Selezionata dal programma Cities Changing Diabetes (DIRE – Notiziario settimanale Sanita’) Roma, 30 nov.
È Roma la metropoli scelta per il 2017 dal programma Cities Changing Diabetes, l’iniziativa realizzata in partnership tra University College London (Ucl) e il danese Steno Diabetes Center con il contributo di Novo Nordisk che coinvolge Istituzioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore, con l’obiettivo di evidenziare il legame fra il diabete e le citta’ e promuovere iniziative per salvaguardare la salute dei cittadini e prevenire la malattia.
L’annuncio e’ stato dato nel corso del convegno “Sustainable cities promoting urban health”, organizzato nella capitale dall”Ambasciata di Danimarca in collaborazione con ministero della Salute, Istituto superiore di sanita’, Sdu-National Institute of Public Health di Danimarca, Anci-Associazione nazionale comuni italiani, Health City Institute, Danish Healthy Cities network, sotto l”egida della Presidenza del Consiglio dei ministri. “Nel 1960 un terzo della popolazione mondiale viveva nelle citta’. Oggi si tratta di piu” della meta’ e nel 2050 sara” il 70%.
Allo stesso tempo, circa 400 milioni di persone soffrono di diabete e si prevede un aumento fino a 600 milioni nel 2035- dice Erik Vilstrup Lorenzen, ambasciatore di Danimarca- Il compito e’ chiaro: per combattere il diabete e’ necessario aumentare l”attenzione sulla salute e sullo sviluppo urbano in modo da creare ”citta’ vivibili”. In breve, dobbiamo creare un ambiente urbano che promuova la salute come una parte fondamentale dell”infrastruttura e delle funzioni delle citta’. In Danimarca, soprattutto a Copenaghen, abbiamo un’ampia esperienza nel rendere la citta’ piu’ vivibile con una particolare attenzione sulla bicicletta come metodo di trasporto per incoraggiare l’attivita” fisica. Nella sola citta’ di Copenaghen ci sono oltre 360 chilometri di piste ciclabili. Ma favorire la viabilita’ ciclistica costituisce solo una parte di un approccio multidisciplinare che coinvolge molti stakeholder: la societa’ civile, l”ente di edilizia residenziale pubblica, la scuola, le associazioni di pazienti e tanti altri”. Oltre 3 miliardi di persone nel mondo vivono oggi in citta’ metropolitane e megalopoli: Tokyo ha 37 milioni di abitanti, Nuova Delhi 22 milioni, Citta’ del Messico 20 milioni. 10 anni fa, per la prima volta nella storia dell”Umanita”, la popolazione mondiale residente in aree urbane ha superato la soglia del 50% e questa percentuale e’ in crescita, come indicano le stime dell”Organizzazione mondiale della sanita”.
Nel 2030, sei persone su 10 vivranno nei grandi agglomerati urbani, nel 2050 saranno sette su 10. “Questa e’ una tendenza che, di fatto, negli ultimi 50 anni sta cambiando il volto del nostro Pianeta e che va valutata in tutta la sua complessita’. Grandi masse di persone si concentrano nelle grandi citta”, attratte dal miraggio del benessere, dell”occupazione e di una qualita” di vita differente, e la popolazione urbana mondiale, soprattutto nei Paesi medio-piccoli cresce anno dopo anno”, spiega Andrea Lenzi, coordinatore di Health City Institute, gruppo di esperti che ha recentemente messo a punto il manifesto ”La Salute nelle citta”: bene comune” per offrire a istituzioni e amministrazioni locali spunti di riflessione per guidarle nello studio dei determinanti della salute nei contesti urbani.
Che aspetto avra’ dunque il pianeta Terra nel 2050? Come si evolveranno le nostre citta’? Saranno in grado i governi di rispondere alla crescente domanda di salute? Dobbiamo, infatti, prendere atto che si tratta di un fenomeno sociale inarrestabile e una tendenza irreversibile, che va amministrata ed anche studiata sotto numerosi punti di vista quali l’assetto urbanistico, i trasporti, il contesto industriale e occupazionale e soprattutto la salute. ”Le citta’ stesse ed il loro modello di sviluppo sono oggi in prima linea nella lotta contro le criticita’ connesse al crescente inurbamento e, ovviamente, la salute pubblica occupa fra queste un posto di primaria importanza”, afferma Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale del”Anci e sindaco di Catania. Un filo sottile ma evidente lega il fenomeno dell’inurbamento alla crescita di malattie come il diabete.
Esiste infatti una suscettibilita” genetica a sviluppare questa malattia, a cui si associano fattori ambientali legati allo stile di vita. Oggi sappiamo che vive nelle citta” il 64% delle persone con diabete, l”equivalente di circa 246 milioni di abitanti, e anche questo numero e” destinato a crescere. Inoltre, la maggior parte di loro- l”80% circa- vive in Paesi a basso-medio reddito, dove gli agglomerati urbani si espandono piu” rapidamente. Il vivere in citta’ e’ associato ad un peggioramento dello stile di vita: questo rappresenta un fattore chiave dell’aumento di questa e delle altre malattie non trasmissibili- cardiovascolari, obesita”, disturbi broncopolmonari, tumori- e studi internazionali evidenziano la connessione fra stile di vita degli abitanti delle aree urbane e prevalenza del diabete. “Cio’ significa che nel definire le politiche di lotta a questa malattia si deve tenere conto del contesto urbano in cui essa si manifesta: risulta fondamentale pianificare lo sviluppo e l”espansione delle citta” in ottica di prevenzione delle malattie croniche, per incoraggiare stili di vita salutari. I dati evidenziano come citta’ che non considerano questi aspetti nell”urbanizzazione finiscano per contribuire alla crescita di patologie croniche, e questa situazione puo’ diventare esplosiva dal punto di vista sanitario soprattutto nelle megalopoli. Vivere in citta” aumenta da due a cinuque volte il rischio di sviluppare il diabete”, aggiunge Lenzi. “L’inurbamento e la configurazione attuale delle citta’ offrono per la salute pubblica e individuale tanti rischi, ma anche opportunita’ da sfruttare con un”mministrazione cosciente e oculata- osserva Roberto Pella, vicepresidente Anci e presidente Confederazione Citta’ e Municipalita” UE- Cio’ puo’ avvenire attraverso un’analisi preventiva dei determinanti sociali, economici e ambientali e dei fattori di rischio che hanno un impatto sulla salute”. La principale arma di prevenzione a nostra disposizione, dunque, e” eliminare o comunque modificare questi fattori. (Wel/Dire) 08:17 30-11-16 NNNN