungo una strada piena di buche ma anche liscia e piena di tornanti…
Isabella Cavazza, Infermiera Case Manager
Quando parli stai solo ripetendo quello che già sai, ma se ascolti potresti imparare qualcosa di nuovo.
(Dalai Lama)
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